La vita avventurosa di Marc Rich
È morto mercoledì il finanziere americano che diventò "il fuggitivo più famoso del mondo" e fu graziato da Clinton nell'ultimo giorno del suo mandato
Mercoledì 26 giugno è morto a Lucerna, in Svizzera, il finanziere Marc Rich. Aveva 78 anni ed era stato al centro di molti scandali e vicende controverse: diventò enormemente ricco per i suoi affari sul mercato delle commodities e ottenne la grazia dal presidente Clinton – nel suo ultimo giorno in carica – dopo aver ricevuto accuse tanto gravi da finire nella lista dei dieci più ricercati fuggitivi dell’FBI.
Marc Rich era nato con il nome di Marcell David Reich ad Anversa, in Belgio, e si era trasferito con i suoi genitori negli Stati Uniti nei primi anni Quaranta, prima a Kansas City e poi nel quartiere del Queens a New York. A 18 anni, quando la sua famiglia aveva ormai cambiato il proprio cognome in uno che suonasse più americano, un amico di suo padre gli trovò un lavoro alla Philipp Brothers, allora la più grande società del mondo nel commercio dei metalli.
Questo fu il suo ingresso nel mercato delle commodities, cioè quei beni che possono essere facilmente immagazzinati e che non hanno differenze qualitative tra un produttore e l’altro. Gli esempi tipici sono i prodotti agricoli come cacao, caffè e zucchero, i metalli come l’oro o il rame e le materie prime come il gas naturale o il petrolio. Rich si rivelò abilissimo: dopo qualche anno dal suo ingresso in azienda dirigeva l’ufficio di Madrid, e cominciò a sviluppare idee nuove.
Rich è stato tra i primi a sviluppare un sistema per la vendita e l’acquisto immediato del petrolio, invece di basarsi sui tradizionali contratti a lungo termine che erano preferiti dalle grandi società internazionali. In quel periodo cominciò a stringere i primi affari con l’Iran, allora un alleato americano sotto il governo dello Scià.
Nel 1973 Rich e un collega alla Philipp Brothers, Pincus “Pinky” Green, lasciarono la società in disaccordo con la dirigenza e fondarono la Marc Rich AG, l’antenata della Glencore International, oggi un gigante mondiale nel settore delle commodities (Rich vendette il suo 51 per cento nel 1993). La nuova società aveva sede nella cittadina svizzera di Zug, e da lì Rich e Green cominciarono il loro ruolo di mediatori in una rete di compravendita di materie prime a breve termine, oggi nota come spot market.
Fecero molti soldi in poco tempo, approfittando delle basse tasse svizzere e di comportamenti spesso ai limiti della legalità. Tra i loro clienti ci furono Cuba, la Libia, l’Iran durante l’embargo statunitense e il Sudafrica dell’apartheid. Attraverso passaggi societari molto complessi, Rich e Green furono in grado di vendere il petrolio iraniano e iracheno agli Stati Uniti, a prezzi altissimi, durante la crisi petrolifera del 1973-74.
Nel 1981 Rich comprò insieme a un socio la 20th Century Fox. Rivendette la sua quota per 250 milioni di dollari a Rupert Murdoch tre anni dopo. A questo punto entra in gioco la vicenda per cui Rich divenne “il fuggitivo più famoso del mondo”. Nel 1983 un tribunale federale accusò Rich di una sessantina di capi di imputazione per i suoi affari degli anni precedenti, tra cui aver evaso circa 48 milioni di dollari di tasse dovute al fisco statunitense, aver commerciato in petrolio con l’Iran durante l’embargo, frode e associazione a delinquere. Era il più grande caso di evasione fiscale della storia degli Stati Uniti e Rich rischiava fino a 300 anni di carcere.
Ma in quel momento Rich si trovava in Svizzera: cominciò così la sua vita da fuggitivo, protetto dal rifiuto della Svizzera di arrestarlo ed estradarlo, ma rischiando più volte l’arresto nel corso degli anni nel Regno Unito, in Giamaica e in Finlandia. L’FBI lo mise per anni nella sua famosa lista dei criminali più ricercati dagli Stati Uniti, paese in cui Rich non rimise più piede dal 1983.
Nel frattempo Rich faceva una vita lussuosissima tra i suoi possedimenti in Svizzera, Israele e Spagna, cercando di rinunciare alla cittadinanza americana – non ci riuscì per questioni burocratiche – e prendendo negli anni quelle del Belgio, della Spagna e di Israele. Quanto alle accuse contro di lui negli Stati Uniti, Rich diceva che aveva sempre agito all’interno della legge: gli affari con l’Iran, per esempio, erano giustificati dal fatto che la sua società era svizzera e dunque l’embargo non valeva. Ad ogni modo, la sua società si dichiarò colpevole di alcuni reati fiscali negli Stati Uniti e pagò una multa di 130 milioni di dollari.
Il 20 gennaio del 2001, nell’ultimo giorno del suo mandato, poche ore prima di lasciare la Casa Bianca a George W. Bush, Bill Clinton gli concesse la grazia presidenziale. Anche se le grazie all’ultimo minuto non sono infrequenti, il fatto causò un grandissimo scandalo. I critici di Clinton dissero che Rich era stato graziato a causa delle donazioni fatte dalla sua ex moglie al partito democratico americano.
Sicuramente Rich aveva molte conoscenze tra le persone più potenti degli Stati Uniti e non solo: prima ancora di ricevere la grazia, l’ex direttore del Mossad israeliano Shabtai Shavit lo ringraziò pubblicamente perché i suoi agenti potevano usare gli uffici di Rich in giro per il mondo, e in suo favore si espresse anche il re di Spagna Juan Carlos I. Rich, che collezionava Van Gogh e Picasso, era famoso anche perché spendeva molti soldi in attività filantropiche in giro per il mondo e pagava di tasca sua per la causa del trasferimento in Israele degli ebrei dall’Etiopia, dallo Yemen e da altri paesi.
Sulla grazia di Clinton fu aperta un’inchiesta, che però non trovò le prove di nessun reato, né delle presunte donazioni a Hillary Clinton di soldi e mobili in cambio dell’intervento presidenziale. Clinton disse che aveva agito su consiglio dei suoi più importanti esperti legali. L’allora viceministro della Giustizia Eric Holder (oggi ministro nell’amministrazione Obama) aveva dato parere favorevole alla grazia, ma poche settimane dopo disse che, esaminata meglio la questione, si era pentito della sua decisione. Nel 2012 Forbes stimò la fortuna di Rich in 2,5 miliardi di dollari.
Foto: AP Photo/Urs Flueeler