Istanbul, quinta notte
Nonostante le scuse del vice di Erdogan per il comportamento della polizia, ci sono state nuove proteste e nuovi scontri in Turchia: le foto
Per la quinta notte consecutiva a Istanbul, in Turchia, ci sono stati scontri tra la polizia e i manifestanti, che da giorni protestano contro il governo conservatore di Recep Tayyip Erdogan, accusato di gestire il potere in modo autoritario. Gli agenti hanno sparato lacrimogeni e usato idranti per disperdere i manifestanti nella serata di martedì 4 giugno, nonostante poche ore prima il vice primo ministro Bulent Arinc si fosse scusato per la reazione eccessiva della polizia dei giorni scorsi.
Arinc aveva chiesto scusa alle centinaia di persone rimaste ferite negli scontri, ricordando che almeno inizialmente la manifestazione era “giusta e legittima”, e che l’uso eccessivo della forza da parte della polizia è stato un errore. Il vice primo ministro ha usato parole concilianti segnando una certa distanza da Erdogan, che da giorni sostiene posizioni piuttosto rigide contro le manifestazioni organizzate a Istanbul e in altre città della Turchia. Arinc incontrerà mercoledì 5 giugno alcuni manifestanti per ascoltare le loro ragioni, un ulteriore tentativo di avvicinamento per mettere fine alle proteste e alle violenze.
Dopo le dichiarazioni di Arinc, in piazza Taksim a Istanbul, il centro della protesta, i manifestanti hanno festeggiato urlando slogan e chiedendo ascolto al governo. Ma nella serata sono ripresi gli scontri con la polizia, che ha cercato di disperdere i manifestanti e di isolare alcuni gruppi di violenti, portando a una quinta notte di lanci di lacrimogeni da una parte e di pietre e altri oggetti dall’altra.
In segno di solidarietà con chi manifesta, la Confederazione dei sindacati dei lavoratori pubblici (KESK), uno dei quattro più importanti sindacati della Turchia, ha organizzato per mercoledì 5 giugno una seconda giornata di sciopero nazionale dopo quella di martedì 4. La Confederazione dei sindacati rivoluzionari dei lavoratori (DISK), un altro importante sindacato turco, ha annunciato l’adesione allo sciopero di mercoledì. Lo sciopero riguarderà principalmente il settore pubblico, dalla scuola all’università alla pubblica amministrazione.
In questi giorni le proteste sono proseguite non solo a Istanbul. A Smirne, nella Turchia centro-occidentale, nel pomeriggio di martedì 4 giugno diversi manifestanti hanno rotto alcune telecamere di sicurezza nel centro della città e ci sono stati isolati scontri con la polizia. Almeno 25 persone sono state arrestate nella zona, con l’accusa di avere fatto disinformazione e avere incitato alla violenza tramite i social network come Twitter. Domenica 2 giugno, Erdogan aveva definito Twitter una minaccia, sostenendo che «I migliori esempi di menzogne si possono trovare lì. Per me, i social media sono la peggior minaccia della società».
Fino a ora sono state confermate due morti legate alle proteste. Un ragazzo è morto dopo essere stato colpito da alcuni colpi di arma da fuoco ad Antiochia, e non è stato ancora identificato l’autore dell’omicidio. Un altro manifestante è morto a Istanbul dopo esser stato investito da un’auto che ha travolto il gruppo di persone con cui stava marciando per la città. Si stima che oltre 2.800 persone siano rimaste ferite negli scontri e che ci siano state centinaia di arresti.
Le proteste contro il governo sono iniziate il 28 maggio scorso, in seguito a una grande manifestazione organizzata contro il progetto per costruire un centro commerciale nel parco Gezi, nel centro di Istanbul. Le manifestazioni nei giorni successivi si sono estese ad altre città della Turchia e sono diventate una protesta contro il governo di Erdogan, accusato di essere sempre più autoritario e di mettere a rischio la laicità dello stato attraverso un progressivo processo di islamizzazione.