Morsi respinge l’ultimatum dei militari
Il presidente dell'Egitto ha detto di non avere intenzione di dimettersi: l'esercito ha minacciato di prendere in mano la situazione, le manifestazioni continuano
Martedì il presidente dell’Egitto, Mohamed Morsi, ha diffuso un comunicato per chiarire la sua posizione sulla grave crisi politica in cui si trova il paese, iniziata con le grandi manifestazioni che si sono tenute domenica in diverse città egiziane per chiedere le sue dimissioni. Morsi ha respinto l’ultimatum di 48 ore che l’esercito ha dato al suo governo, dicendo che se la crisi politica non fosse stata risolta entro due giorni, i militari si sarebbero assunti la responsabilità di guidare il paese fuori dalla crisi.
Data la tradizionale importanza – e invadenza – dell’esercito negli affari politici dell’Egitto, in molti hanno parlato di una minaccia di un colpo di Stato, come d’altra parte è già successo nella storia politica passata del paese. L’annuncio dei militari è stato accolto con grandi festeggiamenti a piazza Tahrir, al Cairo, da parte di molti egiziani, soprattutto dal movimento di opposizione “Tamarud”, che aveva portato avanti una grande campagna di raccolta firme per chiedere le dimissioni di Morsi (e questo nonostante dopo le dimissioni di Mubarak proprio l’esercito fosse stato il principale rivale dei rivoluzionari). Nella giornata di lunedì sono proseguite anche le proteste di fronte alla sede del Cairo dei Fratelli Musulmani, che era stata attaccata con alcune bombe molotov durante le manifestazioni di domenica. Dopo l’ultimatum dei militari anche i Fratelli Musulmani si sono organizzati per manifestare il sostegno al presidente Morsi. In alcune città dell’Egitto si sono verificati dei nuovi scontri tra fazioni rivali, come a Suez, a est del Cairo.
La decisione di Morsi di rifiutare l’ultimatum dell’esercito sembra poter essere stata condizionata anche da una telefonata dal presidente statunitense Barack Obama, che ha ribadito, per ora, il suo sostegno al presidente egiziano. La Casa Bianca ha confermato martedì che Obama ha chiamato Morsi dopo l’ultimatum dell’esercito: Obama ha detto a Morsi di risolvere la crisi con un processo politico democratico e ha aggiunto che gli Stati Uniti non sosterranno alcun singolo partito o gruppo. Alcuni esperti hanno osservato come sia difficile per qualsiasi forza politica del paese pensare di prendere il potere, e tenerlo per un certo periodo di tempo, senza l’appoggio degli Stati Uniti, specie per la grande quantità di aiuti economici e militari che l’Egitto ancora riceve dall’amministrazione americana.
La situazione per Morsi è rimasta complicata, anche all’interno del suo governo: ieri avevano dato le dimissioni cinque ministri, mentre oggi l’agenzia di news egiziana Mena ha detto che anche il ministro degli Esteri, Mohamed Kamel Amr, ha deciso di lasciare il suo incarico. Sempre ieri il ministro degli Interni ha dato la sua “completa solidarietà” ai militari egiziani, che nel frattempo avevano preso il controllo della sede di un governo locale a Fayoum, un governatorato a sud del Cairo. Intanto una televisione egiziana, scrive il Guardian, ha iniziato a fare il countdown delle ore che mancano al colpo di stato dell’esercito contro Morsi.