I conti dell’onorevole Scalfarotto

Che li elenca e spiega, stipendio, spese e anacronismi parlamentari

di Ivan Scalfarotto - @ivanscalfarotto

Allora. In questo post trovate la situazione economica del mio mandato dopo il primo trimestre da parlamentare. Alla fine del post c’è il file completo con il dettaglio, e così sarà in seguito trimestralmente. Però, visto che siete curiosi, vi toccano alcune spiegazioni. Mi sono pur sempre occupato a lungo di direzione del personale, e un minimo di interesse per retribuzioni e dintorni mi deve essere rimasto.

La prima e più importante premessa, è che uso il mio stipendio secondo la mia libera, prudente (e però insindacabile) valutazione. Lo dico per specificare che la condivisione di questi numeri non ha in nessun modo lo scopo di discutere il modo in cui spendo i miei emolumenti di parlamentare, ma solo di illustrare quanto del mio stipendio è destinato all’attività politica e quanto all’uso personale, familiare e – ma non è il caso – all’accumulazione o al risparmio.

Mi perdonerete se non vorrò dunque partecipare in alcun modo a una discussione sul merito di come utilizzo i miei emolumenti. Non perché non tenga in considerazione i pareri di chi legge e di chi commenta, per carità. E’ solo che ognuno al mio posto farebbe diversamente e alla fine a decidere sul da farsi non posso che essere io.

Spero invece che questo “coming out” contabile serva anche come contributo alla discussione attualissima sullo stipendio dei parlamentari e sui costi della politica, di cui si parla molto e spesso a sproposito. Nell’analizzare quanto e come pagare deputati e senatori, bisognerà prima o poi tener conto non solo dei costi, ma anche del valore prodotto da chi rappresenta il popolo. Per essere più chiaro mi riferisco per fare un esempio alle difficoltà che, secondo i giornali, Ignazio Marino avrebbe incontrato nel reclutare gli assessori che aveva in mente appena eletto.

Offrire a qualcuno di occuparsi dei problemi di una metropoli come Roma per tremilacinquecento euro al mese, non dev’essere stato facile. Ora, capisco che secondo la nostra cultura cattolica il danaro è una variabile di cui non si dovrebbe tenere conto, ma, avendo fatto per anni il direttore delle risorse umane per una multinazionale americana, vi posso assicurare che le professionalità o le paghi o non le trovi. O meglio: meno le paghi e meno ne trovi, perché – senza moralismi – è legittimo aspirare, oltre che alle responsabilità e alla eventuale fama, anche a un equo corrispettivo per il lavoro che si fa. Certo, ci sono anche persone capacissime disponibili a lavorare gratis, ma io credo che l’interesse pubblico sia quello di attrarre i migliori in assoluto e non quello di pescare, per posizioni di responsabilità, solo tra coloro dotati di una specifica vocazione al volontariato.

Seconda importante annotazione. All’atto della candidatura il partito pugliese ha chiesto a tutti i candidati, e quindi anche a me, 30 mila euro di contributo. Sono riuscito a versarne 18 mila: 13 mila raccolti grazie a una colletta tra amici e conoscenti e attraverso il blog, 5 mila di tasca mia. Quindi, nel bilancino che trovate allegato, vedrete che i conti partono da -5.000.

Terza cosa. Noi parlamentari prendiamo ogni mese in busta paga 3.690 euro per i nostri collaboratori, di cui dobbiamo documentarne la metà. Per questo si potrebbe utilizzarne la metà per pagare il proprio assistente e intascare la differenza. Io ho invece deciso di versare l’intera somma al mio assistente, Alberto, con il quale lavoro dal 2009 e che secondo me è il più bravo del mondo e dunque, in un’ottica meritocratica, merita l’intera somma. Dato che Alberto ha dovuto trasferirsi da Milano a Roma insieme con me, gli fornisco un appartamento a Roma in comodato gratuito (mi costa 1.300 euro al mese), il resto va in busta paga. Sottratti tasse e contributi, rimangono netti in busta paga circa 1.500 euro al mese. A carico mio c’è anche il consulente del lavoro (più o meno 500 euro all’anno) che mi prepara i cedolini e gli F24 per i pagamenti INPS, IRPEF e INAIL.

Quarto. Al netto delle spese legate a vivere in un’altra città, ho da pagare l’affitto di casa a Roma. Costa 1.530 euro al mese, più o meno quanto mi sarebbe costato un hotel di media qualità per le notti (almeno 15 al mese a 100 euro a notte), in cui dormo a Roma. Ho preferito fare così perché in questo modo non mi sento più alienato, ho la sensazione di avere un luogo mio nei giorni in cui sono lontano da casa, dormo sempre nello stesso letto e non mi devo comprare continuamente camicie e biancheria perché ci hanno messo una riunione imprevista che mi ha costretto a restare una notte in più (peraltro dovendo cambiare albergo in corsa, perché gli hotel in genere non riescono a prolungare il soggiorno prenotato in precedenza).

Quinto punto. Pago ogni mese 1.500 euro al Pd. Da questo mese di giugno, contribuisco con 800 euro mensili anche alla Fondazione Big bang. A maggio ho anche versato 2.000 euro al Comitato lombardo che ha sostenuto Renzi alla primarie, per aiutare a pagare spese risalenti alla campagna dello scorso autunno.

Sei. Ho fatto un paio di donazioni. 500 euro al Gay Pride di Barletta, per aiutare l’organizzazione. 550 euro li ho versati anche a sostegno della candidatura di Estella Marino al Comune di Roma. Due ottimi investimenti: Estella è stata eletta trionfalmente e il Pride di Barletta è stato un successo.

Settima annotazione. Cerco di andare in Puglia, in particolare a Foggia, quanto più spesso è possibile: sono stato eletto lì e mi sembra doveroso tenere un contatto con quel territorio. La maggior parte delle volte che vado in Puglia, ci vado con Alberto perché io non guido e lui mi aiuta a massimizzare il tempo, consentendomi di partecipare a più riunioni a ogni visita in modo che non sarebbe possibile utilizzando i trasporti pubblici. Quando ci andiamo i costi sono i seguenti: aereo o treno per lui (io, in quanto parlamentare, non pago), macchina da noleggiare e benzina, albergo per entrambi, di regola c’è anche almeno un pasto per entrambi. A spanne, sono circa 500 euro se andiamo in due, circa 200 se ci vado da solo. Per il prossimo resoconto trimestrale, conto di avere una carta di credito ad hoc per documentare queste spese in modo più preciso.

Ottavo: ho scoperto a un certo punto che ho bisogno di un addetto stampa. Se lavori anche tanto ma non lo fai sapere, è come non lavorare. Ho chiesto dunque a una mia amica che fa molto bene questo mestiere – che mi ha fatto un prezzo di strafavore – se mi può dare una mano. Andranno via 1000 euro + IVA al mese.

Nona postilla. Non ho indicato spese di taxi (per esempio: da e per Fiumicino, sono 50 euro a tratta) e di telefono perché ci vengono forfettariamente rimborsate con una somma specifica in busta paga, indipendentemente dalla spesa effettiva.

La conclusione è che per tre mesi e mezzo di lavoro (dal 15 marzo al 30 giugno 2013) la parte di stipendio che mi è rimasta disponibile per spese personali e per mandare avanti, insieme al mio compagno, casa e famiglia, è stata di 7.589 euro. Divisi per 3.5 mesi, fanno un totale di 2.168 euro al mese netti.

Note a margine e a commento. Preferirei che la Camera mi desse meno soldi e più servizi. Che non mi costringesse a pagare Alberto di tasca mia, ma che fosse assunto dall’istituzione che ha già un’amministrazione del personale e che quindi non dovrebbe avere grandi problemi ad aggiungere tutti gli assistenti dei parlamentari sul proprio “payroll”. Questo, peraltro, uniformerebbe i trattamenti dei collaboratori e garantirebbe la regolarità dei rapporti di lavoro. Insomma, non è un caso che quando facevo il dirigente mai mi sia capitato che un’azienda mi dicesse: “Ecco la sua segretaria. Bene, ora se la assuma”.

Preferirei che non mi dessero rimborsi di taxi e telefono a forfait, ma che mi dessero un telefono aziendale. Questo succede, con grandi risparmi, in tutte le aziende del mondo in cui i dipendenti devono fare un uso estensivo del telefono: si fa una bella convenzione con un operatore ottenendo sconti sostanziosi sui grandi numeri di abbonamenti che nessuno di noi come singolo cliente è in grado di ottenere. Vorrei poi che mi rimborsassero taxi, alberghi e ristoranti a piè di lista (invece che a forfait) tutte le volte che viaggio per lavoro. Il forfait incoraggia a non spendere, e invece noi dobbiamo viaggiare per fare bene il nostro lavoro.

In ultimo, rinuncerei anche a delle comodità un po’ anacronistiche come il barbiere e il ristorante che abbiamo alla Camera (molto utili, dato che spesso non abbiamo un minuto tra una seduta di aula e una di commissione) ma che mi dessero un ufficio, che quello sì mi serve per lavorare. In questo momento me ne è stato assegnato uno, piccolo, ma è in condivisione col mio amatissimo collega Davide Faraone. Ci stiamo dentro in 4: lui, io e i nostri due collaboratori. Conclusione, ho dovuto fare un’intervista radiofonica alla BBC in un corridoio, perché non ho un ufficio per ricevere un corrispondente estero. E se abbiamo una telefonata riservata, si va a finire di nuovo in corridoio.

Semplicemente, insomma, mi piacerebbe molto che la Camera dei deputati mi mettesse in condizione di lavorare bene. Che mi dicesse una volta e per tutte quanto guadagno, quanto vale il mio lavoro, quanto resta a me. Che invece di versarmi 12 mila euro al mese, che poi devo spendere in mille rivoli – perdendo pure delle mezze ore al computer per fare dieci bonifici a ogni fine mese – mi desse semplicemente uno stipendio e tutti i servizi che mi servono. Un ufficio non in condominio, un assistente parlamentare assunto dalla Camera, un telefono, la possibilità di spostarmi e di comunicare ai miei concittadini cosa sto provando a fare in questo ruolo, insieme ai miei colleghi, per il Paese e per il suo futuro.

bilancioscalfarotto