Si vota in Iran
Le migliori foto della campagna elettorale e le cose da sapere: ci sono 6 candidati, quello "riformista" è anche l'unico col turbante (e gli piace il viola)
Venerdì 14 giugno si terranno le elezioni presidenziali in Iran, che serviranno a scegliere il successore dell’attuale presidente, Mahmoud Ahmadinejad, in carica dall’agosto del 2005. Sulla stampa di tutto il mondo si è parlato molto del voto di venerdì, soprattutto perché alle ultime elezioni presidenziali, quelle del 2009, migliaia di persone protestarono contro la discussa vittoria di Ahmadinejad, che fa parte dello schieramento conservatore. Il movimento dell’Onda Verde, guidato dai riformisti Mehdi Karrubi e Hussein Moussavi, aveva fatto sperare a molti stati occidentali, tra cui gli Stati Uniti, in un cambio politico importante alla presidenza dell’Iran, che portasse il paese a essere meno intransigente nella sua politica estera. Le cose però andarono diversamente, e i due leader dell’opposizione furono messi agli arresti domiciliari.
A quattro anni di distanza gli stati occidentali, ma anche molti altri paesi del Medio Oriente, tra cui l’Arabia Saudita e Israele, sperano che possa vincere il candidato moderato, Hassan Rouhani, che ha posizioni piuttosto aperte al dialogo sul tema del nucleare iraniano.
I candidati rimasti in gara
Sono sei, anche se a presentare la candidatura al Consiglio dei Guardiani – l’organo più potente e influente in Iran – sono stati in 686. Il 21 maggio scorso era stato diffuso l’elenco delle liste ammesse al voto. I candidati ammessi erano stati solo otto, e tra gli esclusi spiccavano due nomi: Esfandiar Rahim Mashaei, consuocero e fedele alleato di Ahmadinejad, e Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, già presidente dell’Iran, conservatore ma da alcuni anni molto vicino a posizioni più moderate. I due erano visti come una minaccia da Ali Khamenei – che è la Guida Suprema dell’Iran, ovvero la più importante e potente figura politica del paese – e la loro esclusione aveva provocato diverse critiche e proteste tra i loro sostenitori.
Degli otto candidati ammessi altri due si sono ritirati: si tratta del conservatore Gholam Ali Haddad Adel, e dell’unico riformista la cui candidatura era stata approvata dal Consiglio dei Guardiani, Mohammad Reza Aref. I candidati rimasti per succedere ad Ahmadinejad sono quindi sei (in verde i conservatori, in rosso i moderati).
– Saeed Jalili: capo negoziatore iraniano sul nucleare, uno dei personaggi politici più vicini a Khamenei.
– Mohammad Bagher Ghalibaf: sindaco di Teheran dal 2005 e veterano della guerra tra Iran e Iraq degli anni Ottanta.
– Mohammad Gharazi: ex ministro del Petrolio ed ex ministro delle Telecomunicazioni.
– Mohsen Razaee: ex comandante delle Guardie Rivoluzionarie che aveva già partecipato alle elezioni del 2009.
– Hassan Rouhani: ex capo della sicurezza nazionale e membro dal 1999 dell’Assemblea degli Esperti.
– Ali Akbar Velayati: ministro degli Esteri in diversi governi, è attualmente il consigliere di Khamenei sulle questioni legate alla politica estera.
Chi è il candidato col turbante (ma moderato)
È Hassan Rouhani, 64 anni, che dopo avere ricevuto diverse importanti dichiarazioni di sostegno importanti negli ultimi giorni sembra essere il candidato di punta dello schieramento moderato. Tra le questioni che più lo differenziano dagli altri candidati, c’è quella dei rapporti con l’estero: nonostante, come gli altri, abbia chiarito che l’Iran dovrebbe rimanere avversario degli Stati Uniti, Rouhani ha aggiunto che questa rivalità dovrebbe essere funzionale all’interesse nazionale iraniano, e non – come è successo negli ultimi anni – avere il solo risultato di subire le sanzioni economiche imposte dai paesi occidentali. La cosa curiosa di Rouhani è che, pur essendo il candidato su cui sembrano puntare molti riformisti, è l’unico con il “turbante”: il Washington Post ha spiegato in parte questa particolarità, raccontando come lo schieramento dei religiosi sciiti iraniani si sia diviso molto negli ultimi anni, dando vita a diversi orientamenti che rappresentano sia posizioni politiche moderate sia quelle conservatrici.
L’attenzione nei confronti di Rouhani è cresciuta molto nelle ultime settimane, grazie anche alla sua capacità di richiamare a simboli e slogan che sono diventati ricorrenti tra i suoi sostenitori. Il viola, per esempio, è diventato il colore della sua campagna elettorale: durante i suoi interventi pubblici molti suoi sostenitori si sono vestiti con magliette viola, oppure si sono legati dei nastri dello stesso colore alle mani o alle dita, e le donne hanno indossato hijab viola. Durante una manifestazione organizzata sabato scorso a Teheran, Rouhani si è presentato ai suoi sostenitori con in sottofondo “Ay Iran“, una canzone pre-rivoluzionaria amata da molti iraniani.
Rouhani ha ricevuto pubblicamente il sostegno di due ex presidenti: il riformista Mohammad Khatami e il conservatore (più o meno) Rafsanjani. Tra tutti i candidati, Rouhani è probabilmente quello meno vicino alla Guida Suprema, anche se non si può dire che ne sia oppositore: in molti credono che abbia possibilità di vittoria, anche se alcuni candidati conservatori vicino alla Guida Suprema sembrano essere ancora molto forti.
La campagna di “phishing” denunciata da Google
Nelle ultime settimane si è discusso molto anche del grado di libertà in cui si svolgeranno le elezioni presidenziali. Il 12 giugno anche Google si è inserita in questo dibattito, pubblicando sul suo blog un post in cui denuncia l’esistenza, da almeno tre settimane, di una grande campagna di “phishing” in Iran. Il “phishing” è un tipo di truffa compiuta in Internet in cui il truffatore inganna la vittima convincendola a fornirgli informazioni personali sensibili, come le credenziali di un conto corrente bancario o la password per accedere alla casella mail, come nel caso denunciato da Google. Secondo l’azienda la campagna di “phishing” sarebbe legata alle prossime elezioni presidenziali:
«Per quasi tre settimane, abbiamo individuato ed eliminato diverse email contenenti truffe (“phishing”) finalizzate a compromettere gli account di decine di migliaia di utenti iraniani. Queste campagne, che hanno origine all’interno dell’Iran, rappresentano un significativo salto nel volume totale delle attività di phishing nella regione. Il tempismo e gli obiettivi della campagna fanno pensare che gli attacchi siano politicamente legati alle elezioni presidenziali iraniane di venerdì»
Non è ancora chiaro il motivo per cui sia stata messa in piedi la campagna di “phishing”, anche se sembra sia molto simile a un’altra campagna, portata avanti nel 2011 sempre in Iran, scoperta dopo che erano stati compromessi i servizi di una società informatica olandese. Google ha invitato i suoi utenti a proteggere con più attenzione i dati personali.