Morsi non si dimette
Il presidente dell'Egitto lo ha confermato in un lungo discorso; oggi scade l'ultimatum dell'esercito; almeno 16 morti nelle proteste di stanotte: il punto
Aggiornamento 14.00 – Poco dopo le 13:30 di mercoledì 3 giugno l’esercito dell’Egitto ha fatto sapere che diffonderà una dichiarazione dopo le 16.30, cioè dopo la scadenza dell’ultimatum di 48 ore che i militari avevano dato al presidente dell’Egitto Mohamed Morsi per risolvere la grave crisi politica in cui si trova il paese. Intanto il leader dell’opposizione, Mohamed El Baradei, ha incontrato questa mattina il capo dell’esercito, il generale Abdel Fattah al-Sisi. El Baradei era stato scelto dai diversi gruppi di opposizione il 30 giugno come loro rappresentante nelle negoziazioni del futuro del paese.
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Nella notte tra martedì 2 e mercoledì 3 luglio al Cairo, in Egitto, sono state uccise almeno 16 persone che stavano partecipando a una manifestazione a sostegno del presidente egiziano Mohamed Morsi. Uno o più uomini armati non ancora identificati hanno sparato sulla folla causando il ferimento di oltre 200 persone. Almeno altre sette persone sono morte negli scontri tra i sostenitori di Morsi e i suoi oppositori in altre zone della città.
La manifestazione a sostegno del presidente era stata organizzata poco dopo un nuovo discorso alla nazione di Morsi, trasmesso dalle televisioni egiziane poco prima della mezzanotte. Il presidente ha parlato per 45 minuti, dicendo di non avere intenzione di dimettersi e di ritenersi un “guardiano della legittimità” delle volontà democratiche dell’Egitto. Morsi ha anche chiesto il ritiro dell’ultimatum dell’esercito, che ha richiesto una soluzione della crisi politica egiziana entro le 16:30 di oggi. Nel caso di un mancato accordo con le forze di opposizione, allo scadere dell’ultimatum i vertici dell’esercito potrebbero impegnarsi direttamente nella gestione del potere nel paese, sminuendo di fatto il ruolo di Morsi.
Non è comunque ancora chiaro che cosa farà l’esercito allo scadere dell’ultimatum. Martedì 2 luglio l’agenzia Reuters ha diffuso la bozza di una sorta di “road map” dei militari. Il piano pare preveda lo scioglimento del Parlamento e la sospensione della Costituzione, in attesa di nuove elezioni politiche. Nelle ultime ore Morsi ha avuto diversi contatti con i vertici militari, ma sembra che la presidenza non sia stata a conoscenza fino all’ultimo dell’esistenza di un piano alternativo dell’esercito.
Durante il suo discorso televisivo, Morsi ha ricordato che non ci sono “surrogati per la legittimità” e che al presidente dell’Egitto spetta il compito di “raggiungere gli obiettivi fissati dalla rivoluzione del 25 gennaio”. Morsi ha detto di essere pronto a sacrificare la propria vita, pur di salvaguardare la legittimità di questi principi. Ha spiegato di sentirsi obbligato a mantenere il proprio ruolo, ricordando di essere il primo presidente eletto democraticamente nel paese. Ai suoi sostenitori ha poi chiesto di manifestare pacificamente, mentre sul piano politico non ha dato molte informazioni su ciò che vorrà fare per risolvere la nuova crisi.
Morsi ha ammesso di avere compiuto qualche errore. Ha fatto riferimento ad alcune proposte per sostituire l’attuale governo con uno nuovo composto da tecnici, e per creare una Commissione che si occupi di rivedere le parti più controverse della nuova Costituzione. Secondo Morsi, queste proposte non sono state accolte dall’opposizione, che continua a chiedere le sue dimissioni senza volere il dialogo.
Diversi osservatori politici ritengono che Morsi sia sempre più isolato, anche all’interno della sua maggioranza. Nelle ultime 48 ore si sono dimessi sei ministri del suo governo e due portavoce. Lunedì 1 luglio anche il consigliere militare Sami Enan ha rassegnato le proprie dimissioni, spiegando che l’esercito non potrà lasciare inascoltate le volontà della popolazione. Morsi continua ad avere il sostegno del suo Partito Libertà e Giustizia, che ha stretti legami con i Fratelli Musulmani. E proprio all’interno dell’ampio, e variegato, movimento politico egiziano iniziano a crescere le perplessità sulle ultime decisioni assunte da Morsi, che di fatto non stanno contribuendo a superare la crisi politica.
Il discorso di Morsi non ha soddisfatto le centinaia di migliaia di persone che da domenica scorsa organizzano proteste nelle più grandi città dell’Egitto. Al Cairo ci sono state nuove manifestazioni per chiedere le dimissioni del presidente. Migliaia di persone si sono trovati in piazza Tahrir urlando slogan contro Morsi. Nel corso della giornata le proteste da pacifiche sono diventate violente, con scontri tra gli oppositori e i sostenitori del presidente. Alcune persone sono morte durante l’assalto della sede principale dei Fratelli Musulmani al Cairo.
Mohamed Morsi è presidente dell’Egitto dal 30 giugno 2012, ed è stato eletto nelle prime elezioni considerate libere dopo la caduta di Hosni Mubarak causata dalla rivoluzione del 2011. In oltre un anno di presidenza è stato più volte criticato dagli oppositori per le sue inadeguatezze e per avere cercato di accentrare il potere su di sé, tradendo gli obiettivi della rivoluzione e i principi che sarebbero dovuti confluire nella nuova Costituzione.