La campagna per trovare i nazisti ancora nascosti
Inizia oggi in quattro città tedesche e prevede ricompense per chi fornisce informazioni rilevanti («Tardi. Ma non troppo tardi»)
A partire da oggi, martedì 23 luglio, saranno affissi in quattro città tedesche – Berlino, Amburgo, Francoforte e Colonia – migliaia di manifesti con l’obiettivo di chiedere informazioni ai cittadini e alle cittadine sui nazisti superstiti, e scoprire nuovi casi di cui le autorità non sono state ancora informate. In Germania, infatti, i crimini nazisti non possono cadere in prescrizione.
Nel poster c’è l’immagine in bianco e nero dell’ingresso del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, con lo slogan: «Tardi. Ma non troppo tardi». Si legge anche: «Milioni di persone innocenti sono state assassinate dai criminali nazisti. Alcuni autori di questi crimini sono liberi e vivi! Aiutaci a portarli davanti alla giustizia». C’è un numero di telefono e l’offerta di una ricompensa fino a 25 mila euro per chi offrirà informazioni rilevanti.
Il titolo della campagna è “Operation last chance” ed è promossa dal Centro Simon-Wiesenthal di Gerusalemme, organizzazione non governativa che ogni anno compila una lista degli ex gerarchi del Terzo Reich ancora ricercati. Dal 2005 il Centro Simon Wiesenthal ha individuato i nomi di più di 660 presunti criminali di guerra ancora vivi in Europa, molti dei quali provenienti dalla Germania. Tra loro c’è anche Hans Lipschis che ora ha 93 anni ed è sospettato di essere stato un custode ad Auschwitz. Lipschis è stato arrestato il 6 maggio del 2013, ma il caso ha riaperto un dibattito in Germania circa il senso di una giustizia così tardiva che persegue persone ormai anziane e spesso in condizioni di salute precarie.
Lo storico Efraim Zuroff, direttore del Centro Simon Wiesenthal, nel presentare la campagna ha invece detto: «Il tempo non diminuisce la colpevolezza di questi assassini. In 33 anni di caccia ai nazisti non ne ho mai visto uno dire di essere dispiaciuto. Non dovete vedere in queste persone dei vecchi uomini fragili, ma pensare che al culmine della loro forza fisica hanno speso tutte le loro energie per uccidere uomini e donne innocenti». E ha aggiunto: «Non abbiamo molto tempo. Due o tre anni al massimo. Speriamo di ottenere indizi su persone che lavoravano nei campi di sterminio o facevano parte delle Unità Speciali (Einsatzgruppen). Si tratta di circa 6 mila uomini e si presume che il 2 per cento di questi sia ancora in vita. La metà non può essere perseguita per motivi medici, ne restano ancora 60».
Si tratta della seconda campagna del genere organizzata dal Centro Simon Wiesenthal. La prima fu lanciata nel dicembre del 2011 e allora fu ispirata dal processo di John Demjanjuk, ex sorvegliante nel campo di sterminio di Sobibor, in Polonia, tra il marzo e il settembre del 1943, che venne accusato di essere corresponsabile della morte di circa 29mila persone e condannato in primo grado da un tribunale tedesco. Demjanjuk morì a Monaco nel maggio 2012 in attesa dell’appello. Quella sentenza costituisce, per il direttore del Centro Wiesenthal, un precedente importante perché significa che dimostrare attraverso delle testimonianze il coinvolgimento di una persona anche come sorvegliante in un campo di sterminio è sufficiente a giustificarne l’accusa di concorso in omicidio.
Foto: La Bahnrampe, i binari dei treni nel campo di Birkenau, Polonia, febbraio-marzo 1945 (AP Photo/Stanislaw Mucha)