L’olio d’oliva indiano
A settembre ci sarà la prima raccolta, grazie all'alleanza tra uno stato dai terreni molto aridi, un'azienda israeliana e una locale
A settembre nello stato indiano del Rajasthan ci sarà la prima raccolta delle olive da quando, nel 2008, è stato avviato il primo progetto per la produzione e commercializzazione di olio d’oliva nel paese. Dopo quasi cinque anni infatti, i circa 144 mila ulivi – provenienti da Israele e piantati in un terreno vasto 260 ettari nel Rajasthan settentrionale – hanno maturato olive pronte per essere raccolte e trasformate in olio. Il progetto è gestito dalla Rajasthan Olive Cultivation Limited (ROCL), un’agenzia nata da un’alleanza tra lo stato del Rajasthan, l’azienda israeliana Indolive e l’azienda privata indiana Plastro Plasson. Indolive ha fornito le tecniche di irrigazione e l’esperienza che aveva precedentemente portato alla crescita degli ulivi nel deserto del Negev, in Israele, una zona che a causa della siccità e degli inverni freddi ricorda il clima del Rajasthan.
Gran parte dei contadini che partecipa al progetto non ha mai coltivato ulivi prima d’ora. Il progetto è finanziato in gran parte dal governo, che ha pagato il 75 per cento del costo di ogni albero
(piantare un ulivo costa 130 rupie – circa 1,50 euro – ma i contadini ne pagano solo 28), ha messo a disposizione un servizio di consulenza gratuito e ha coperto il 90 per cento dei costi del sistema di irrigazione, che permette di risparmiare molta acqua. Il primo raccolto dovrebbe raggiungere le 30 tonnellate e i profitti dovrebbero variare dai 6.000 ai 7.000 dollari all’ettaro. Yogesh Verma della ROCL ha spiegato che nel 2007 nessuno pensava che gli ulivi potessero crescere nel Rajasthan, ma che ora il progetto punta espandersi di 5.000 ettari nei prossimi tre anni. Per ora la produzione è rivolta al mercato interno ma ROCL non esclude di fare in futuro concorrenza a Spagna, Italia e Grecia, i principali produttori internazionali di olio d’oliva.
Gideon Peleg, un agricoltore israeliano che lavora come consulente della ROCL, ha raccontato che «quando sono venuto qui la prima volta non ho trovato una sola bottiglia di olio d’oliva. Lo trovavo soltanto nelle farmacie, in piccole boccette per la pelle. Ora lo puoi trovare ovunque». Negli ultimi tempi infatti il consumo di olio di oliva in India è decisamente in aumento. Secondo dati pubblicati ad aprile dall’International Olive Council, dal ottobre 2012 a febbraio 2013 l’importazione di olio di oliva – proveniente soprattutto da Spagna e Italia – è aumentato del 48 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. VN Dalmia, proprietario della marca indiana Leonardo Olive Oil – la principale ditta importatrice di olio del paese – ha detto che nell’ultimo anno le importazioni sono aumentate del 66 per cento.
Per quanto in aumento, il consumo di olio d’oliva è comunque ancora relativamente ridotto: parliamo di circa 12 mila tonnellate sui 17 milioni di tonnellate del mercato dell’olio da cucina. È considerato un bene di lusso limitato alle classi più agiate, che lo scelgono soprattutto per i benefici apportati alla salute. L’olio di oliva infatti riduce i rischi di malattie al cuore, gli infarti, alcuni tipi di tumori ed è più salutare del tradizionale ghi, il burro chiarificato, cioè privato dell’acqua e delle proteine e quindi particolarmente ricco di grassi. In India il consumatore tipico di olio di oliva guadagna l’equivalente di circa 7500 euro all’anno, in un paese in cui la media è 1200 euro all’anno, mentre un litro di olio di oliva importato costa 12 dollari in un qualsiasi supermercato di New Delhi. Produrlo direttamente in India aiuterà ad abbassare i prezzi e contribuire alla sua diffusione, con effetti benefici sulla salute della popolazione. Se le tendenze attuali rimanessero invariate, entro il 2015 un terzo degli indiani sarà sovrappeso. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che entro il 2015 l’impatto economico di morti premature dovute a malattie al cuore, diabete e problemi al metabolismo costerà all’India 237 miliardi di dollari, e che queste morti possono essere ridotte dell’80 per cento con una dieta migliore. Inoltre circa il 10 per cento degli indiani soffre di problemi al cuore, la percentuale più alta al mondo.
Foto: DANIEL GARCIA/AFP/Getty Images