Il prossimo sindaco di New York
Sarà questa donna? Tra un mese ci sono le primarie: la sinistra perde da vent'anni in una delle città più di sinistra degli Stati Uniti
di Francesco Costa – @francescocosta
Il prossimo 5 novembre gli elettori di New York voteranno per scegliere il loro nuovo sindaco, e in questi giorni è in corso la campagna elettorale per le primarie dei due principali partiti degli Stati Uniti, quello democratico e quello repubblicano. L’elezione del sindaco di una tra le città più importanti e popolate del pianeta è di per sé una storia interessante da seguire, ma in questo caso un fattore ulteriormente affascinante è che New York sia una delle città più di sinistra degli Stati Uniti – per molti è addirittura il simbolo del pensiero liberal – eppure alle ultime cinque elezioni ha scelto candidati repubblicani o sostenuti dai repubblicani.
Le elezioni primarie di entrambi i partiti si terranno il prossimo 10 settembre (si fanno sistematicamente e sono regolate dalla legge, non dai singoli partiti come in Italia). Se nessun candidato otterrà più del 40 per cento dei voti, i primi due si giocheranno la candidatura in un ballottaggio il primo ottobre.
I candidati democratici
Tra i democratici, i principali candidati sono quattro: Bill de Blasio, Christine Quinn, Bill Thompson e Anthony Weiner.
De Blasio ha 52 anni ed è il difensore civico di New York, di cui è stato più volte consigliere comunale: è un tipo pragmatico e spiccio, non molto carismatico ma rispettato. Bill Thompson ha 60 anni, è l’ex comptroller della città (una specie di supervisore su spese e politiche del comune) ed è il candidato sconfitto dall’attuale sindaco Bloomberg nel 2009. Anthony Weiner è l’uomo di cui si è parlato di più nelle ultime settimane, per le vicende che hanno distrutto la sua candidatura: ha 49 anni ed era un promettente deputato prima che nel 2011 venissero fuori foto e messaggi osceni che inviava a ragazze conosciute su Internet. Si dimise, si scusò, si fece da parte per un po’ e poi annunciò la sua candidatura a sindaco, affondata da nuove foto e nuovi messaggi emersi poche settimane fa.
Christine Quinn sembra essere la candidata più forte, secondo i sondaggi: ha 47 anni, è la presidente del Consiglio comunale – quindi è il politico più potente in città dopo Bloomberg – ed è molto di sinistra: è lesbica, tra l’altro, e si è battuta molto per i diritti civili. Secondo i sondaggi Quinn è lontana dalla vittoria al primo turno ma praticamente certa di arrivare al ballottaggio: De Blasio e Thompson si giocheranno il secondo posto.
I candidati repubblicani
Tra i repubblicani i candidati più forti sono due, Joseph Lhota e John Catsimatidis.
Joseph Lhota ha 58 anni e origini variegate: la famiglia di suo padre è ceca, sua mamma è mezza italiana e mezza americana. È molto vicino a Rudy Giuliani e soprattutto è l’ex presidente della MTA, l’azienda dei trasporti di New York. In un anno alla guida dell’azienda, nominato dal governatore democratico Cuomo, Lhota ha ricevuto grandi apprezzamenti: per questo è considerato il favorito alle primarie, anche se forse è un po’ troppo di destra per attirare elettori moderati e centristi alle elezioni di novembre. John A. Catsimatidis, 64 anni, è nato in Grecia ed è proprietario e presidente di Gristedes Foods, la più grande catena di alimentari di Manhattan, e di una grossa società immobiliare: è più moderato di Lhota, una volta si considerava addirittura democratico ma nel tempo è diventato più conservatore.
Secondo i sondaggi Lhota è vicino alla vittoria la primo turno.
Perché i democratici faticano?
L’ultimo sindaco democratico di New York – nonché il primo e unico nero – è stato David Dinkins, eletto nel 1990 dopo i leggendari e controversi 12 anni da sindaco di Ed Koch. A quei tempi New York aveva grossi problemi di criminalità, e questa fu la principale ragione per cui Dinkins – che qualcosina comunque aveva fatto – fu sconfitto da Giuliani nel 1993. Negli anni successivi la criminalità calò vistosamente grazie a un approccio radicale di Giuliani, che fu rieletto nel 1997. Nel 2001, pochi mesi dopo gli attentati dell’11 settembre, quando i repubblicani e Giuliani godevano di enorme popolarità, Michael Bloomberg fu eletto sindaco. Fu rieletto nel 2005 e nel 2009, dopo aver modificato la legge che impediva di fare tre mandati consecutivi. Nel frattempo era uscito dal partito repubblicano e si era candidato come indipendente.
Bloomberg è piuttosto popolare in città – anche se meno di qualche anno fa – e il suo profilo secondo molti è un esempio di quello che gli abitanti di New York cercano in un sindaco: una persona carismatica, equilibrata (Bloomberg è di fatto un centrista), efficace, concreta, con un approccio “aziendale”, che parli chiaro e abbia pochi fronzoli. Meglio se di successo. I gravi problemi della città negli anni Novanta – e il dominio precedente dei democratici, che hanno governato New York quasi ininterrottamente dagli anni Cinquanta – hanno favorito i repubblicani negli ultimi tempi, anche perché i repubblicani di New York sono diversi dai repubblicani del resto degli Stati Uniti: sono moderati, non sono estremisti religiosi, sono spesso tolleranti sull’aborto o ai controlli sui possessori di armi da fuoco. Quindi per i democratici sono più complicati da battere, specie in mancanza di candidati molto popolari.
Gli anni di Bloomberg
In questi anni Bloomberg ha investito molto sull’istruzione e sull’ambiente, applicando l’atteggiamento decisionista che molti apprezzano e altri criticano: per esempio ha promosso l’introduzione di un rigido divieto anche solo sul portare telefoni cellulari a scuola, e durante il suo periodo al governo gli insegnanti hanno avuto un sostanzioso aumento di stipendio (il 43% in più).
Ha promosso il divieto di fumo in tutti i locali chiusi prima di molte altre città, l’introduzione dei matrimoni gay e un discusso piano per ridurre la vendita di bibite zuccherate, allo scopo di combattere l’obesità. Durante i suoi 12 anni da sindaco la criminalità è continuata a diminuire ma grazie a un approccio più soft e di basso profilo rispetto a quello energico di Giuliani. Dal punto di vista finanziario la città ha recuperato il debito contratto dopo l’11 settembre. Il suo problema più grosso – anche se in una città come New York qualsiasi piccola cosa può diventare grossa in un attimo – è la questione abitativa: gli affitti crescono in continuazione, più rapidamente dell’inflazione, mettendo in difficoltà molte persone e facendo aumentare il numero dei senzatetto. Comprare una casa nelle zone centrali è una cosa da milionari.
foto: Christine Quinn. (AP Photo/Seth Wenig)