Save the Children: 5% minori tra 7-15 anni costretto a lavorare
Roma, 11 giu. (LaPresse) – Nel nostro Paese oltre il 5% dei minori di età compresa tra i 7 e 15 anni è coinvolto nel lavoro minorile. E’ quanto emerge dall’indagine sul lavoro minorile, la prima dopo oltre 10 anni, realizzata dall’Associazione Bruno Trentin e da Save the Children. Il rapporto è stato presentato oggi a Roma alla vigilia della Giornata mondiale contro il lavoro minorile 2013, nel corso di un convegno alla presenza del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Enrico Giovannini, del sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria e del segretario generale della Cgil Susanna Camusso.
Sono 260mila i pre-adolescenti ‘costretti’ a lavorare già giovanissimi a causa delle condizioni familiari, di un rapporto con la scuola che non funziona o per far fronte da soli ai loro bisogni, e sono 30mila i 14-15enni a rischio di sfruttamento che fanno un lavoro pericoloso per la loro salute, sicurezza o integrità morale, lavorando di notte o in modo continuativo, con il rischio reale di compromettere gli studi, di non avere neanche un piccolo spazio per il divertimento o mancare del riposo necessario.
Si inizia anche molto presto, prima degli 11 anni (0,3%), ma è col crescere dell’età che aumenta l’incidenza del fenomeno (3% dei giovanissimi 11-13enni), per raggiungere il picco di quasi 2 su 10 (18,4%) tra i 14 e 15 anni, età di passaggio dalla scuola media a quella superiore, nella quale si materializza in Italia uno dei tassi di abbandono scolastico più elevati d’Europa (18,2% contro una media nell’Europa dei 27 del 15%).
Il lavoro minorile non fa differenze di genere (il 46% dei minori 14-15enni che lavora sono femmine). Le esperienze di lavoro dei minori tra i 14 e 15 anni sono in buona parte occasionali (40%), ma 1 su 4 lavora per periodi fino ad un anno e c’è chi supera le 5 ore di lavoro quotidiano (24%). La cerchia familiare è l’ambito nel quale si svolgono la maggior parte delle attività. Per il 41% dei minori si tratta infatti di un lavoro nelle mini o micro imprese di famiglia, 1 su 3 si dedica ai lavori domestici continuativi per più ore al giorno, anche in conflitto con l’orario scolastico; più di 1 su 10 lavora presso attività condotte da parenti o amici, ma esiste un 14% di minori che presta la propria opera a persone estranee all’ambito familiare.
Tra i principali lavori svolti dai minori fuori dalle mura domestiche prevalgono quelli nel settore della ristorazione (18,7%), come il barista o il cameriere, l’aiuto in cucina, in pasticceria o nei panifici, seguito dalla vendita stanziale o ambulante (14,7%), dove si fa il commesso o toccano le pulizie, insieme al lavoro agricolo o di allevamento e maneggio degli animali (13,6%), ma non manca il lavoro in cantiere (1,5%), spesso gravoso e pieno di rischi, o quello di babysitter (4%). In ogni caso, ciò che emerge dalla ricerca partecipata qualitativa che ha coinvolto 163 minori a Napoli e Palermo, è lo scarso valore delle attività svolte da ragazze e ragazzi anche giovanissimi, che di fatto non insegnano nulla e non possono quindi essere messe a capitale per una futura professione.
Meno della metà dei minori che lavorano tra i 14 e 15 anni dichiara di ricevere un compenso (45%), di questi solo 1 su 4 lavora all’esterno della cerchia familiare.
“Nell’indagine – spiega Raffaele Minelli, responsabile divisione ricerca dell’Associazione Bruno Trentin – è stata ricostruita una mappatura delle aree a maggior rischio di lavoro minorile in Italia: il rischio più elevato è concentrato nel Mezzogiorno, ma non sono escluse zone del Centro-nord” . “Il lavoro minorile – dice ancora – è una misura del crescente disagio sociale che le politiche restrittive del welfare hanno prodotto, in concomitanza con l’ampliamento dell’area della povertà, delle attività irregolari e in nero e della scomparsa di migliaia di piccole aziende”.
“Incoraggiamo governo e parti sociali – commenta invece Lorenzo Guarcello, senior statistical analyst dell’Ilo, a nome del comitato scientifico che ha supervisionato l’attività di ricerca – ad utilizzare e a perfezionare questa buona pratica metodologica in vista di un monitoraggio statistico del lavoro minorile regolare e continuativo a livello nazionale, anche per facilitare l’adozione di un piano per monitorare e combattere il fenomeno, come previsto dalla Convenzione numero 182, che l’Italia ha sottoscritto impegnandosi ad adottare un piano d’azione “con procedure d’urgenza”.