L’Egitto conteso a colpi di aiuti
Le ricchissime monarchie del Golfo stanno prestando un sacco di soldi alle diverse fazioni politiche egiziane: tra quelle che spendono di più ci sono Arabia Saudita e Qatar
Negli ultimi tre giorni l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Kuwait, tre delle più ricche monarchie arabe del Golfo Persico, hanno promesso diversi miliardi di dollari di aiuti e prestiti alla nuova amministrazione ad interim dell’Egitto, quella presieduta da Adli Mansur. Sommando le cifre annunciate dei tre paesi, all’Egitto arriveranno 12 miliardi di dollari: 8 dall’Arabia Saudita e dagli Emirati e 4 dal Kuwait. A questi si vanno ad aggiungere i circa 1,3 miliardi di dollari che arrivano annualmente dagli Stati Uniti, e che fanno parte di un programma di aiuti concordato tra i due paesi dopo gli accordi di Camp David del 1978 tra Egitto e Israele.
Secondo diversi osservatori – tra cui Robert F. Worth del New York Times – tutti questi soldi, più che aiutare l’economia egiziana che da almeno due anni si trova in condizioni molte critiche, sono stati stanziati per ragioni politiche: le tre monarchie del Golfo vorrebbero contrastare l’influenza che altri paesi, come il Qatar e la Turchia, hanno guadagnato sulla politica egiziana negli ultimi due anni, cioè dalla deposizione dell’ex presidente Hosni Mubarak. A voler sintetizzare ancora di più, la rivalità per il controllo dell’Egitto fa capo principalmente a due nazioni, Arabia Saudita e Qatar, entrambe arabe, entrambe monarchie del Golfo ricchissime ed entrambe con molte ambizioni politiche.
Dopo la caduta di Mubarak nel febbraio 2011, le divergenze tra sauditi e qatarioti sono aumentate: il governo dell’Arabia Saudita era stato un grande alleato e finanziatore del regime di Mubarak, e la sua deposizione diminuì notevolmente il sostegno finanziario che i sauditi erano disposti a garantire all’Egitto. Per continuare a influenzare la politica egiziana, il governo saudita trovò altri modi e altri canali di finanziamento: iniziò a dare in maniera piuttosto massiccia molti soldi ai salafiti egiziani, in particolare al partito Al Nour. Al Nour, tra l’altro, è il gruppo politico che ha scaricato Morsi appena prima del colpo di Stato dei militari e che nei giorni scorsi ha messo diversi veti su alcune nomine per il nuovo governo ad interim dell’Egitto, come quella di Mohamed El Baradei a primo ministro.
Diversamente dai sauditi, il Qatar, così come la Turchia, ha prestato molti soldi ai Fratelli Musulmani, sia prima che arrivassero al potere che dopo: nel solo anno della presidenza Morsi, si parla di 8 miliardi di dollari prestati dal Qatar e di 2 miliardi di dollari prestati dalla Turchia. Secondo diversi analisti l’appoggio del Qatar agli islamisti egiziani ha molto poco a che fare con la religione e si basa più che altro su valutazioni pragmatiche: l’emiro del Qatar ha ritenuto che i Fratelli Musulmani fossero meno divisi e avessero più legittimità di altri gruppi laici per riuscire a governare il paese dopo la caduta di Mubarak.
La rivalità tra Arabia Saudita e Qatar va avanti da diverso tempo ma è diventata più intensa dal 2011, anno dell’inizio delle primavere arabe, quando sono entrati in competizione per avere il controllo della regione, anche se con metodi diversi. L’Arabia Saudita ha mostrato di preferire una diplomazia più cauta e meno visibile, fatta soprattutto di finanziamenti e aiuti di vario tipo. Il Qatar negli ultimi anni ha usato il suo soft power per diventare sempre più forte e influente, come dimostra, tra le altre cose, l’uso piuttosto ambiguo della rete Al Jazeera di proprietà dell’emiro: in molti hanno accusato Al Jazeera di influenzare e sostenere alcune delle proteste del mondo arabo degli ultimi due anni, facendo un’informazione parziale e non equilibrata. Solo nell’ultima settimana 22 giornalisti di Al Jazeera si sono dimessi, accusando la direzione del canale di avere raccontato le ultime proteste in Egitto in modo favorevole ai Fratelli Musulmani.
foto: Una sostenitrice dei Fratelli Musulmani al Cairo (MAHMUD HAMS/AFP/Getty Images)