La democrazia d’impiccio
Michele Serra sui paradossi della situazione in Egitto e sui nostri sentimenti
Gli straordinari accadimenti in Egitto hanno tra le altre cose offerto alla riflessione di mezzo mondo – e dei paesi democratici in particolare – i paradossi e le contraddizioni di un colpo di stato militare che interviene contro un governo eletto democraticamente con l’ambizione di restaurare la democrazia. Il tema dell’insufficienza della democrazia di fronte ai rischi di dittatura è antico, e molti sono stati nella storia i regimi autoritari avallati da elezioni democratiche: e molte sono state le occasioni in cui i militari sono stati responsabili di interventi violenti ma liberatori da derive dittatoriali, oppure avallati da grandi masse d’opinione. La democrazia, insomma, non sembra essere un valore assoluto se non è accompagnata da libertà e consapevolezze più estese dove la si esercita, e quella che spesso viene definita democrazia è un complesso di valori e principi che va oltre il significato della parola e l’esercizio elettorale democratico. Su questi temi, oggi riflette su Repubblica nella sua rubrica Michele Serra.
Il fiammeggiante dramma egiziano conferma che c’è grande confusione sotto il sole. Perfino alla voce, un tempo indiscutibile, “democrazia”. Il partito islamista aveva vinto democraticamente le elezioni: il Cairo è una metropoli quasi moderna, quasi laica, ma le campagne sono “in mano ai preti”, come avremmo detto noi italiani parecchi anni fa, e l’Egitto povero e rurale ha dato il suo voto ai Fratelli Musulmani. Alzi la mano, però, chi non è contento della messa in mora di quel voto e di quel consenso, alzi la mano chi non fa il tifo per il Cairo, per la capitale, contro il contado reazionario. Ma basta a giustificare un colpo di Stato, questa difesa disperata della “modernità” – qualsiasi cosa essa significhi – contro l’arcaismo?
(continua a leggere sul blog Triskel182)
– Luca Sofri: La democrazia italiana nel 2012
– Luca Sofri: Gramellini e i limiti della democrazia