La polizia contro i pirati somali
La Stampa racconta come si svolgono le operazioni antipirateria nel Golfo di Aden sulla fregata italiana Zeffiro
Alberto Alpozzi della Stampa racconta con ricchezza di informazioni e spiegazioni il lavoro della missione europea contro la pirateria nel Golfo di Aden, dopo essere stato a bordo della fregata italiana Zeffiro che ne fa parte (qui ci sono le foto che ha fatto).
Golfo di Aden, coste a Nord della Somalia. A bordo della fregata Zeffiro è stata avvistata un’imbarcazione sospetta, un «dhow», la tipica «barca madre» utilizzata in queste acque calde e insidiose dai pirati somali. L’equipaggio prende i posti di manovra previsti per un «Friendly Approach»: l’abbordaggio non ostile per verificare la presenza di minacce. Dalla plancia della Zeffiro vengono presi contatti via radio con l’imbarcazione sospetta.
Batte bandiera indiana. I fucilieri della Marina sono pronti a tutto, ma l’imbarcazione si dimostra collaborativa e scopre i teli per mostrare le merci. Non ci sono minacce visibili. Il team del San Marco predispone e un assetto leggero: un solo gommone con quattro uomini, con un interprete e un nocchiere. Un elicottero, modello AB-212, che sorvolerà l’area di operazioni. Sulla Zeffiro uno «sniper», il tiratore abilitato al tiro di precisione tiene sotto controllo la situazione a bordo del «dhow».
«Il momento più delicato – spiega il capo team del San Marco, il secondo capo Michele Milella – è in genere quando si chiede a tutto l’equipaggio di spostarsi a prua con le mani alzate». Una richiesta che viene fatta per verificare la collaborazione e, soprattutto, per un più facile controllo degli uomini.
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(la USS Theodore Roosevelt, la USS Carl Vinson, la USS Vella Gulf, la USS Antietam – navi della marina statunitense – assieme alle italiane ITS Garibaldi e ITS Zeffiro, e alla canadese HMCS Iroquois nel mare d’Arabia nel 2001; foto US Navy/Getty Images)