I Rosenberg e la bomba atomica
Sessant'anni fa furono uccisi gli unici due civili condannati a morte per spionaggio durante la Guerra fredda, accusati di aver rivelato all'URSS come costruire la bomba atomica
di Davide Maria De Luca – @DM_Deluca
Il 19 giugno del 1953, sessant’anni fa, Julius ed Ethel Rosenberg vennero uccisi nel penitenziario di Sing Sing, a New York. Due anni prima erano stati condannati a morte per spionaggio: secondo il giudice i Rosenberg avevano consegnato all’Unione Sovietica informazioni su come costruire la bomba atomica. Durante il processo e dopo l’esecuzione, intellettuali di tutto il mondo accusarono gli Stati Uniti di aver processato i Rosenberg con accuse false, per nascondere i successi scientifici sovietici e per soddisfare la paranoia anticomunista del paese. Soltanto negli ultimi anni una serie di testimonianze e di documenti resi pubblici hanno rivelato cosa c’era di vero e cosa di falso, nel processo che portò alle uniche due condanne a morte di civili americani per spionaggio nel corso di tutta la Guerra fredda.
L’inizio della guerra fredda
Il processo ai Rosenberg cominciò pochi anni dopo l’inizio della Guerra Fredda, il conflitto “sotterraneo” che oppose gli Stati Uniti all’Unione Sovietica dalla fine della Seconda guerra mondiale fino alla caduta del muro di Berlino nel 1989. La Guerra Fredda non sfociò mai in un confronto aperto tra le due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, ma nei primi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale in molti erano convinti che a impedire alla guerra di diventare calda, diciamo, fosse solo la bomba atomica e il suo enorme potere distruttivo – un’arma che all’epoca possedevano soltanto gli Stati Uniti.
Quattro anni dopo la fine della guerra, nel 1949, l’Unione Sovietica testò la sua prima arma nucleare: la cosa spaventò molto l’opinione pubblica americana. La guerra tra Stati Uniti e Unione Sovietica sembrava improvvisamente possibile, con tutte le sue eventuali devastanti conseguenze. In molti, compresi moltissimi politici, sostennero che non era possibile che i russi avessero ottenuto la bomba così in fretta: qualcuno doveva aver passato loro delle informazioni segrete. Questa prospettiva accentuò l’anticomunismo negli Stati Uniti, un fenomeno cominciato negli anni Venti e che negli anni Cinquanta sarebbe stato associato – soprattutto una sua corrente aggressiva, ossessiva e paranoica – al nome del senatore Joseph McCarthy: il maccartismo.
I coniugi Rosenberg
Julius Rosenberg era un ingegnere elettronico. Era nato a New York nel 1918, da una famiglia di immigrati di origine ebraica. Ethel Greenglass aveva tre anni più di lui, era nata anche lei in una famiglia di origine ebraica, a New York, nel 1915. Entrambi erano attivisti politici di sinistra e si conobbero frequentando la Young Communist League, un’organizzazione giovanile di estrema sinistra. Julius si arruolò nell’esercito e nel 1940 prestò servizio in un centro di ricerca militare. Nel 1945 fu scoperta la sua vicinanza ai comunisti e fu licenziato.
Nel febbraio del 1950, poco dopo il primo test atomico in Unione Sovietica, l’FBI arrestò Kalus Fuchs, un tecnico che venne accusato di aver passato informazioni ai russi sulla bomba nucleare. Il suo arrestò portò all’identificazione di altre presunte spie, ognuna delle quali, interrogata, rivelò un altro anello della catena. Uno degli ultimi a essere arrestati fu David Greenglass, un militare che lavorava a Los Alamos, il centro di ricerca che aveva sviluppato la prima bomba atomica americana. Greenglass decise di collaborare con gli investigatori in cambio di uno sconto di pena. Disse che aveva consegnato a Julius Rosenberg, marito di sua sorella Ethel, dei documenti segreti e che questi documenti erano stati copiati proprio da Ethel. Julius Rosenberg fu arrestato il 17 luglio 1951, Ethel fu arrestata l’11 agosto dello stesso anno.
Il processo
Il processo cominciò il 6 marzo del 1951. Julius Rosenberg era accusato di essere il capo di una cellula di spie di cui facevano parte anche sua moglie Ethel e un altro attivista di sinistra, Morton Sobell. I principali accusatori erano David Greenglass e sua moglie Ruth. Tutto il processo ruotava intorno a un episodio avvenuto nel settembre del 1945, quando, secondo i Greenglass, Julius ricevette da David dei documenti segreti sulla bomba atomica ed Ethel li ricopiò. Di fatto all’epoca non c’erano prove, a parte la testimonianza diretta dei Greenglass.
Il 5 aprile del 1951 i coniugi Rosenberg furono condannati a morte (qui la prima pagina del New York Times il mattino successivo). Greenglass fu condannato a 15 anni e Sobell a 30. Durante la lettura della sentenza, il giudice Irvin Kaufman disse:
Considero il vostro crimine peggiore dell’omicidio. Io credo che la vostra condotta abbia messo nelle mani dei russi la bomba atomica molti anni prima di quanto avevano previsto i nostri migliori scienziati e che questo fatto abbia già causato l’aggressione comunista in Corea, che ha portato già a 50 mila morti, mentre nessuno sa quanti altri milioni di innocenti potrebbero pagare il prezzo della vostra infedeltà alla nazione. Con il vostro tradimento avete senza dubbio alterato il corso della storia a sfavore della vostra nazione.
La sentenza fu eseguita due anni dopo nel penitenziario di Sing Sing. Julius venne dichiarato morto dopo le tre scariche che venivano utilizzate di solito sulla sedia elettrica. Ethel invece dopo tre scosse era ancora viva. Le furono date altre due scariche – usciva del fumo da sotto l’elmetto della sedia elettrica, raccontò un testimone – e fu poi dichiarata morta.
Durante il processo, dopo la condanna e l’esecuzione, moltissimi intellettuali di sinistra in tutto il mondo difesero i coniugi Rosenberg, accusando gli Stati Uniti di aver inscenato un processo farsa per soddisfare la paranoia dell’opinione pubblica. Tra gli altri sostennero questa tesi Bertolt Brecht, Dashiell Hammett, Frida Kahlo e suo marito Diego Rivera, Jean Paul Sartre e Pablo Picasso. Il Papa, Pio XII, chiese pubblicamente che ai Rosenberg venisse risparmiata la pena di morte.
All’epoca della condanna i Rosenberg avevano due figli, Micheal e Robert, di 10 e 6 anni. Negli anni successivi i due figli portarono avanti una campagna per dimostrare l’innocenza dei loro genitori, chiedendo la diffusione di documenti secretati e portando avanti diverse cause legali.
Come andò veramente
Negli ultimi anni la pubblicazione di una serie di documenti, sia in Unione Sovietica che negli Stati Uniti, e le testimonianze di alcuni dei protagonisti, hanno aiutato a fare un po’ di chiarezza sul caso dei Rosenberg. Si è scoperto che molte delle accuse erano vere, mentre altre erano state manipolate.
Nel 1995 furono pubblicate una serie di comunicazioni russe intercettate dai servizi segreti americani e inglesi negli anni Quaranta e Cinquanta. Queste comunicazioni – chiamate in codice VENONA – rivelarono che Julius Rosenberg aveva davvero un qualche tipo di rapporto con i servizi segreti russi, anche se i figli non ritennero quelle intercettazioni una prova credibile della colpevolezza dei loro genitori, anche perché nei messaggi di VENONA non si faceva quasi nessuna menzione della loro madre, Ethel Rosenberg.
Le accuse contro di lei sono diventate sempre più deboli negli ultimi anni. Nel 2001 David Greenglass rivelò che accusando Ethel aveva compiuto una falsa testimonianza. Non ricordava chi avesse trascritto i documenti segreti in quella sera del settembre 1945. Spiegò che aveva accusato sua sorella per proteggere la moglie, Ruth e che fu incoraggiato a farlo dagli investigatori e dai magistrati che portavano avanti l’accusa.
Il racconto di Greenglass fu confermato nel 2008, quando vennero resi pubblici i documenti del gran giurì, l’udienza segreta che portò all’inizio del processo contro i Rosenberg. Nel corso del gran giurì Ruth Greenglass disse che era stata lei a trascrivere il documento segreto: al processo, qualche mese dopo, Ruth cambiò versione e sostenne che era stata Ethel a trascriverlo. Queste rivelazioni sembrano confermare uno dei sospetti diffusi già all’epoca del processo: Ethel Rosenberg venne coinvolta nel processo come mezzo per fare pressioni su suo marito, Julius, e ottenere da lui una confessione in cambio del prosciogliemento della moglie.
Nel 2008 l’altro attivista coinvolto nel processo, Martin Sobell, confessò al New York Times che sia lui che i Rosenberg erano stati delle spie. Confermò che Ethel Rosenberg era in qualche modo a conoscenza delle attività del marito, ma che non lo aiutò mai attivamente. Le parole di Sobell hanno convinto anche i figli dei Rosenberg. Una settimana dopo l’intervista di Sobel, ammisero che i loro genitori avevano davvero compiuto attività di spionaggio a favore dell’Unione Sovietica.
L’unica questione rimasta aperta era se davvero, come aveva scritto il giudice Kaufman, lo spionaggio dei Ronseberg aveva “cambiato la storia”, consegnando ai russi il segreto della bomba atomica. Dopo molti anni la risposta sembra essere negativa. Secondo quanto hanno scritto molti esperti, che hanno preso in esame i documenti copiati da Julius, né lui né Greenglass capivano niente di energia nucleare e questo influenzò i documenti che rubarono e il modo in cui li copiarono.
Nel 1989 Boris V. Brokhovich, il direttore dell’impianto di arricchimento del plutonio con cui fu costruita la prima bomba atomica sovietica, confermò quest’impressione. In un’intervista al New York Times, Brokhovich raccontò che lo sviluppo della bomba in Russia «fu un processo fatto di tentativi ed errori. Non ottenemmo niente dai Rosenberg. Li avete fatti sedere sulla sedia elettrica per niente».