Internet è diversa
Le regole esistenti devono essere adattate, altrimenti non funzionano, scrive Massimo Mantellini commentando una nuova proposta di legge
di Massimo Mantellini
Scelta Civica ha presentato in questi giorni una proposta di modifica alla legge sulla stampa che ripropone in maniera quasi letterale una norma sull’obbligo di rettifica già presentata qualche mese fa, fortemente osteggiata e poi accantonata, definita dai suoi critici con il nome di legge “ammazzablog”. La proposta attuale intende cancellare il carcere per i reati di diffamazione a mezzo stampa (date anche le recenti vicende di cronaca che hanno riguardato il giornalista Alessandro Sallusti) e di estendere a Internet norme sull’obbligo di rettifiche già previste per i giornali.
Come è accaduto altre volte nell’ultimo decennio in progetti di legge che si occupano di Internet, la proposta è molto vaga nella sua parte più rilevante, vale a dire, la delimitazione di quali siano i soggetti sottoposti alla norma. Lo saranno certamente i siti web degli editori e le testate web registrate; lo saranno poi, se l’italiano non è un’opinione, tutte le pagine web (i cosiddetti siti informatici) compresi i blog, come recita l’art.1. Ognuno di questi soggetti – e stiamo parlando di centinaia di migliaia di siti web, buona parte della Internet italiana – dovrà rispondere in tempi rapidissimi (48 ore) a qualsiasi richiesta di rettifica da parte di chiunque si sia sentito diffamato. In caso contrario sono previste ammende fino a 50.000 euro. Quindi la prima cosa da chiarire da parte degli estensori della proposta è questa: è corretto affermare che qualsiasi soggetto che mantenga una pagina web in rete sarà sottoposto alla norma?
Nel caso in cui questa ipotesi sia corretta (se non lo è mi sembra evidente che l’articolo dovrà essere ampiamente riscritto) mi domando se ci si renda conto della pericolosità di una simile proposta. Non mi riferisco solo all’ovvio mancato presidio di molte pagine web, gestite nella maggioranza dei casi a livello amatoriale dai soggetti più vari che certamente non potranno in sole 48 ore trovarsi pronti alla pubblicazione della rettifica richiesta, ma anche al ricatto normativo che costringerà chiunque, specie i soggetti più deboli, a pubblicare qualsiasi rettifica, anche la più improbabile, per evitare il rischio anche remoto di una ammenda. Non è in questo modo che si tutelano i diritti dei diffamati: non creando una situazione di grande incertezza che riguarda la libera espressione del pensiero di tutti i cittadini. Vi è poi una questione consuetudinaria che la norma ignora completamente perché appare pensata e scritta esattamente come se Internet e i suoi funzionamenti propri non esistessero. Imporre obblighi di rettifica su Internet dove la rettifica e l’aggiornamento fanno parte del bagaglio culturale – e della natura tecnica – di moltissimi siti e dove esiste una grandissima variabilità di esposizione fra soggetti differenti è altra cosa dall’immaginarle per la stampa. Si tratta di una sorta di presunzione di colpevolezza legata al mezzo (e alla sua libertà, o anarchia come direbbe qualcuno) che ben si accorda con una tendenza molto evidente in Parlamento negli ultimi tempi: ed è un sistema per adottare le logiche tipiche della comunicazione top-down ad un ambiente dove invece i rapporti e le relazioni sono sovente di tutt’altra natura. Una proposta del genere spiega molto bene perché legiferare senza conoscere Internet, applicando alla rete le categorie note e consolidate del mondo precedente è un errore che non possiamo continuare a ripetere.
– La diffamazione e internet: la discussione tra Massimo Mantellini e Stefano Dambruoso