Perché si protesta in Brasile?
Migliaia di persone manifestano da giorni in un paese che non ha problemi di democrazia e ha (aveva?) un'economia in salute: non c'entrano solo gli stadi
Da sei giorni decine di migliaia di brasiliani stanno manifestando in diverse città del Brasile contro alcune politiche decise dalla presidente Dilma Rousseff. Nonostante non ci sia uniformità completa nelle ragioni delle proteste, ci sono almeno due critiche che accomunano la maggior parte dei manifestanti: il governo di Brasilia è accusato di avere aumentato del 7 per cento il costo dei trasporti pubblici, e di avere sostenuto troppe spese per l’organizzazione di due grandi eventi sportivi che si terranno nel paese nei prossimi 3 anni – i Mondiali 2014 e le Olimpiadi 2016 – sacrificando così gli investimenti in altri settori come la sanità e l’istruzione.
Accanto alle molte manifestazioni pacifiche, in questi giorni ci sono stati anche molti danneggiamenti a banche e automobili, e anche saccheggi di negozi di televisori ed elettrodomestici, come era accaduto durante i “riots” di Londra del 2011. Le proteste sono state riprese molto dalla stampa di tutto il mondo, sia per le loro dimensioni – molti osservatori dicono che siano le più grandi degli ultimi vent’anni – sia perché si stanno tenendo nei giorni in cui si gioca la Confederations Cup, a cui sta partecipando anche la nazionale italiana di calcio.
Molti hanno iniziato a chiedersi quali siano le vere motivazioni che hanno spinto così tante persone a protestare contro il governo brasiliano, visto che fino a poco tempo fa il Brasile era considerato una delle economie nel mondo più in espansione, e con grandi margini di crescita. A uno sguardo superficiale, infatti, il Brasile sembra non avere nessuna di quelle grandi caratteristiche che spesso generano proteste di questa intensità e durata: non ha un governo autoritario né lo stato di salute della sua democrazia sembra essere in pericolo, non ha una crisi economica in corso. Anzi, il Brasile in questi anni è stato spesso considerato uno dei paesi con l’economia più in salute del pianeta, la B dell’acronimo BRICs che insieme a Russia, India e Cina rappresenta il gruppo delle superpotenze emergenti.
L’economia brasiliana sta davvero così bene?
Fino a qualche tempo fa sì, ora meno. Nel 2012 il Brasile ha superato il Regno Unito come sesta economia del mondo, rispondendo molto meglio alla crisi economica e finanziaria mondiale che ha colpito duramente molti paesi d’Europa, ed è considerato da diversi anni una “superpotenza delle risorse naturali”, come lo ha definito Bloomberg, grazie alle sue grandi riserve di minerali di ferro, potenziale idroelettrico, petrolio in acque profonde e alluminio. L’espansione economica, aiutata anche da diversi piani governativi di incentivi al consumo, ha fatto sì che nell’ultimo decennio circa 40 milioni di brasiliani passassero da una condizione di relativa povertà a far parte della cosiddetta “classe media”, aumentando le proprie aspettative economiche e di qualità di vita. Il merito di questo successo viene attribuito soprattutto a Luiz Inácio da Silva, politico socialista ed ex sindacalista che è stato presidente del Brasile dal 2002 al 2010. A Lula è succeduta Dilma Rousseff, economista e sua compagna di partito.
Da due anni, però, la crescita economica del Brasile sembra essere rallentata di molto. Nel 2011 il PIL brasiliano è cresciuto “solo” del 2,7 per cento, il secondo peggior risultato dal 2003, mentre nel 2012 è andata ancora peggio, con una crescita dello 0,9 per cento (nel 2010 il PIL era cresciuto del 7,5 per cento). Già nel 2012 diversi analisti avevano cominciato a parlare di una perdita della competitività internazionale dell’economia brasiliana: John Welch, analista strategico del “CIBC World Markets”, banca di investimenti sussidiaria della Candian Imperial Bank of Commerce, disse a Bloomberg: «Loro [i brasiliani] stanno dando la colpa dei loro problemi al tasso di cambio, ma hanno ignorato le riforme strutturali». Secondo molti analisti il modello di sviluppo del Brasile dell’ultimo decennio si è basato sull’espansione dei consumi e quindi del credito: molti brasiliani appartenenti alle fasce più deboli della popolazione hanno potuto comprare macchine, televisioni e altri prodotti che prima non si potevano permettere, migliorando la loro qualità di vita ma raggiungendo livelli di debito non più sostenibile, nonostante siano stati tagliati dal governo i tassi d’interesse.
Corruzione, evasione fiscale e cattiva gestione del denaro pubblico
Le riforme strutturali, oltre a essere richieste in riferimento a piani industriali e di investimento nel settore pubblico, hanno riguardato anche una serie di inefficienze nella gestione del potere e degli affari da parte della classe politica del Brasile. Associated Press ha scritto che nel corso degli anni i brasiliani hanno imparato ad accettare come un costo inevitabile, almeno in parte, gli illeciti dell’amministrazione pubblica. Secondo la Federazione delle Industrie di São Paulo, il governo di Brasilia perde più di 47 miliardi di dollari ogni anno per l’evasione fiscale, per la cattiva gestione del denaro pubblico e per la diffusa corruzione nel settore pubblico.
In realtà la tendenza degli ultimi anni è sembrata essere opposta, grazie a una serie di impegni presi da Rousseff mirati a punire i politici coinvolti in casi di corruzione, che avevano beneficiato fino a quel momento di una specie di immunità giudiziaria informale. Durante il primo anno della sua presidenza, diversi ministri del governo si dimisero per essere rimasti coinvolti in casi poco chiari di assegnazione di contratti pubblici.
Alla fine di ottobre 2012 si era anche concluso con 25 condanne il cosiddetto “caso mensalão“, considerato il più grande scandalo politico della storia del Brasile, che si riferiva a una serie di reati legati al finanziamento illecito di campagne elettorali e corruzione di esponenti di diversi partiti politici. Le condanne arrivate per il “caso mensalão” avevano fatto sperare molti in un cambio netto di politiche contro la corruzione: la stessa coalizione che sosteneva Rousseff aveva appoggiato due anni prima, nel 2010, una legge che vietava la candidatura a incarichi politici pubblici a chiunque fosse stato condannato per una serie di reati, tra cui la compravendita di voti e il finanziamento illecito della campagna elettorale.
I problemi degli stadi e dei loro costi
Nonostante la lotta alla corruzione portata avanti da Rousseff, molte inefficienze sono rimaste e si sono viste chiaramente nella gestione dei lavori negli impianti sportivi per i Mondiali 2014 e le Olimpiadi 2016. La spesa totale, finora, è stata di circa 7 miliardi di reais, 2,5 miliardi di euro: quasi tutti soldi pubblici, nonostante la promessa di un coinvolgimento del settore privato quando i Mondiali vennero assegnati al Brasile nel 2007. La cifra complessiva è già il triplo del totale speso dal Sudafrica per organizzare i Mondiali del 2010. L’Economist ha scritto che nei piani iniziali i soldi pubblici dovevano servire per i trasporti e la sistemazione degli spazi urbani. Molti dei lavori in quei settori sono stati avviati in ritardo o cancellati, viste le lentezze nel reperimento dei fondi e la priorità data agli stadi.
E qui torniamo alle proteste di questi giorni: secondo diversi osservatori, le centinaia di migliaia di persone che stanno protestando da quasi una settimana appartengono alla classe media, cioè quella parte della società brasiliana che ha beneficiato maggiormente della grande espansione economica dell’ultimo decennio e che ora si aspetta di vedere soddisfatte le proprie aspettative sulla qualità della vita. La contrazione dell’economia degli ultimi due anni ha provocato diversi effetti molto negativi sulla classe media. Per prima cosa, c’è stato un aumento molto significativo dell’inflazione: secondo quanto riferito il 10 aprile dall’agenzia statistica brasiliana IBGE, negli ultimi 12 mesi l’inflazione è stata del 6,6 per cento, e il settore alimentare è quello in cui l’aumento sembra avere avuto maggiore impatto. Un caso di cui si parlò molto ad aprile fu quello dei pomodori brasiliani costosissimi, 5 euro al chilo, che aveva provocato anche diverse proteste tra la popolazione e alcuni politici in parlamento.
Inoltre, molti brasiliani credono che i soldi – tanti soldi – spesi per la costruzione degli impianti sportivi potessero essere usati per migliorare le pessime condizioni in cui si trovano molte scuole e ospedali del paese. Questi investimenti sono stati visti come risultato di una pessima politica, che per troppi anni ha potuto fare più o meno quello che voleva senza rischiare troppo di pagarne le conseguenze a livello giudiziario. Le ricadute positive dei Mondiali e delle Olimpiadi sull’economia brasiliana, in cui sperano politici e organizzatori, arriveranno eventualmente solo dopo quegli eventi.
In questo senso, l’aumento del prezzo dei trasporti pubblici è stato il provvedimento che ha scatenato le proteste di moltissimi brasiliani: la reazione violenta della polizia ha alimentato le critiche al governo, e spinto molti giovani e appartenenti alla classe media a proseguire le manifestazioni; infine, l’attenzione internazionale sul Brasile per le partite di Confederations Cup ha rappresentato il momento giusto per far sì che delle proteste parlasse tutto il mondo.