La versione di Marco Bruno
Lo conosce tutta Italia da quando disse "pecorella" a un poliziotto, l'anno scorso: ora racconta cosa gli dispiace e cosa è stato ingiusto, e tutta la storia intorno
Il 28 febbraio 2012 una troupe di CorriereTV a Chianocco (Torino) riprese il confronto tra un manifestante e un carabiniere, col primo a provocare e irridere il secondo, che restava impassibile. Il manifestante si chiama Marco Bruno e nel video – che circolò moltissimo online e in tv – si rivolge al carabiniere chiamandolo “pecorella”. Un anno e mezzo dopo un articolo di Wu Ming su Internazionale racconta – in prima persona – che cosa è successo dopo a Marco Bruno.
Mi chiamo Marco Bruno, sono nato a Torino il 19 gennaio del 1984. La mia famiglia ha origini calabresi. Mio papà è di Cicala, vicino a Catanzaro. Sono cresciuto ad Avigliana, in val di Susa, e adesso vivo a Giaveno, in Borgata Dalmassi, con la mia compagna Arianna e nostro figlio Pietro, che quand’è iniziata tutta ’sta storia aveva un anno e mezzo, mentre io ne avevo ventisette e Arianna trenta compiuti da poco.
Arianna lavora in un asilo nido. Io e alcuni amici abbiamo una cooperativa sociale, si chiama Amico. Ha la sede ad Almese e il magazzino a Sant’Ambrogio. Ci occupiamo di varie cose: verde pubblico, giardinaggio, ingegneria naturalistica, opere murarie, manutenzione di sentieri. Lavoriamo anche con l’azienda che gestisce la raccolta dei rifiuti in valle. Il presidente della cooperativa è don Luigi, che fino a poco tempo fa era il parroco di Almese, adesso l’hanno trasferito a Bussoleno.
Come la maggioranza di chi vive qui, sono un No Tav. La nostra terra sono anni che è in stato d’assedio e io, come tutta la mia famiglia e i miei amici, partecipo alle lotte contro un’opera che ci viene imposta con la forza e che è costosissima, inutile, pericolosa.
La quarta domenica di ogni mese, a parte d’inverno quando fa troppo freddo, io e Arianna vendiamo oggetti usati al mercatino delle pulci di Giaveno. Per l’uso del suolo pubblico, ogni volta si fa domanda scritta alla concessionaria del servizio, che è la pro loco. Si pagano 25 euro di plateatico e due marche da bollo da 14 euro e 60. Il mercatino dura dalle sette di mattina alle sei di sera.
Il 23 ottobre era una di quelle domeniche. Ma quel giorno c’era anche una manifestazione importante, la marcia Diamoci un taglio, che voleva dire: tagliamo le reti. In valle “le reti” vuol dire le recinzioni del cantiere in val Clarea.
Nell’area della Maddalena che sta tra Giaglione e Chiomonte, c’è un cantiere di 29mila metri quadri che – lo abbiamo detto tante di quelle volte! – è illegale. I lavori sono partiti senza che fosse approvato un progetto esecutivo. È anche protetto da recinzioni che sono abusive, perché non le trovi in nessuna carta progettuale. E infatti il comune di Chiomonte ha fatto un’ingiunzione, ha detto alla Ltf (Lione-Torino Ferroviaria) che quelle reti van buttate giù. Quella mattina un po’ di gente della valle e di amici della lotta No Tav dovevano trovarsi a Giaglione alle 10.30, e tutti insieme si sarebbe marciato fino alle reti, per tagliarle e aprire varchi. Un’azione da fare “a mani nude, a volto scoperto e a testa alta”, com’era scritto in tutti i comunicati e i volantini.
Io non potevo andare perché, appunto, avevo il mercatino.
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