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  • Giovedì 1 agosto 2013

La storia dell’operazione Tailwind

Uno dei più gravi errori nella storia del giornalismo americano, a cui si ispira la seconda stagione della serie tv The Newsroom

di Francesco Costa– @francescocosta

WASHINGTON, : US Army Major General (retired) John Singlaub (front), commander of Operation Tailwind, speaks to reporters as US Secretary of Defense William Cohen looks on during a press conference to release the findings of a Defense Department investigation of Operation Tailwind 21 July at the Pentagon in Washington, DC. The review found no evidence to support allegations by CNN and Time magazine that US troops used sarin nerve gas during a 1970 operation in Laos designed to hunt down US defectors. AFP PHOTO Stephen JAFFE (Photo credit should read STEPHEN JAFFE/AFP/Getty Images)
WASHINGTON, : US Army Major General (retired) John Singlaub (front), commander of Operation Tailwind, speaks to reporters as US Secretary of Defense William Cohen looks on during a press conference to release the findings of a Defense Department investigation of Operation Tailwind 21 July at the Pentagon in Washington, DC. The review found no evidence to support allegations by CNN and Time magazine that US troops used sarin nerve gas during a 1970 operation in Laos designed to hunt down US defectors. AFP PHOTO Stephen JAFFE (Photo credit should read STEPHEN JAFFE/AFP/Getty Images)

Il 14 luglio negli Stati Uniti è iniziata la seconda stagione di The Newsroom, serie televisiva sul giornalismo scritta da Aaron Sorkin – lo sceneggiatore di The West Wing e The Social Network, tra le altre cose – che racconta le vicende che ruotano attorno a un programma televisivo di notizie e approfondimento, “NewsNight”, e al suo popolare e spigoloso conduttore, Will McAvoy, interpretato da Jeff Daniels. Una delle cose originali e affascinanti di The Newsroom è che i suoi protagonisti fanno i conti con notizie reali della cronaca americana e internazionale: le vicende raccontate dalla serie sono ambientate in un arco di tempo che va dai 24 agli 8 mesi precedenti al momento in cui gli episodi vanno in onda, quindi in questa stagione i protagonisti di The Newsroom si occuperanno delle elezioni presidenziali del 2012, della cosiddetta Primavera Araba, di Occupy Wall Street e di molti altri fatti, tutti realmente accaduti. Tranne uno.

Nella seconda stagione di The Newsroom si parla dalla prima puntata di una notizia inventata. È una notizia molto grossa e soprattutto, lo si scopre praticamente subito, è una notizia falsa: la redazione di “NewsNight” ha trasmesso un servizio che racconta un’operazione segreta delle forze speciali statunitensi in Pakistan – “Operation Genoa” – durante la quale decine di civili sarebbero stati uccisi con armi al fosforo bianco e gas nervino. Un’accusa pesantissima contro l’amministrazione Obama – una che «fa cadere i presidenti» e «fa andare persone in carcere» – che sembrava fondata e che invece si rivela completamente falsa, con gravi conseguenze per i giornalisti e per il network. È una vicenda inventata e che nella serie deve ancora svilupparsi, ma che prende esplicitamente ispirazione da una storia vera, come ha raccontato lo stesso Sorkin. La storia di uno dei più grandi e gravi errori giornalistici di sempre negli Stati Uniti, particolare anche perché frutto non della deliberata intenzione di diffondere una notizia falsa bensì di una notevole serie di errori, leggerezze, inaccuratezze e scelte sbagliate.

1970
Nel 1970 gli Stati Uniti, in piena amministrazione Nixon, erano impegnati ormai da quasi quindici anni nella guerra in Vietnam: un conflitto complicatissimo e sanguinoso, iniziato come ribellione dei comunisti del sud contro il governo conservatore di Ngo Dinh Diem e diventato in pochi anni una resa dei conti internazionale che portò alla morte di un milione di persone e coinvolse – direttamente o indirettamente – gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, la Cina, la Corea del Sud, l’Australia, la Nuova Zelanda e la Thailandia. La guerra si concentrava in Vietnam ma si allargò anche nei paesi confinanti, soprattutto in Laos e in Cambogia, dove vari gruppi di resistenti, soldati e guerriglieri comunisti – i vietcong – avevano piazzato delle basi e dove avvenivano di frequente combattimenti e bombardamenti.

Nel settembre del 1970 una delle tante operazioni militari in corso si chiamava “Operation Gauntlet”. Dal 3 settembre circa 5000 soldati statunitensi stavano cercando di conquistare l’altipiano di Bolaven, in Laos, e interrompere le comunicazioni nemiche nella parte meridionale del paese. Dopo pochi giorni, però, fu chiaro che le cose non stavano andando affatto bene. Il comando militare statunitense decise allora di organizzare un diversivo, per distrarre almeno parte delle truppe comuniste: quel diversivo fu un’operazione segreta chiamata “Operation Tailwind”. La missione fu affidata a 16 soldati delle forze speciali e circa un centinaio di guerriglieri montagnard, una popolazione aborigena che durante la guerra combatté al fianco degli Stati Uniti. Il gruppo fu portato in elicottero a 100 chilometri dal posto della battaglia e per giorni – con poche munizioni, poco cibo e poca acqua – attaccò piccoli avamposti dei vietcong per poi ritirarsi, spostarsi, e attaccare ancora altrove. Il terzo giorno il gruppo si imbatté in una base logistica dei vietcong e iniziò un combattimento: 54 soldati comunisti e 3 montagnard furono uccisi, i 16 americani furono tutti feriti ma presero il controllo della base. Trovarono una gran quantità di documenti e registri. Ma intanto altri soldati nordvietnamiti stavano arrivando – il diversivo, in fin dei conti, aveva questo scopo – e le forze speciali non erano in grado di resistere a lungo.

Quando gli aerei americani arrivarono a prelevare i loro soldati, i vietnamiti li stavano già attaccando. Nell’impossibilità di portare a termine l’operazione di “estrazione” come da programma, gli aerei americani usarono potenti gas lacrimogeni per stordire chi si trovava a terra – tutti, anche i loro soldati – e prelevare le forze speciali, uno per uno. Missione compiuta, anche perché nel frattempo grazie al diversivo gli americani avevano conquistato l’altipiano di Bolaven. In più tra gli americani non era morto nessuno e i documenti trovati nella base logistica si rivelarono preziosissimi, la più significativa raccolta di materiale di intelligence dell’intera guerra del Vietnam. Insomma, un successo militare.

1997
Il 7 giugno del 1997 CNN lanciò un nuovo programma televisivo di approfondimento realizzato in collaborazione con la rivista Time, che è parte dello stesso gruppo industriale. Il programma si chiamava “NewsStand”. La sua puntata d’esordio – annunciata e promossa da moltissimi spot nei giorni precedenti alla messa in onda – era intitolata “Valley of Death”, “La valle della morte”, e raccontava un’altra versione della storia dell’operazione Tailwind.

Il programma di CNN e un articolo di Time sostennero che il vero scopo dell’operazione delle forze speciali non fosse creare un diversivo, bensì trovare e uccidere un gruppo di disertori americani che era passato con il nemico e si nascondeva in un villaggio del Laos popolato da civili. Le forze speciali raggiunsero il villaggio, lanciarono del gas nervino la notte precedente all’attacco per “prepararlo”, poi arrivarono e uccisero oltre 100 civili sia con armi convenzionali che con granate al fosforo bianco. Quando i soldati delle forze speciali si trovarono in difficoltà, raggiunti dai vietcong e dai guerriglieri comunisti del Laos, due aerei militari americani arrivarono, dissero via radio ai loro soldati a terra di indossare le maschere anti-gas e sganciarono del sarin, un tipo di gas nervino estremamente letale: uccisero tutti, i disertori americani e i civili sopravvissuti, poi prelevarono le forze speciali e se ne andarono.

Il fosforo bianco brucia acqua e ossigeno: a contatto col corpo provoca ustioni gravi, dolorose e molto profonde, finisce per passare attraverso la pelle e arrivare alle ossa bruciando i tessuti e provocando la morte, se non si interviene immediatamente. Non era considerato un’arma chimica dalla Convenzione sulle armi chimiche, ma oggi secondo i trattati internazionali può essere utilizzato solo per illuminare un’area, per nascondersi o per spaventare il nemico, e non per colpirlo. Il gas nervino è una sostanza ancora più letale: basta un’esposizione piccolissima per generare in pochi minuti nausea, vomito, diarrea, difficoltà respiratorie, contrazione delle pupille, arresto circolatorio, paralisi e morte. Inoltre è considerato un’arma chimica a tutti gli effetti – una delle peggiori – sebbene al tempo dell’operazione Tailwind gli Stati Uniti non avessero ancora firmato la convenzione che ne vieta l’utilizzo. Secondo “NewsStand”, insomma, gli Stati Uniti durante un’operazione segreta avevano ucciso deliberatamente oltre un centinaio di civili e un gruppo di disertori americani. Per giunta con del gas nervino, un’arma chimica. L’accusa era pesantissima.

La tesi sostenuta da CNN e Time sembrava ben documentata. Sia l’articolo che l’inchiesta citavano direttamente diverse fonti militari, alcune anche con nome e cognome, e riportavano testimonianze virgolettate di persone che avevano partecipato direttamente all’attacco o ne erano a conoscenza. L’inchiesta riportava le testimonianze dell’ammiraglio in pensione Thomas Moorer, che nel 1970 era il capo di stato maggiore degli Stati Uniti, e di tre dei soldati delle forze speciali che parteciparono alla missione. I loro virgolettati sembravano inequivocabili: raccontavano dell’uso di un gas terribilmente urticante – alcuni parlavano apertamente di gas nervino – e di come una volta tornati sull’aereo videro a terra decine di persone vomitare e agonizzare.

Dopo la puntata di “NewsStand”
Dal giorno successivo alla trasmissione dell’inchiesta centinaia di ex soldati e veterani del Vietnam scrissero alla CNN protestando e dicendo di considerare impossibile anche solo il fatto che gli Stati Uniti avessero portato del gas nervino in Vietnam, operazione che avrebbe richiesto misure di sicurezza e sforzi logistici di cui molti soldati non avrebbero potuto essere ignari. Altri canali televisivi, dando conto dell’inchiesta, si chiesero come mai i nordvietnamiti non avessero accusato mai gli Stati Uniti per quello che si può considerare un vero crimine di guerra. Il Pentagono e l’amministrazione statunitense – in quegli anni il presidente era Clinton – il giorno dopo la trasmissione dissero che a loro non risultava niente del genere ma aprirono un’inchiesta.

Altri giornali iniziarono a indagare. Nel giro di pochi giorni Newsweek annunciò la pubblicazione di un articolo che avrebbe smontato la tesi di Time e CNN. Diversi ex soldati che avevano partecipato all’operazione dissero che la storia raccontata da “NewsStand” non stava in piedi. Dieci giorni dopo la trasmissione il principale esperto di questioni militari della CNN, il generale Perry Smith, diede le dimissioni dicendo che l’inchiesta era piena di informazioni false e, soprattutto, che non era stato consultato prima della sua trasmissione e che il network non aveva intenzione di riconoscere i suoi errori.

Il 14 giugno, durante la seconda puntata di “NewsStand”, la CNN trasmise le interviste di altri tre soldati partecipanti all’operazione Tailwind, secondo cui il gas usato non era nervino bensì un lacrimogeno molto potente, che può anche provocare vomito. Il 21 giugno il ministro della Difesa degli Stati Uniti, William Cohen, apparve in una conferenza stampa accanto agli ex soldati che avevano partecipato all’operazione Tailwind, dicendo che in base all’inchiesta condotta dal Pentagono le accuse di CNN e Time dovevano considerarsi false e infondate, e diffondendo un rapporto approfondito sulla questione. CNN e Time annunciarono l’apertura di una loro indagine interna e il 2 luglio con un lungo comunicato si scusarono e annunciarono ufficialmente il ritiro dell’inchiesta. Il presidente di CNN, Tom Johnson, disse che la tesi del servizio era sbagliata e che non c’erano prove che dimostrassero l’uso di gas nervino né la presenza di disertori americani nel villaggio: non c’erano prove che quanto raccontato nell’inchiesta fosse accaduto, solo testimonianze poco affidabili, e nonostante ci fossero poche prove anche della versione del governo, un’inchiesta giornalistica degna di questo nome e accuse così gravi avrebbero avuto bisogno di basi molto più solide. Il network diffuse il risultato di un’approfondita indagine indipendente, si scusò con tutti i soldati coinvolti e con il governo americano.

Come fu possibile?
Giorno dopo giorno vennero fuori, soprattutto grazie al lavoro di inchiesta e approfondimento di altri giornali, i limiti e le incongruenze dell’inchiesta di CNN e Time. Innanzitutto non c’erano prove fattuali a sostegno della loro tesi, documenti, registrazioni, fotografie: solo racconti orali, e solo da parte americana. Quando fu intervistato da “NewsStand” l’ammiraglio Moorer aveva 86 anni e viveva in una casa di riposo. Da anni gli stessi corrispondenti CNN non lo consideravano affidabile e non lo intervistavano più, e poco dopo la trasmissione dell’inchiesta comunque ritirò quanto affermato sul gas nervino, disse di non saperne niente e accusò i giornalisti di avergli fatto delle “domande trabocchetto”.

Molte delle affermazioni di Moorer citate nell’inchiesta televisiva erano risposte a domande ipotetiche o generiche, ma le domande non erano state trasmesse. Per esempio Moorer disse che durante la guerra alcuni disertori americani furono uccisi, che uccidere i disertori era considerata una priorità e che secondo lui, in riferimento al sarin, “se un’arma avesse potuto salvare le vite di soldati americani, io non avrei esitato a usarla”. Le frasi erano generiche, non riferite direttamente all’operazione Tailwind, ma erano state inserite nel servizio in modo da confermare la tesi dell’attacco con armi chimiche per uccidere i disertori.

Richard Van Buskirk – uno dei soldati le cui testimonianze erano più usate nell’inchiesta, e che aveva detto di aver visto le persone vomitare dopo il lancio del gas – aveva detto anche di aver rimosso quella missione dalla sua memoria dopo pochi anni, grazie a un “risveglio religioso”, e di essersene ricordato solo quando i giornalisti di CNN erano andati a intervistarlo, 24 anni dopo. Lui raccontò loro la faccenda della memoria e del “risveglio religioso” ma i giornalisti non se ne fecero mettere in guardia e non ne diedero nemmeno conto durante l’inchiesta. Altri dissero che Van Buskirk aveva problemi mentali. Anche lui comunque ritrattò pochi giorni dopo la trasmissione.

Altri soldati intervistati nell’inchiesta dissero di aver ricevuto domande “trabocchetto” o ipotetiche, che le loro dichiarazioni erano state tagliate ad arte e che i giornalisti “continuavano a parlare di gas nervino nonostante io continuassi a parlare di gas lacrimogeni”. Alcuni notarono che un gas lacrimogeno molto potente può indurre i sintomi raccontati dai soldati – nausea, vomito, estrema debolezza – e che se fosse stato usato gas nervino anche i piloti degli aerei sarebbero stati equipaggiati con maschere antigas. Non le avevano, eppure non furono contaminati. Anche la questione dei disertori si dimostrò non adeguatamente sostenuta da prove, e anche in quel caso le testimonianze furono presentate malamente. Per esempio, un ex soldato disse ai giornalisti riguardo all’eventuale presenza di disertori: «Ci siamo imbattuti in persone con lineamenti occidentali, ma non so se fossero prigionieri o altro. Io non ne ho visti». La frase «io non ne ho visti» non fu trasmessa.

Secondo l’inchiesta interna della CNN i giornalisti erano stati in buona fede ma di fatto avevano – consapevolmente o no – distorto molti elementi della storia perché dessero ragione alla loro tesi, accogliendo alcune testimonianze e rifiutandone altre perché discordanti, non investigando i molti “campanelli d’allarme” che avrebbero dovuto far loro venire dei dubbi, mescolando domande precise e domande ipotetiche nelle loro interviste, dando per scontato l’utilizzo del gas nervino al punto da far venire dubbi su quanto accaduto agli ex soldati o convincerli che effettivamente era stato usato del gas nervino (in un caso dissero addirittura a un ex soldato che il suo comandante aveva mentito, quando gli aveva detto che si trattava di gas lacrimogeno). Diversi altri giornalisti della CNN dissero invece di aver fatto delle obiezioni allo stile dell’inchiesta prima che questa fosse trasmessa.

Chi erano gli autori dell’inchiesta
Il servizio di CNN era firmato da April Oliver, 36 anni, laureata a Princeton, e da Jack Smith, giornalista con vent’anni di esperienza. L’articolo sullo stesso tema pubblicato su Time era firmato da April Oliver e da Peter Arnett, corrispondente di CNN e premio Pulitzer nel 1966 per i suoi servizi dal Vietnam (in tutto il mondo Arnett era diventato molto familiare con i servizi della CNN dalla Guerra del Golfo). Pamela Hill, produttrice del programma “NewsStand”, si dimise. Oliver e Smith decisero di non dare le dimissioni e furono licenziati. Arnett sul momento ricevette solo un richiamo ufficiale dalla CNN ma fu licenziato nove mesi dopo. Diversi giornalisti protestarono per la mancata assunzione di responsabilità degli altri giornalisti che supervisionarono l’inchiesta e dei dirigenti dell’azienda. Tom Johnson, presidente di CNN, offrì le proprie dimissioni a Gerald Levin, capo di Time Warner, che le respinse.

April Oliver e Jack Smith hanno sempre difeso il loro lavoro e la tesi dell’inchiesta, dicendo che molte persone che avevano confermato la loro tesi cambiarono idea a causa di pressioni subite dal Pentagono (tutt’ora diversi gruppi di sostenitori di teorie del complotto danno loro ragione). Hanno detto di aver dovuto fare dei tagli e “semplificare” certi passaggi perché costretti a far stare tutto in un servizio lungo 18 minuti, e non nell’ora che avevano chiesto al network. Peter Arnett accettò invece i risultati dell’indagine interna di CNN e si difese dicendo di aver collaborato solo alla fase finale dell’inchiesta, conducendo un paio di interviste.

Sia Oliver che Smith fecero causa accusando la CNN di ingiusto licenziamento e diffamazione e in entrambi i casi non si arrivò a processo: il network preferì chiudere la questione con una transazione economica e un accordo di riservatezza. Oliver ottenne un milione di dollari, scrisse la stampa all’epoca, mentre la somma ottenuta da Smith non fu mai rivelata. CNN pagò milioni di dollari anche a soldati e militari che si considerarono diffamati dall’inchiesta di “NewsStand” per evitare processi delicati, lunghi e costosi.

Diversi ex soldati che parteciparono all’operazione Tailwind raccontarono poi la loro versione dei fatti in questo breve documentario, co-prodotto dallo studio legale che li rappresentò nelle cause che intentarono a CNN e Time.

foto: il generale John Singlaub, comandante dell’operazione Tailwind, durante una conferenza stampa sull’operazione Tailwind insieme al ministro della Difesa degli Stati Uniti, William Cohen, il 21 luglio 1997. (STEPHEN JAFFE/AFP/Getty Images)