Cile, 33 minatori intrappolati sottoterra 69 giorni: nessun colpevole per crollo Atacama
Santiago (Cile), 2 ago. (LaPresse/AP) – Rabbia e indignazione in Cile per la chiusura senza accuse e indagati dell’inchiesta sul crollo della miniera di San José nel deserto di Atacama che nel 2010 bloccò 33 minatori oltre due mesi sotto terra. Dopo quasi tre anni di indagine, il procuratore della regione settentrionale ha infatti reso noto che non presenterà alcuna accusa contro i proprietari della miniera, Alejandro Bohn e Marcelo Kemmeny, o contro l’unità di controllo del ministero delle Miniere cileno. “Questa è una disgrazia per il sistema giudiziario cileno”, ha commentato ad Associated Press Mario Sepulveda, volto più popolare del gruppo dei minatori che rimase bloccato per 69 giorni, lottando per la vita. “È impossibile – aggiunge – che un incidente di questa portata non abbia un responsabile. Oggi vorrei scavare un profondo buco e seppellirmi nuovamente, solo che questa volta vorrei che nessuno mi trovasse”.
IL CROLLO E I SOCCORSI. La vicenda ebbe inizio il 5 agosto 2010, quando i minatori sentirono un tremore come quello di un terremoto quando una parte della miniera di rame e oro crollò sopra di loro chiudendo le uscite. Passarono ore prima che potessero vedere anche solo a pochi metri di distanza. Gli uomini erano minacciati da tonnellate di roccia che rischiavano di seppellirli per sempre. Chi stava in superficie non ha saputo quasi nulla per due settimane, e i 33 sono riusciti a sopravvivere con cibo di emergenza per 17 giorni, mangiando scatolette di tonno e bevendo latte scaduto. Riuscirono a dare segni di vita solo grazie a un piccolo pertugio scavato nella roccia. Attraverso il canale ricevettero cibo e acqua, mentre i soccorritori corsero contro il tempo e le difficili condizioni per realizzare un passaggio più ampio. Tutto ebbe fine la notte del 13 ottobre, quando i lavoratori vennero estratti uno per uno attraverso una speciale gabbia calata a 600 metri di profondità.
GRAVI CONSEGUENZE PSICOLOGICHE. Renato Prenafeta, avvocato di 31 dei 33 minatori, annuncia che il suo team legale analizzerà il background che ha portato alla decisione del procuratore e presenterà la sua versione. Il legale ha anche presentato una causa civile per chiedere un risarcimento per il dolore e i danni sofferti dalle vittime di quella situazione nei tre anni passati da allora. “Gran parte delle persone che rappresento – spiega – soffrono ancora di gravi conseguenze psicologiche. Molti non possono nemmeno lavorare. È una situazione realmente drammatica”. Dopo il salvataggio seguito in diretta in tutto il mondo, i minatori ricevettero un trattamento da eroi, con viaggi pagati nelle isole della Grecia, inviti allo stadio del Real Madrid e un viaggio a Disney World. Ma lo splendore di quei momenti svanì presto al ritorno a casa. Molti hanno finito i soldi e devono guadagnarsi da vivere negli impolverati quartieri popolari di Copiapo. Alcuni hanno iniziato a soffrire di problemi fisici e psicologici. Altri sono caduti nel tunnel dell’alcol e della droga.
MINATORI: SIAMO SCONVOLTI. “Sono sconvolto da questa decisione”, commenta uno dei sopravvissuti, Omar Reygadas. “Molti proprietari di miniere – aggiunge – hanno timore di assumerci perché pensano che al primo problema richiameremmo l’attenzione dei media. Siamo ben conosciuti”. All’epoca dei soccorsi, pochi minuti dopo il salvataggio di tutti minatori, il presidente Sebastian Pinera promise che i responsabili del disastro sarebbero stati portati davanti alla giustizia. E una commissione del Congresso nel 2011 trovò che i proprietari della miniera antica di 125 anni erano responsabili del crollo. “Poiché siamo parte del governo – ha commentato il ministro delle Miniere, Hernan de Solminihac, alla televisione di Stato – non possiamo dare la nostra opinione su queste decisioni, ma ovviamente speriamo che la causa civile rimanga sulla giusta strada in modo che (i minatori, ndr) possano ricevere un risarcimento”.