Erwin Schrödinger: il paradosso del gatto

Google ha fatto un doodle per un grande fisico e matematico austriaco nato 126 anni fa: e c'entra anche un famoso esperimento immaginario

Erwin Schrödinger era un matematico e fisico austriaco, vincitore del premio Nobel per la Fisica nel 1933. Era nato il 12 agosto 1887: 126 anni dopo Google lo ricorda con un “doodle” che per un giorno sostituisce il suo logo nelle pagine del motore di ricerca, e che cita il gatto del “paradosso del gatto”, la costruzione più nota di Schrödinger.

Schrödinger formulò un’equazione relativa alle funzioni d’onda che è considerata tra le basi della teoria quantistica dei campi, e ha a che fare con i comportamenti delle particelle. L’equazione di Schrödinger – che prende il suo nome – ha questa formulazione generale:

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Schrödinger la usò per dare un’interpretazione diversa e discussa della meccanica quantistica, il campo principale dei suoi studi, ma la associò anche a ricerche in molte altre sezioni della fisica, come la meccanica, la termodinamica, la relatività e la cosmologia, oltre a interessarsi di filosofia per tutta la sua vita. Nel 1933 l’equazione gli fece vincere il Nobel per la Fisica, assieme al collega inglese Paul Dirac.

Schrödinger era nato a Vienna da una famiglia di scienziati e insegnò a Vienna, Berlino e Zurigo prima di lasciare la Germania nazista nel 1933, e spostarsi a Oxford. Ma rientrò a Graz, in Austria, dopo pochi anni, a causa dei problemi di adattamento nelle università dove pretendeva di vivere al tempo assieme a due donne contemporaneamente, sua moglie e la sua amante. Ma in Germania la sua partenza precedente e la sua critica al nazismo non erano state ben accettate, e infine si trasferì a Dublino per 17 anni, dove ottenne la nazionalità irlandese nel 1948 e proseguì una vita familiare e sentimentale piuttosto promiscua. Nel 1956 tornò a Vienna dove morì nel 1961 di tubercolosi, a 73 anni.

Il “Paradosso del gatto” fu formulato da Schrödinger nel 1935. Deriva da un immaginario esperimento in cui un gatto si trova in un ambiente chiuso e sigillato. Nello stesso ambiente ci sono una sorgente radioattiva e un contenitore di veleno che viene rotto da un meccanismo legato a un contatore geiger nel momento in cui ci sia la disintegrazione dell’atomo e un’emissione radioattiva. Poiché l’emissione radioattiva può avvenire o no (ci arriviamo) il gatto è – per l’ambiente esterno – sia vivo che morto fino a che l’ambiente non viene aperto: con questa valutazione paradossale Schrödinger voleva spiegare – la riflessione seguiva la pubblicazione di un famoso articolo scientifico e una corrispondenza con Albert Einstein – che se solo l’osservazione determina lo stato quantico dell’atomo e la condizione del gatto, c’era una contraddizione nell’interpretazione prevalente allora sulla convivenza di due stati nella fisica quantistica.

Il decadimento della sostanza radioattiva, infatti, è regolato dai principi della meccanica quantistica. Fino a quando non lo si osserva e misura non si può sapere se il decadimento c’è stato, e per la meccanica quantistica il nucleo della sostanza radioattiva si trova in una mescolanza di stati, sia decaduto che non-decaduto. Ma se si estende questa ambivalenza al mondo macroscopico, come fece Schrodinger legando lo stato del gatto a quello dell’atomo radioattivo, e si applica il modello quantistico anche per il gatto, fino a quando non si osserva e misura anche il gatto, questo non è né vivo e né morto: e si trova in una mescolanza di stati.

L’esperimento del gatto di Schrödinger fu apprezzato da subito dallo stesso Einstein ed ebbe poi una grande fortuna di interpretazioni e uso nei dibattiti sulla meccanica quantistica ma anche in ambiti più estesi della fisica e della scienza (fino a traboccare in una ricca quantità di citazioni letterarie, cinematografiche e televisive, e persino in una canzone della band dei Tears for Fears).
Schrödinger pubblicò nel 1946 il suo libro più famoso, Che cos’è la vita.

Nel 1935 Einstein gli aveva scritto, tra l’altro:

Sei l’unica persona con cui discuto davvero volentieri. Quasi tutti gli altri colleghi passano dai fatti alla teoria, e non dalla teoria ai fatti. Sono incapaci di uscire dall’insieme dei concetti ammessi un tempo e continuano a girarci intorno in modo grottesco.