L’impareggiabile David Niven
Era l'unico al mondo che sapesse fare così bene David Niven, i facchini lo adoravano, e morì oggi trent'anni fa
David Niven era fantastico: era fatto a forma di David Niven, e gli veniva benissimo. Lui stesso disse una volta “è favoloso: immaginatevi di essere meravigliosamente strapagati per travestirvi e giocare. È come essere Peter Pan”. Fu meravigliosamente strapagato per fare l’attore per mezzo secolo, fino al 29 luglio 1983 quando morì a 73 anni: era malato di sclerosi laterale amiotrofica. “Al più raffinato gentiluomo che sia mai passato da qui. Sapeva far sentire un facchino un re”, scrissero nel loro messaggio di condoglianze i facchini dell’aeroporto di Heathrow.
Era di Londra da ascendenze scozzesi, magro, il viso affilato e dei baffetti buoni per illustrare la voce “baffetti” nei dizionari. Andò a cercarsi il suo lavoro a Hollywood e cominciò a recitare, poi tornò per la guerra e ricominciò dopo. Divenne la personificazione cinematografica dell’eleganza e della raffinatezza, associate a un fascino e a un senso dell’umorismo affilatissimi: appariva sullo schermo e gli spettatori già sorridevano complici. Vinse il premio Oscar per Tavole Separate nel 1958, ma i suoi film più famosi sono La pantera rosa (la prima, quella con Capucine e Claudia Cardinale, oltre che naturalmente Peter Sellers), Il prigioniero di Zenda, La voce nella tempesta, Il giro del mondo in 80 giorni, La capannina (con Walter Chiari e Ava Gardner, esilarante commedia teatrale), Non mangiate le margherite, L’impareggiabile Godfrey, I cannoni di Navarone, Scala al Paradiso, La vergine sotto il tetto, 55 giorni a Pechino.
Ebbe una vita di battute salaci come quelle che gli facevano dire gli sceneggiatori, di amicizie con colleghi e personaggi illustri soprattutto britannici come lui, di successi e ammirazione e di un lungo e tempestoso matrimonio con una modella svedese. Nei giorni d’estate in cui le programmazioni lo riscoprono, certi pomeriggi, è ancora fantastico, David Niven.