La strage al Cairo
Punto della situazione, foto e video sull'attacco dell'esercito contro i manifestanti pro-Morsi: i morti sono 51, i feriti 435, si temono altre violenze
Questa mattina alle 4, al Cairo, un gruppo di sostenitori del presidente deposto Morsi che manifestava davanti a una sede della guardia repubblicana nella zona di Nasr City è stato attaccato da un gruppo di militari. I morti, dice il capo dei servizi di emergenza, sono 51, e i feriti 435. In tarda mattinata l’esercito ha diffuso un comunicato dicendo che negli scontri sono rimasti uccisi 2 agenti di polizia e 1 militare, e altri 6 si troverebbero ora in gravi condizioni. Su Twitter sono circolate parecchie fotografie e video di persone ferite – anche in modo apparentemente grave – che aspettano l’arrivo delle ambulanze. Diverse ore dopo gli scontri sulla pagina Facebook dei Fratelli Musulmani è stato pubblicato un video che mostra alcuni cecchini dell’esercito sparare sulla folla di manifestanti davanti alla sede della guardia repubblicana (attenzione, immagini forti).
Dopo gli scontri, molti mezzi militari sono stati dispiegati al Cairo, per lo più nella zona di piazza Tahrir e nei pressi di Nasr City. Poco prima delle 11 alcune agenzie di stampa, citando fonti ufficiali egiziane, hanno scritto che alcuni membri dei Fratelli Musulmani hanno catturato due soldati egiziani al Cairo, che poi sono riusciti a scappare.
Intanto Mohamed El Baradei, che era stato indicato ieri sera come possibile viceprimo ministro ad interim, ha condannato le violenze dal suo profilo Twitter, dicendo che sarà necessaria un’indagine su quanto è successo.
Violence begets violence and should be strongly condemned. Independent Investigation a must. Peaceful transition is only way .
— Mohamed ElBaradei (@ElBaradei) July 8, 2013
Poco prima di mezzogiorno è stata ordinata la chiusura della sede del partito Libertà e Giustizia al Cairo, dopo che la polizia ha detto di avere trovato dentro alcune armi. L’agenzia AFP ha scritto che la polizia ha trovato «liquidi infiammabili, coltelli e armi» da usare nelle grandi manifestazioni anti-Morsi il 30 giugno.
Le persone presenti alla manifestazione erano diverse centinaia: secondo alcuni resoconti erano pacifiche, mentre secondo altri qualcuno aveva tentato di arrampicarsi e scavalcare i muri che delimitano la struttura. Un portavoce dell’esercito ha letto un comunicato alla televisione di stato, dicendo che i manifestanti erano un “gruppo di terroristi armati”: ha aggiunto che circa 200 persone sono state arrestate – molte delle quali già rilasciate – e sono state trovate grandi quantità di armi, munizioni e bombe molotov nei pressi della zona dell’attacco. I manifestanti stavano protestando davanti al posto dove si crede si trovi proprio Mohamed Morsi, che è sotto la custodia dei militari dalla sera di mercoledì scorso.
Una versione diversa di quanto accaduto è stata data dai Fratelli Musulmani. Mohamed Ibrahim El-Beltagy, parlamentare e dirigente dei Fratelli Musulmani, durante le preghiere del mattino ha definito quanto accaduto “un massacro”. Un portavoce dei Fratelli Musulmani, scrive Al Jazeera, ha detto che i manifestanti erano disarmati e che l’attacco è avvenuto mentre stavano pregando. Dopo la strage, i Fratelli Musulmani hanno chiesto ai loro sostenitori di partecipare a una sollevazione popolare contro “coloro che stanno cercando di fermare la rivoluzione con i carri armati”. Nel comunicato pubblicato sulla pagina Facebook del Partito Giustizia e Libertà, il partito del deposto presidente Morsi, si chiede anche alla “comunità internazionale e i gruppi internazionali e tutte le persone libere del mondo di intervenire per fermare ulteriori massacri.. e prevenire una nuova Siria nel mondo arabo”.
Il partito salafita Al Nour ha chiarito la sua posizione riguardo la partecipazione alle trattative per la formazione di un governo: dopo che per tutta la mattina diverse agenzie di stampa hanno scritto che Al Nour si era ritirato dalle trattative, in tarda mattinata l’ufficio del capo del partito ha detto ad Al Jazeera che non si tratta di un ritiro vero e proprio, ma solo di una sospensione.
foto: la protesta, prima dell’attacco. (gelhaddad)