Nel frattempo, in Tunisia
L'uccisione di due dirigenti dell'opposizione laica continua a generare proteste contro il governo islamico, l'Assemblea costituente ha sospeso i lavori
Martedì 6 agosto quasi 40 mila persone hanno protestato a Tunisi per chiedere le dimissioni del governo guidato dagli islamici moderati di Ennahda. I manifestanti sventolavano bandiere della Tunisia e cantavano slogan come “Il popolo vuole la caduta del regime”. Molti avevano in mano i ritratti di Mohamed Brahmi e Chokri Belaïd, dirigenti dell’opposizione laica e progressista che sono stati uccisi a pochi mesi di distanza, il 25 luglio e il 7 febbraio 2013. Molti tunisini hanno accusato Ennahda di non fare abbastanza per fermare l’aumento della violenza islamista nel paese, che alcuni pensano sia stata fomentata dal partito al governo. Ennahda ha respinto ogni accusa.
Da settimane nel paese si alternano manifestazioni di chi sostiene e di chi si oppone al governo. Qualche ora prima dell’ultima grande protesta il presidente dell’Assemblea nazionale costituente, Mustapha Ben Jaafar, aveva annunciato la sospensione dei lavori fino all’avvio dei negoziati tra i diversi partiti per risolvere la crisi politica in cui si trova il paese.
In seguito all’uccisione di Chokri Belaïd e alle prime manifestazioni di protesta, il primo ministro della Tunisia aveva annunciato le dimissioni del proprio governo per formarne uno nuovo di unità nazionale. Nel corso di un discorso tenuto alla nazione, Hamadi Jebali, del partito islamico moderato di Ennahda, aveva spiegato che il nuovo governo sarebbe stato formato da un gruppo di tecnici e che il principale compito sarebbe stato quello di guidare il paese fino alle prossime elezioni, da tenersi “il prima possibile”, nel dicembre del 2013.
Ma una soluzione alla crisi sembra abbastanza lontana. Mustapha Ben Jaafar, presidente dell’Assemblea, ha infatti dichiarato: «Nonostante la gravità della situazione, invece di andare verso l’unità, purtroppo i leader dei partiti politici sono andati nella direzione opposta, verso la divisione. Ciascuna parte si comporta come se avesse la verità assoluta e non ha tenuto in considerazione l’interesse nazionale. La gente è stufa di questa situazione e non può più sopportare questa attesa».