Il massacro del Cairo
I militari hanno attaccato i manifestanti pro-Morsi: ci sono almeno 525 morti, il governo ha dichiarato un mese di stato d'emergenza, El Baradei si è dimesso
Intorno alle sei del mattino di mercoledì 14 agosto le forze di sicurezza egiziane hanno iniziato – con il supporto di mezzi blindati e bulldozer – lo sgombero dei sit-in messi in piedi lo scorso 3 luglio dai sostenitori dell’ex presidente egiziano Mohamed Morsi in due punti diversi del Cairo, a piazza Rabaa Al-Adawiya (nell’est della città) e a piazza Nahda (nei pressi dell’università). Ne sono seguiti scontri violenti al Cairo e poi in diverse città del paese, che hanno causato un numero imprecisato di morti: le ultime cifre ufficiali parlano di 525 morti e più di 3717 feriti in tutto l’Egitto, ma altre fonti della stampa internazionale permettono di ipotizzare un numero molto più alto e i Fratelli Musulmani – sostenitori di Morsi e delle proteste – hanno diffuso le cifre non confermate di oltre duemila morti e diecimila feriti solo al Cairo. Secondo il portavoce del ministro della Salute egiziano, tra i morti ci sono 43 poliziotti. Oltre cinquecento persone sono state arrestate dalla polizia (solo le persone armate, ha detto l’agenzia di stampa statale MENA). Alla fine degli scontri il ministro degli Interni egiziano ha detto che non saranno permessi altri sit-in in alcuna piazza d’Egitto.
Nel corso della giornata sono arrivate decine e decine di testimonianze e racconti riguardo molte persone ferite o morte a causa di colpi di arma da fuoco, su Twitter sono circolate moltissime foto di cadaveri con ferite da proiettili: la polizia ha negato di averne fatto uso, dicendo di aver fatto ricorso soltanto a gas lacrimogeni. Oltre ai più grandi concentramenti nelle due piazze del Cairo, le forze di sicurezza sono intervenute anche in accampamenti più piccoli in diversi quartieri della città. Ci sono state testimonianze di cecchini che sparavano sulla folla e sono morti tra gli altri almeno tre giornalisti, Mick Deane di SkyNews, Abd Elaziz di Gulf News e Ahmed Abdel Gawad di Al Akhbar. A un certo punto al Cairo un mezzo blindato della polizia è caduto da un ponte, con gli agenti dentro. In un comunicato pubblicato sul sito del Dipartimento di Stato, il segretario di Stato John Kerry ha condannato duramente tutte le violenze in Egitto.
(attenzione: le foto contengono immagini forti)
Mentre il sit-in nei pressi dell’università è stato sgomberato in poche ore, a Rabaa le forze di sicurezza sono state inizialmente respinte. Solo in serata, dopo la garanzia di una “uscita sicura” da parte del ministero degli Interni, centinaia di persone hanno iniziato a lasciare la zona in un ambiente circostante che ricordava le zone di guerra. Intorno alle 19 la polizia ha preso il controllo completo dell’area.
Fuori dal Cairo, Reuters scrive che altre 15 persone sono morte nella città di Ismailia, vicino al canale di Suez, in scontri tra la polizia e sostenitori dell’ex presidente Morsi vicino a un edificio governativo. Il ministero della Salute ha detto che 35 persone sono morte a Fayoum, una città a sud del Cairo. Anche ad Alessandria e a Giza ci sono stati scontri e violenze. In alcune località nel nord del paese sono state attaccate dai sostenitori dei Fratelli Musulmani le chiese e i negozi appartenenti alla comunità cristiana copta, accusata di sostenere il governo e i militari.
Il governo egiziano ha imposto per un mese lo stato di emergenza – un vecchio strumento legislativo dei governi autoritari, che in Egitto è rimasto valido con poche interruzioni dal 1967 al 2012 – e un coprifuoco dalle 19 alle sei del mattino in dodici province del paese (tra cui tutto il Sinai e quelle in cui si trovano Il Cairo, Alessandria, Suez e Giza). Il vicepresidente Mohamed El Baradei si è dimesso per protesta e ha detto che erano possibili “soluzioni pacifiche” per la situazione.
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18.28 – La notizia degli ultimi minuti è lo sgombero in corso del sit-in di protesta dei sostenitori di Morsi a Rabaa, al Cairo. Alcune televisioni stanno trasmettendo le immagini delle persone che lasciano la zona, che si trova nei pressi di una moschea, e i giornali egiziani scrivono che il ministero dell’Interno ha garantito una “uscita sicura” dall’area, in cui ci sono stati alcuni degli scontri più violenti di oggi. Questa è la diretta da Rabaa della TV privata egiziana ON TV, pro-militari e anti-islamisti:
Secondo un resoconto riportato da Al Jazeera, le persone stanno lasciando la piazza ordinatamente e a piedi, dopo che la polizia è entrata nell’ospedale improvvisato e nella moschea. Bethany Bell, inviata di BBC al Cairo, dice che le quattro strade principali intorno alla moschea sono state riaperte per permettere l’uscita dei manifestanti.
18.09 – Al-Ahram scrive che – secondo le immagini diffuse dalla televisione di stato e dal canale privato anti-islamista e pro-militari ON TV – una fila continua di sostenitori di Morsi sta lasciando il sit-in di Rabaa Al-Adawiya, con le mani alzate. Il ministero dell’Interno avrebbe offerto una “uscita sicura” ai partecipanti. Quello di Rabaa Al-Adawiya è il più grande dei due sit-in di cui le forze di sicurezza egiziane hanno iniziato oggi lo sgombero.
18.03 – Nella sua lettera di dimissioni, indirizzata al presidente egiziano, El Baradei ha scritto: “mi dimetto perché non posso sopportare la responsabilità di decisioni con cui sono in disaccordo. C’erano alternative pacifiche per raggiungere il consenso.” Questo è il testo (in arabo) pubblicato dal giornalista americano Evan Hill, che dice di averlo avuto tramite l’ufficio stampa di El Baradei.
17.56 – Secondo tutte le agenzie di stampa internazionali, il vicepresidente egiziano Mohamed El Baradei – importante diplomatico, premio Nobel per la Pace e dal 2011 tra i leader dell’opposizione laica – ha rassegnato le dimissioni.
17.45 – AFP e Al Arabiya dicono che il vicepresidente egiziano El Baradei ha rassegnato le dimissioni.
17.45 – Il ministero della Salute egiziano ha detto che i morti nelle violenze di oggi sono stati 149 in tutto il paese, con 1.403 feriti: 35 morti solo nella città di Fayoum, a sud del Cairo.
17.38 – Il blog di politica estera del Washington Post, Woldviews, ha pubblicato un post che spiega cosa significa che l’Egitto è in “stato di emergenza”, una situazione che nel paese non è per nulla nuova e che è stata usata ampiamente negli ultimi decenni.
Dal 1967 (quando l’Egitto e altri paesi arabi hanno perso la Guerra dei sei giorni contro Israele) fino al 2012, l’ampia “legge di emergenza” ha dato al presidente e alla polizia ampi poteri per arrestare “potenziali minacce alla stabilità del paese”, tra cui manifestanti contro il governo e membri dei partiti di opposizione. Anche se la legge era intesa teoricamente solo per i periodi di crisi, l’ex presidente Hosni Mubarak la tenne valida per un periodo di quasi 20 anni, dal 1981 al 2012.
Quando è in vigore, la legge permette alle forze di sicurezza di detenere le persone senza un mandato d’arresto, di evitare i tribunali civili e di mantenere i sospetti in carcere per anni, oltre a permettere le intercettazioni delle comunicazioni e a restringere la possibilità di proteste.
17.20 – Josh Earnest, vice addetto stampa della Casa Bianca, ha detto che “gli Stati Uniti condannano fermamente l’uso della violenza contro i manifestanti in Egitto” e che “siamo fermamente contrari al ritorno dello stato di emergenza”, oltre a richiamare il governo egiziano a “rispettare i diritti umani fondamentali”.
17.14 – Mike Giglio, che scrive per Newsweek e il Daily Beast, è stato arrestato dalle forze di sicurezza egiziane, picchiato e derubato. Ha raccontato la sua esperienza in questo lungo articolo.
17.11 – Il giornalista indipendente egiziano Sharif Kouddous ha pubblicato su YouTube un video in cui si sente il rumore degli spari vicino al sit-in di protesta della moschea di Rabaa al-Adawiya, al Cairo: il più grande dei due, in cui lo sgombero non è stato portato a termine dalle forze di sicurezza.
17.03 – Oltre allo stato di emergenza, il governo egiziano ha dichiarato un coprifuoco che sarà in vigore dalle 19 alle 6 in dodici province (tra cui quelle in cui si trovano Il Cairo, Alessandria, Suez e Giza) e a scadenza indefinita.
16.47 – Un video che mostra le fasi iniziali dello sgombero di un sit-in da parte della polizia.
Un video successivo che mostra i resti di un accampamento temporaneo sgomberato. Entrambi sono stati pubblicati dal sito egiziano di news El Badil.
16.41 – BBC News scrive che i media egiziani si occupano delle notizie di oggi con una grande differenza di punti di vista: tutti i canali principali hanno interrotto la programmazione regolare per dare notizia degli scontri e nessuno ha nascosto le motivazioni dietro gli eventi, ma le televisioni di stato – più vicine all’esercito e al nuovo presidente – hanno sottolineato che i sostenitori di Morsi erano armati e hanno causato morti tra i poliziotti. Dall’altra parte, i media più vicini ai Fratelli Musulmani hanno dato più spazio ai morti tra i manifestanti e hanno mostrato molte immagini delle vittime di oggi.
16.30 – Reuters ha un video che alterna lo streaming di tre fonti diverse: la televisione di stato Nile TV (logo rosso con la piramide), la televisione privata anti-islamista e pro-militari On TV (logo giallo circolare) e una telecamera di fronte alla moschea di Rabaa al-Adiwiya (senza logo).
16.28 – Nel corso della giornata i sostenitori di Morsi e dei Fratelli Musulmani hanno assalito e incendiato alcune chiese copte, accusando la minoranza cristiana di appoggiare l’esercito e il presidente Mansour. The Big Pharaoh, seguito blogger egiziano, scrive che le chiese assalite sono almeno 4 o 5, nelle città di Suez e Minya e Sohag – a sud del Cairo – dove gli islamisti avrebbero distrutto anche molti negozi gestiti da copti. Il New York Times riporta quanto detto dall’associazione per i diritti umani Egyptian Initiative for Personal Rights, che conferma gli attacchi dei Fratelli musulmani a chiese copte a Minya e Sohag.
Una foto della cattedrale di Sohag.
“@mira_s_s: مطرانية #سوهاج بتتحرق pic.twitter.com/v2eQHCphAp” Burning of the Coptic Cathedral in Sohag, Upper Egypt.
— COPTIC NATIONALISM (@DioscorusBoles) August 14, 2013
Una chiesa copta a Minya.
كنيسة الامير تادرس الأن #المنيا pic.twitter.com/0YYOX0jKyI
— مِينَاَ فَخْرِي (@menafakhry) August 14, 2013
16.25 – Una foto scattata poco fa vicino al sit-in di Rabaa, al Cairo: è il più grande dei due principali che erano in corso nella città. L’altro, quello di piazza Nahda, è stato completamente sgomberato.
Near front lines at Tayaran st near #Rabaa pic.twitter.com/jBU7odvdDU
— Sharif Kouddous (@sharifkouddous) August 14, 2013
16.19 – Il ministero della Salute ha alzato la stima dei morti negli scontri di oggi a 95.
16.10 – Non è ancora chiaro quale sarà il ruolo dell’esercito nella gestione dello stato di emergenza: Al Jazeera – che ha una linea favorevole ai Fratelli Musulmani e contraria all’esercito – scrive, citando “fonti militari”, che i soldati “si stanno preparando” a dare sostegno alla polizia, ma interverranno soltanto in caso di un peggioramento della situazione. Per ora non si ha notizia di un coprifuoco connesso allo stato di emergenza. Tra il 1967 e il 2012 l’Egitto è stato in un continuo stato di emergenza, almeno ufficialmente, il che ha permesso tra le altre cose di dare più poteri all’esercito e alle forze di sicurezza.
16.03 – La foto di una donna in piedi tra un ragazzo ferito e un bulldozer, durante gli scontri di oggi al Cairo.
#PHOTO An Egyptian woman stands between a wounded youth and a bulldozer during clashes in #Egypt today pic.twitter.com/18G4HJ9lFA
— Agence France-Presse (@AFP) August 14, 2013
15.48 – Questa è la mappa aggiornata di Al Jazeera sui sit-in al Cairo.
15.48 – La presidenza dell’Egitto ha detto che dalle 16 di oggi sarà dichiarato in tutto il paese lo stato di emergenza, con un provvedimento della durata di un mese. Al-Ahram aggiunge: “il presidente ha ordinato all’esercito di prendere tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza.” Il presidente egiziano è dal 4 luglio il presidente della Corte Costituzionale Adli Mansour, dopo la deposizione di Morsi.
15.35 – Il ministero della Salute ha detto che l’ultimo bilancio è di 60 morti e 8876 feriti in tutto il paese. Le stime continuano ad essere molto varie: le più alte sono quelle dei Fratelli Musulmani, i principali promotori dei sit-in in favore del presidente deposto Morsi, che parlano di oltre 2.200 persone solo al Cairo e decine di migliaia di feriti. Un inviato di AFP ha contato 124 corpi in tre diversi obitori cittadini. Arrivano notizie di morti a causa di arma da fuoco da numerose città dell’Egitto: al-Ahram, uno dei principali quotidiani egiziani, parla sono negli ultimi minuti di notizie simili che arrivano da Kafr El-Sheikh, a nord del Cairo, e da Fayoum, a sud.
15.23 – Asmaa El-Beltagi, la figlia 17enne di Mohamed El-Beltagi, uno dei leader dei Fratelli Musulmani in Egitto, è stata uccisa oggi durante lo sgombero del sit-in di Rabaa Al-Adawiya.
15.14 – I giornali egiziani scrivono che le principali strade che portano al Cairo sono state chiuse dalla polizia e dall’esercito, tra cui l’autostrada Cairo-Alessandria. Altri blocchi stradali sono all’interno della città, come nei dintorni di piazza Tahrir.
15.11 – Alcune immagini pubblicate da Associated Press e un video della scena del mezzo della polizia caduto da un ponte nel quartiere di Nasr City, al Cairo.
15.07 – Sky News dice che il loro cameraman Mick Deane, che faceva parte della squadra che sta coprendo le violenze al Cairo, è stato ucciso questa mattina in Egitto.
15.00 – The Big Pharaoh, un blogger egiziano molto conosciuto, ha ripreso via Twitter la foto di quello che sembra un mezzo della polizia “con l’equipaggio all’interno, gettato da un ponte dai sostenitori di Morsi”:
Picture of police APC with its crew inside thrown off the bridge by pro-Morsi. Pic by @sabrykhaled pic.twitter.com/k1ILcts4Vh
— The Big Pharaoh (@TheBigPharaoh) August 14, 2013
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Alle 6 di mattina di mercoledì 14 agosto, al Cairo, è iniziato lo sgombero dei sit-in messi in piedi lo scorso 3 luglio dai sostenitori dell’ex presidente egiziano Mohamed Morsi in due punti diversi della città, a piazza Rabaa Al-Adawiya e a piazza Nahda. Le forze di polizia sono intervenute contro i manifestanti facendo ampio uso di gas lacrimogeni: oltre ai più grandi concentramenti nelle due piazze del Cairo, le forze di sicurezza sono intervenute anche in accampamenti più piccoli in diversi quartieri della città (qui la mappa aggiornata di Al Jazeera sui sit-in al Cairo).
Gli scontri hanno finora provocato almeno 94 morti, scrive Al Jazeera, 124 secondo un corrispondente di AFP che ha contato i corpi in tre diversi obitori del Cairo, mentre per i Fratelli Musulmani, movimento politico di cui fa parte Morsi, i morti sarebbero molte centinaia e i feriti oltre diecimila. Secondo il ministro della Salute egiziano ci sarebbero invece 15 morti, di cui 5 poliziotti, e 179 feriti.
Dopo poche ore le proteste si sono diffuse in altre zone intorno al Cairo, tra cui il quartiere di Mohandessin, a Giza, a sud est della capitale. Secondo la televisione di stato egiziana, il sit-in di piazza Nahda, il più piccolo dei due, sarebbe stato già completamente sgombrato nella tarda mattinata. Alcuni giornalisti riportano però di scontri e spari sulla folla, come Kareem Fahim, reporter del New York Times.
Birdshot or gunfire from Nahda now, crowd running. Helicopter stalking groups of protesters
— Kareem Fahim (@kfahim) August 14, 2013
La situazione, riportano gli inviati di diversi giornali internazionali, è diventata critica anche per i giornalisti stranieri. La giornalista del Washington Post Abigail Hauslohner ha scritto su twitter: «L’ufficiale di polizia che prima mi ha detto che lo stavo “provocando” perché stavo scrivendo sul mio taccuino, ora mi dice: “Se ti vedo di nuovo farlo ti sparo in una gamba”». Il corrispondente di Sky News ha commentato l’operazione delle forze di sicurezza al Cairo scrivendo che la violenza non sarebbe il frutto di un’azione di sgombero della folla, ma un grande assalto militare compiuto contro la popolazione civile e disarmata. Diversi siti di news hanno ripreso alcune foto fatte dal fotografo Mosa’ab Elshamy, nelle quali il Cairo sembra un vero campo di battaglia.
The scene at Rabaa’s frontline resembles a warzone. Clashes ongoing for six hours now. pic.twitter.com/zVeaKs76GG
— Mosa’ab Elshamy (@mosaaberizing) August 14, 2013
Il ministro degli Interni egiziano ha detto che circa 200 persone sono state arrestate per gli scontri – tra queste ci sono diversi leader della Fratellanza Musulmana – e ha aggiunto che la polizia è intervenuta solo con il lancio di lacrimogeni, e non ha usato una forza eccessiva per sgomberare i due sit-in. Diverse strade del Cairo sono state boccate, e tutto il traffico ferroviario è stato sospeso. Nonostante le misure preventive per evitare la diffusione delle proteste, Al Jazeera ha scritto che le manifestazioni sarebbero iniziate anche nella città di Alessandria d’Egitto.
L’agenzia di stampa ufficiale Mena ha detto che i sostenitori di Morsi hanno lanciato delle bombe molotov contro una chiesa coopta nella città di Sohag, che si trova a quasi 500 chilometri a sud del Cairo. Reuters ha riportato, citando fonti di sicurezza egiziane, che è stata colpita anche una chiesa nella città di Minya, a 300 chilometri a sud della capitale.
A church burning in Sohag, multiple angles pic.twitter.com/l9UvwoWFX4 pic.twitter.com/WzaATVbJ9U pic.twitter.com/yZ9XD5AMlZ
— Mostafa Hussein (@moftasa) August 14, 2013
Le proteste in favore di Morsi erano iniziate il 3 luglio scorso, giorno della deposizione dell’ex presidente compiuta dall’esercito egiziano. I due sit-in dovevano essere sgomberati martedì all’alba, ma l’operazione era stata rinviata per evitare “spargimenti di sangue”. Nel frattempo Morsi si trova sotto la custodia dell’esercito dal 3 luglio scorso, in una località che non è mai stata rivelata. Anche gli scontri tra esercito e manifestanti, e tra manifestanti pro e anti Morsi, vanno avanti dal 3 luglio, e fin qui sono morte 250 persone, escluse quelle uccise negli scontri di oggi.