L’assedio al parlamento bulgaro
Le proteste contro il governo e la corruzione vanno avanti da 40 giorni, ieri un centinaio di politici e giornalisti sono rimasti bloccati per otto ore dentro il parlamento
Nella notte tra martedì 23 e mercoledì 24 luglio, più di cento persone, tra cui una trentina di deputati, i ministri dell’Economia Dragomir Stoinev, delle Finanze Petar Tchobanov e del Lavoro Hassan Ademov, alcuni giornalisti e altri funzionari sono rimasti bloccati per circa otto ore all’interno del parlamento bulgaro, a Sofia, per le proteste anti-governative che proseguono ormai da 40 giorni nelle principali città del paese.
Circa duemila persone hanno circondato il parlamento, dove erano riunite tre Commissioni per discutere del bilancio dello Stato. Intorno alle 3.30 della notte ora locale, le 2.30 in Italia, la polizia è riuscita a forzare una barriera eretta con bidoni della spazzatura, cartelli stradali e pietre per consentire il passaggio di alcune camionette delle forze dell’ordine e di un autobus per evacuare le persone bloccate nell’edificio. L’operazione si è conclusa intorno alle cinque del mattino. Ci sono stati degli scontri tra manifestanti e polizia in tenuta antisommossa e circa venti persone, tra cui tre poliziotti, sono rimaste ferite. Il Ministero dell’Interno non ha ancora dato notizie ufficiali né sui feriti né sui manifestanti che potrebbero essere stati arrestati.
Le proteste in Bulgaria sono iniziate a metà giugno dopo che in soli quindici minuti, e senza alcun dibattito, il parlamento bulgaro ha nominato a capo della sicurezza nazionale Delyan Peevski, trentaduenne proprietario di un grande impero mediatico e commerciale, più volte accusato di corruzione. Nonostante Peevski si sia dimesso e il primo ministro socialista Plamen Oresharski – in carica da sette settimane – si sia scusato pubblicamente, le proteste non si sono fermate e si sono anzi rafforzate, a causa del malcontento diffuso dovuto a una crisi economica sempre più pesante.
Migliaia di manifestanti si riuniscono quotidianamente a Sofia, nella capitale, e nelle altre cttà del paese per denunciare la corruzione della politica, la diffusione nel paese della criminalità organizzata, la gestione non trasparente dei servizi pubblici e l’alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile: chiedono le dimissioni del governo e nuove elezioni. I cortei e le manifestazioni sono sempre state pacifiche, almeno fino a ieri.
Due giorni fa la vicepresidente della Commissione europea Viviane Reding, in visita a Sofia, si è schierata pubblicamente a favore dei manifestanti e ha dichiarato: «Bruxelles rispetta il diritto degli Stati membri di risolvere autonomamente le questioni interne, ma ci sono delle situazioni che si riflettono sull’Unione: è giunto il momento in cui, se uno Stato avesse dei problemi da affrontare con urgenza, i partiti politici dovrebbero mettere a parte le controversie e rispettare i doveri, richiesti dagli elettori». Secondo uno degli ultimi sondaggi condotto tra i cittadini bulgari, circa il 60 per cento di loro disapprova il governo del primo ministro Plamen Oresharski, economista e candidato premier dei socialisti.
Oresharski ha ottenuto a giugno di quest’anno la fiducia per un governo sostenuto dai socialisti e dal partito della minoranza turca (il Movimento Diritti e libertà, DSP), grazie all’astensione decisiva della formazione ultranazionalista ATAKA. Il governo di Oresharski sta però operando in continuità con il precedente, obbedendo alle richieste delle autorità europee e internazionali con una serie di politiche di austerità e tagli al welfare. Sono quindi in molti, visto anche la dimensione delle proteste, ad aspettarsi che questo esecutivo non arrivi alla fine del mandato.