La guerra delle consolle
Perché si scrive così e chi vince tra PS4 e Xbox One, secondo Matteo Bordone
di Matteo Bordone – @matteobordone
La parola viene dal francese, e in Italia si pronuncia con accento sulla seconda “o”, alla francese, e non all’inglese con accento sulla prima “o”, a testimonianza del fatto che i cugini ce l’hanno passata direttamente, senza che i panni fossero risciacquati in Tamigi o Hudson. Anche se poi sui giornali vale spesso la convenzione grafica anglofila (dice che è più «moderna», come se fossimo nel 1960, quando si diceva «offside» perché «fuori gioco» faceva cafone), diciamo consòl e dovremmo scrivere “consolle”. Facciamo anche finta di niente, ma è così.
La console onoraria a questo giro è la Wii U, un oggetto dedicato solo ad alcuni appassionatissimi, cambio di direzione brusco per Nintendo che è reduce dal successo planetario della Wii. La Wii U venderà una frazione delle unità vendute dagli altri, ma la Modiano di Kyoto da sempre se ne frega (quasi): a differenza della concorrenza, Nintendo guadagna sugli apparati che vende, uno per uno, e non commercializza l’hardware a basso prezzo per occupare quote di mercato. Quindi ne venderanno meno, ma guadagneranno quello che guadagneranno. Fanno così da sempre; poi imbroccano un’altra bomba tipo Wii o DS, e tornano a sbancare. Per ora osservano. Alla fiera Nintendo aveva uno stand enorme pieno di postazioni di gioco con titoli nuovi interessanti (tra cui Bayonetta 2 e Pikmin 3, per dire).
Le altre due console domestiche oggi sul mercato sono PS3 di Sony e Xbox360 di Microsoft. La seconda è sostanzialmente un pc a basso prezzo dedicato ai giochi, con i pregi e i difetti del caso: potenza di calcolo “normale” ma grande facilità di programmazione. La PS3 usa un processore che all’uscita, nel 2007, rappresentò un vero passo avanti: Cell, sviluppato insieme a IBM e Toshiba, è talmente potente che in molte università le PS3 sono state usate per costruire dei supercomputer economici e efficienti, fatti di decine di console messe in parallelo. Detto questo, ha costretto in tutti questi anni gli studi di sviluppo a realizzare versioni dedicate, e capaci di girare su Cell, dei giochi; la versione per Xbox 360 invece era più facile in sé perché funzionante su una piattaforma condivisa e arcinota, e più economica perché quasi identica a quella per PC.
Per qualche anno, in questa fase di crisi, con il rapido ritorno dei giochi per PC, i produttori hanno temuto che le console fossero sul punto di morire, e che fossero sostituite da tablet e cellulari, che oggi sono il settore più emergente del mercato videoludico, anche se offrono caratteristiche tecniche molto inferiori a qualsiasi altra console, e garantiscono guadagni veramente alti solo se sei finlandese, ti chiami Rovio e hai inventato Angry Birds. Alla luce di queste difficoltà, e per non costringere gli studi ed editori a impazzire con versioni diverse per console diverse, Microsoft e Sony hanno deciso che la cosiddetta nextgen userà architettura PC. Il processore della PS4 è un AMD a otto nuclei, e quello di Xbox One è un doppio AMD con quattro nuclei ciascuno, cioè più o meno la stessa cosa.
La guerra delle console si combatterà a partire da novembre del 2013, quando le due macchine di Sony e Microsoft usciranno sul mercato. Xbox One sarà più forte sul mercato americano, Sony su quello asiatico, e probabilmente l’Europa sarà un terreno di scontro decisivo. All’E3, fiera del settore appena terminata a Los Angeles, le due aziende hanno annunciato il prezzo delle proprie macchine: 499$€ per Xbox One e 399€$ per la PS4. Xbox One costa 100 soldi di più, ma nel prezzo è compreso il Kinect (opzionale per l’attuale Xbox 360), sensore visivo e acustico che permette di controllare giochi e macchina con la voce o con i movimenti del corpo. Non è un accessorio che abbia avuto il successo sperato, e nessun gioco che usi Kinect ha finora sfiorato il successo di prodotti omologhi per Nintendo Wii, ma tant’è, è contenuto nella confezione.
Non è solo sul prezzo che Sony ha vinto questo primo scontro, ma forse con ancora maggiore forza ha schiacciato una palla alzata da Microsoft qualche settimana fa, ma sopra al proprio canestro. Phil Harrison di Microsoft ha spiegato a maggio, subito dopo la presentazione della nuova macchina, che la Xbox One cercherà di scollare il gioco dal suo supporto fisico: i dati contenuti sul disco acquistato saranno installati sulla macchina, e a quel punto non sarà più necessario inserire il disco. Prima di vendere l’usato, quindi, sarà necessario stornare quel gioco dalla propria Xbox One, per evitare che un solo acquisto dia origine a una progenie di copie funzionanti. La console, anche in ragione di questa tecnologia, dovrà essere sostanzialmente always-on, cioè sempre connessa alla rete. Questi dettagli hanno scatenato presso gli appassionati un boomerang di fastidio, preoccupazione, isterismi paranoici retaioli e sarcasmo. Sony ha potuto dire semplicemente che PS4 sarà come PS3, per vendere o prestare un gioco usato basterà darlo fisicamente a qualcuno, alla vecchia maniera, così; inoltre la PS4 funzionerà anche senza connessione di rete.
Il futuro vuole effettivamente che sempre più giochi si muovano in digitale e la filiera si alleggerisca. Catene come GameStop sono destinate a perdere mercato, visto che lo stesso gioco da 60€ venduto in download costa 10€ meno e rende 10€ di più all’editore. Il passo falso di Microsoft è ulteriormente assurdo, visto che nel giro di due o tre anni una buona parte del mercato sarà già digitale, e il legame tra copia del gioco e console singola sarà implicito. Qualche sistema per un secondo mercato dell’usato si troverà? Non si sa. È sicuro che spaventare adesso gli utenti su un tema ancora tutto da definire, e in questo periodo di crisi, è stato un errore grave. Chi ha una connessione debole o inaffidabile sarà spinto verso la macchina giapponese; questo nonostante Sony abbia comprato Gaikai, piattaforma di cloud gaming che permetterà prima o poi, e non si sa per quale tipo di gioco, di demandare non tanto la conservazione dei dati ma proprio il calcolo necessario al gioco, il lavoro dei processori, alla nuvola.
foto: Kevork Djansezian/Getty Images