Chi è Hassan Rouhani
Il nuovo presidente dell'Iran, eletto al primo turno, era uno dei due candidati "moderati" (ma anche l'unico rappresentante del clero)
Hassan Rouhani ha vinto al primo turno le elezioni presidenziali iraniane del 14 giugno 2013, ottenendo poco più del 50 per cento dei voti (circa 18,6 milioni) secondo le cifre comunicate dal ministro dell’Interno iraniano Mohammad Mostafa Najjar. Per la ratifica del voto – da parte di Ali Khamenei, la Guida Suprema – si dovrà però attendere il 3 agosto.
Rouhani ha sconfitto nettamente gli altri cinque candidati, quasi tutti appartenenti al gruppo conservatore: era uno dei due a rappresentare il fronte moderato insieme a Gharazi, con posizioni meno intransigenti su una serie di temi fondamentali per i rapporti tra l’Iran e gli stati occidentali. La vittoria di Rouhani, che appartiene al clero sciita, è stata in parte sorprendente per il largo margine con cui è arrivata, circa il 50,7 per cento dei voti.
Chi è Hassan Rouhani
Hassan Rouhani, 64 anni, ha avuto un ruolo di primo piano in diversi organismi della sicurezza nazionale iraniana. Parla cinque lingue: oltre al persiano anche l’inglese, il tedesco, il francese, il russo e l’arabo e ha ottenuto un dottorato in legge alla Glasgow Caledonian University. Hassan Rouhani è stato membro dell’Assemblea degli Esperti dal 1999, membro del Supremo consiglio di sicurezza nazionale dal 1989 e capo del Centro per la ricerca strategica dal 1992. Il ruolo più importante ricoperto fino a oggi è stato però quello di negoziatore capo con l’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, riguardo al controverso programma nucleare iraniano.
Il candidato “moderato”
Rouhani era considerato un candidato – e ora un presidente – “centrista”: durante la campagna elettorale ha fatto appello di voto sia ai conservatori tradizionali, sia agli elettori riformisti. Tra i sei candidati ammessi alle elezioni dal Consiglio dei Guardiani – l’organo più potente e influente dell’Iran – era anche l’unico appartenente al clero sciita.
Alle elezioni presidenziali si è presentato con l’appoggio di tutto il fronte riformista: la sua campagna elettorale è stata appoggiata dagli ex presidenti Mohammad Khatami e Akbar Hashemi Rafsanjani. Il candidato riformista Mohammad Reza Aref, nonostante fosse stato ammesso alle elezioni, ha deciso di ritirarsi in suo favore. Rouhani è un “moderato” nel senso di essere un conservatore pragmatico, che ha l’appoggio dei riformisti. Tutti i candidati alle elezioni hanno comunque l’appoggio più o meno esplicito dell’ayatollah Khamenei e tutti sono sostenitori della rivoluzione islamica (inclusi i riformisti).
Durante la campagna elettorale Rouhani è riuscito ad attirare folle numerose, anche grazie alla sua capacità di creare simboli e slogan che sono diventati ricorrenti tra i suoi sostenitori. In vista di una sua possibile elezione, Rouhani ha parlato spesso di riforme, promettendo, tra le altre cose, di liberare prigionieri politici e giornalisti incarcerati e di garantire i diritti civili.
La politica estera
Quello che ha differenziato di più Rouhani rispetto agli altri candidati è stata la questione dei rapporti con l’estero: nonostante abbia chiarito che l’Iran dovrebbe rimanere avversario degli Stati Uniti, Rouhani ha aggiunto che questa rivalità deve anche essere funzionale all’interesse nazionale iraniano e non – come è successo negli ultimi anni – avere il solo risultato di subire le sanzioni economiche imposte dai paesi occidentali. Durante i dibattiti televisivi, Rouhani ha affrontato diversi temi delicati e molto sentiti in ambito politico: su tutti il tema del nucleare, ma anche lo stato di crisi dell’economia iraniana e la condizione di estremo isolamento in cui si trova il paese rispetto alla comunità internazionale.
Negli anni in cui Hassan Rouhani ha portato avanti i negoziati sul programma nucleare iraniano con i paesi occidentali, è stato spesso accusato di accondiscendenza: tra il 2003 e il 2005 l’Iran decise di sospendere le attività connesse con l’arricchimento dell’uranio, per ottenere delle concessioni economiche. Il suo passato di negoziatore agevolerà forse i rapporti diplomatici con i paesi occidentali, particolarmente difficili durante gli anni di Mahmoud Ahmadinejad.
Dopo l’ufficialità del risultato elettorale il British Foreign Office – il ministero per gli Affari Esteri britannico – ha chiamato Rouhani per annunciare la propria collaborazione in favore di un nuovo corso di politica estera con l’Iran, oltre che sui temi del nucleare e dei diritti umani. La posizione della Casa Bianca sulla sua elezione è stata invece più neutra, nonostante alcuni portavoce abbiano fatto sapere che l’amministrazione di Obama rispetta il risultato del voto, pur sottolineando la mancanza di trasparenza durante la campagna elettorale, la censura dei mezzi di comunicazione e i casi di intimidazione (che hanno comunque segnato il voto per l’elezione del presidente).
Il candidato clericale
Hassan Rouhani è stato uno dei principali sostenitori della rivoluzione islamica in Iran e dell’ayatollah Ruhollah Mosavi Khomeini. Anche durante la campagna elettorale dell’ultimo mese, Rouhani ha spesso parlato di riforme senza mai contraddire nella sostanza le linee guida della Guida Suprema o quelle dettate da altre importanti istituzioni religiose, di cui egli stesso ha fatto parte. Secondo quanto riporta Fars News Agency, l’agenzia di stampa ufficiale iraniana, Rouhani ha spiegato che la sua vittoria deve essere considerata come «la vittoria dell’impegno e della religiosità», un aspetto fondamentale che quindi caratterizzerà probabilmente il suo mandato.
Alcuni hanno osservato infatti che il suo ruolo di rappresentante del clero sciita contraddice in parte con quanto detto durante la campagna elettorale, riguardo per esempio alla volontà di approvare una carta dei diritti civili nei confronti delle minoranze etniche e delle donne.
La vittoria di Hassan Rouhani rappresenta comunque un taglio netto con il suo predecessore, Mahmoud Ahmadinejad. Rappresenta il ritorno al potere di un membro del clero sciita e rafforza le istituzioni clericali che si erano divise nell’elezione del 2005, anno della prima elezione del conservatore Ahmadinejad. In precedenza, l’Iran aveva avuto una serie ininterrotta di presidenti rappresentanti del clero, dall’ultraconservatore Ali Khamenei nel 1981 fino al riformista Mohammad Khatami nel 2005.
Un punto centrale – e la diversità di Rouhani rispetto ai candidati conservatori – riguarda quello che ha detto di voler fare per ripristinare in parte i rapporti diplomatici con gli Stati Uniti, peggiorati dall’elezione di Ahmadinejad. Di fatto peserà ancora la figura dell’ayatollah Ali Khamenei, il più importante rappresentante politico e Guida Suprema dell’Iran: nel sistema politico iraniano il presidente è la seconda autorità più importante e detiene il potere esecutivo, anche se in realtà questo viene gestito da un “circolo ristretto” di 45-50 persone che limitano i suoi effettivi poteri.
Infine, Hassan Rouhani ha mostrato in passato alcune posizioni intransigenti: nel 1999 ad esempio, durante le manifestazioni studentesche contro la chiusura di un giornale riformista, Rouhani adottò una posizione molto dura, dicendo che i responsabili di atti di sabotaggio e quelli che avrebbero distrutto le proprietà dello stato avrebbero dovuto essere puniti con la morte.
Foto: BEHROUZ MEHRI/AFP/Getty Images