Perché le Borse vanno male?
I giornali di oggi dicono che c'entra "l'effetto Fed", cioè la banca centrale americana: di cosa si tratta, spiegato semplice
Giovedì 20 giugno 2013 le principali borse del mondo hanno chiuso con pesanti perdite: l’indice principale della Borsa di Milano, il FTSE Mib, ha perso il 3,09 per cento, più o meno quanto le altre borse europee, mentre l’indice Dow Jones di New York ha perso il 2,34 per cento, la peggior seduta del 2013. Molti giornali di oggi hanno messo in prima pagina la notizia dei forti cali delle borse e hanno parlato dell'”effetto Fed”, oltre a notare che sono aumentati i rendimenti dei titoli di Stato (sul mercato secondario, cioè quelli dei titoli già emessi) e che si è allargato l’ormai celebre spread.
L’effetto Fed
Secondo tutti gli analisti, le perdite delle borse di ieri sono dovute a un annuncio fatto la sera di mercoledì 19 giugno da Ben Bernanke, il presidente della Federal Reserve (Fed), la banca centrale degli Stati Uniti. Bernanke ha annunciato che, vista la buona crescita dell’economia americana, la Fed ridurrà gradualmente fino a interromperlo il suo programma di easing quantitativo conosciuto con la sigla QE3 (cos’è? ci arriviamo). Secondo gli ultimi dati ufficiali, l’economia americana è cresciuta nei primi mesi del 2013 a un ritmo del 2,4 per cento su base annua.
Bernanke aveva già accennato a un possibile rallentamento del piano il 22 maggio scorso, e bastò quell’accenno a provocare, il giorno successivo, un’altra brutta giornata per le borse mondiali: allora fu particolarmente colpita la Borsa di Tokyo, che calò di oltre il 7 per cento (il risultato peggiore da circa due anni).
Che cos’è il QE3
Il terzo turno del programma di Quantitative easing (QE) della Fed è iniziato a settembre del 2012 ed è la continuazione di una politica monetaria della banca centrale americana cominciata nel 2008, per contrastare gli effetti della crisi finanziaria.
Di solito, una banca centrale attua una politica monetaria “espansiva” quando compra titoli di Stato del paese in cui opera: in questo modo, aumentandone la domanda, abbassa i tassi di interesse di quei titoli sul mercato. Le banche centrali compiono questa operazione agendo solitamente sui titoli di Stato a breve scadenza.
Abbassare il tasso di interesse è importante perché, se questo cala, prendere in prestito dei soldi diventa più conveniente (bisognerà pagare meno interessi in futuro): in questo modo, la banca centrale può fare un’azione di “stimolo” all’economia – azione che deve essere bilanciata e dosata con cura per evitare conseguenze indesiderate – e rendere la concessione del credito da parte delle banche più conveniente.
Ma se i tassi di interesse sono già molto bassi, vicini allo zero, non è evidentemente possibile abbassarli ulteriormente, e qui entrano in gioco politiche monetarie “non convenzionali” come il QE. I programmi di easing quantitativo consistono nel comprare non solo titoli di Stato a breve termine, ma anche altri titoli più a lunga scadenza e particolari tipi di obbligazioni emesse dalle società: un’operazione che è molto più complessa e rischiosa.
Il punto centrale è che in queste situazioni la banca centrale non agisce con l’obiettivo principale di ottenere un particolare livello dei tassi di interesse, ma stabilisce all’inizio del programma la quantità di titoli da comprare (da cui il nome, “easing quantitativo”): la principale cosa su cui si interviene è quindi la quantità di moneta in circolazione. Oltre agli Stati Uniti dopo la crisi finanziaria del 2008, anche diversi altri paesi del mondo hanno utilizzato queste operazioni di easing quantitativo: la Banca del Giappone ne ha lanciata una enorme ad aprile del 2013, nel tentativo di porre fine a vent’anni di scarsa crescita economica.
La Fed ha cominciato alla fine del 2008 il primo round del QE, a cui ne è succeduto un altro a novembre 2010 e un terzo iniziato a settembre 2012. La Fed ha cominciato a comprare soprattutto due cose: i Treasury bonds o T-bonds (cioè buoni del Tesoro americano con scadenza superiore ai 10 anni) e obbligazioni ipotecarie (cioè obbligazioni emesse da società e garantite da immobili in possesso dell’emittente), e lo ha fatto in grande quantità. Gli acquisti all’interno del QE3 sono oggi di un valore pari a diverse decine di miliardi di dollari al mese.
Buone e cattive notizie
La Fed prevede che, tra il 2013 e il 2014, l’economia americana andrà molto bene e la disoccupazione calerà decisamente. La crescita prevista per il 2014 è del 3-3,5 per cento, un altro 2,4 per cento è previsto per quest’anno, e quindi il programma QE3 si avvia ad essere lentamente rallentato e poi interrotto, perché l’economia non ha più bisogno dello “stimolo” straordinario della banca centrale costituito dall’easing quantitativo. Naturalmente, se ci fossero improvvisi peggioramenti delle condizioni economiche, la Fed potrebbe cambiare idea e ricominciare gli acquisti.
La ripresa economica sembra una gran bella notizia. Perché quindi le borse sono crollate, ieri? Il motivo – posto che in un’economia complessa i motivi sono sempre diversi e interconnessi – è che i mercati finanziari stanno agendo già ora in previsione di quello che succederà nel 2014, quando il QE3 sarà finito. Come spiega il blog economico Phastidio, gli investitori avevano acquistato nei mesi scorsi titoli che garantissero un alto rendimento, come obbligazioni societarie o investimenti in paesi emergenti, dato che la Fed stava intervenendo sui tassi di interesse anche a lungo termine. Poi la Fed ha annunciato che interromperà il programma e i mercati hanno cominciato a muoversi “come se” i tassi di interesse fossero tornati a salire, vendendo i loro titoli nei mercati emergenti e le obbligazioni societarie.