La guerra ai narcos sta cambiando davvero?
Le promesse del nuovo presidente del Messico non sembrano mantenute
Enrique Peña Nieto ha celebrato da poche settimane il suo primo anno come presidente del Messico. È stato eletto il 2 luglio del 2012, grazie anche a un programma in cui prometteva di cambiare le politiche di lotta ai potentissimi cartelli della droga adottate dal suo predecessore, il conservatore Felipe Calderón. Peña Nieto aveva criticato la strategia di “guerra totale” ai narcos intraprese negli ultimi anni: l’obbiettivo della strategia di Calderón era arrestare o eliminare i capi dei cartelli impiegando l’esercito in modo massiccio.
Peña Nieto e il suo governo hanno a lungo parlato delle possibili alternative a questa strategia, come ad esempio cercare di prevenire il crimine affrontandone le cause e utilizzando risorse per perseguire omicidi, estorsioni e rapimenti piuttosto che per dare la caccia ai capi delle grandi organizzazioni criminali. Ma la settimana scorsa forze speciali della marina messicana hanno catturato Miguel Angel Treviño, il leader del cartello dei Los Zetas. Pochi giorni prima era stato arrestato un boss del cartello.
Dopo l’arresto, Treviño è stato portato davanti alle telecamere, mentre il governo ha sottolineato il suo importante ruolo all’interno del cartello. In passato Peña Nieto aveva criticato questo tipo di celebrazione degli arresti, iniziata sotto Calderón. Questi arresti, il modo con cui vengono gestiti mediaticamente e il fatto che migliaia di soldati restino schierati in varie arie del paese hanno fatto supporre ad alcuni commentatori che in realtà Peña Nieto non abbia intenzione di modificare molto la strategia del suo predecessore.
Tra le altre proposte di Peña Nieto in campagna elettorale, c’era anche quella di creare una forza di polizia militare modellata sulla Gendarmeria francese o i Carabinieri italiani: formata da militari, alle dipendenze del ministero della Difesa, ma con compiti esclusivamente di polizia. Il programma prevedeva di schierare 10 mila nuovi ufficiali per sostituire i 40 mila militari che attualmente sono schierati nella guerra ai cartelli. Il piano però è stato ridotto per il momento a 5 mila uomini.
In realtà, secondo un sondaggio del Pew Reasearch Institute di Washington, circa l’85 per cento della popolazione messicana è favorevole all’utilizzo dell’esercito nella lotta al narcotraffico. La maggioranza dei messicani è anche favorevole alla prosecuzione dei programmi di addestramento e aiuto tra esercito messicano e Stati Uniti. La maggioranza dei messicani si schiera solamente contro l’intervento diretto delle forze militari americane nel paese.