La quarta notte di Istanbul
Le foto delle proteste e degli scontri di stanotte in Turchia, tra barricate, idranti, mattoni, pellicola, smartphone, magliette con Ataturk e maschere anti-gas
La quarta notte di proteste a Istanbul contro il governo di Recep Tayyip Erdogan, in Turchia, è trascorsa con nuovi scontri tra i manifestanti e la polizia, seppure meno violenti rispetto la giornata precedente. Migliaia di persone si sono ritrovate in piazza Taksim, poco distante dall’ufficio del primo ministro Erdogan, urlando slogan contro il suo governo e chiedendone le dimissioni. Come era già avvenuto nella giornata di lunedì, gruppi di manifestanti hanno provato a forzare le barriere imposte dalla polizia, che ha reagito con il lancio di lacrimogeni e con l’utilizzo degli idranti, a cui i manifestanti rispondevano tirando pietre e altri oggetti. Anche in altre città della Turchia, soprattutto nella capitale Ankara, ci sono state manifestazioni e in alcuni casi scontri con gli agenti di polizia.
La Confederazione dei sindacati dei lavoratori pubblici (KESK), uno dei quattro più importanti sindacati della Turchia, ha annunciato per martedì 4 e per mercoledì 5 giugno due giornate di sciopero, dando così la propria solidarietà ai gruppi che dalla fine della settimana scorsa stanno protestando contro il governo, accusato di seguire politiche autoritarie e volte all’islamizzazione del paese.
Lo sciopero interesserà soprattutto il settore pubblico, dalla scuola all’università passando per la pubblica amministrazione. Il KESK ha accusato il governo conservatore di Erdogan di minacciare la democrazia e di avere istituito uno “regime del terrore” contro proteste pacifiche e civili.
Nel corso di una conferenza stampa, Erdogan ha respinto tutte le critiche e ha detto che è fuori luogo parlare di una “primavera turca” come hanno fatto i media in questi giorni, facendo riferimento alla cosiddetta “primavera araba” che negli anni scorsi ha portato alla caduta di alcuni regimi a partire da quello della Tunisia. Erdogan, che si trova in Marocco per una visita di stato, ha sostenuto che la situazione nel paese si sta calmando e che al suo ritorno in Turchia sarà tutto risolto.
Il presidente della Turchia, Abdullah Gul, sembra pensarla diversamente e ha cercato di essere più conciliante con le decine di migliaia di persone scese in piazza per protestare. Ha spiegato che se ci sono diversi punti di vista e opinioni “non c’è nulla di più naturale che avere la possibilità di esprimerli”. Finora, però, su indicazione del governo la polizia ha seguito la linea della fermezza nei confronti dei manifestanti. Gli scontri hanno causato l’arresto di centinaia di persone, molte delle quali rilasciate dopo una serie di accertamenti, il ferimento di migliaia di manifestanti e la morte di due persone.
Abdullah Comert faceva parte di una organizzazione giovanile del Partito Popolare Repubblicano (CHP), la principale forza di centrosinistra. Aveva 22 anni ed è morto lunedì ad Antiochia, in seguito ad alcuni colpi di arma da fuoco. Non è ancora chiaro chi gli abbia sparato, hanno spiegato le autorità locali. Sempre lunedì 3 giugno, le autorità avevano annunciato la morte di un altro manifestante, questa volta avvenuta a Istanbul, investito domenica da un’automobile che non si era fermata per fare passare un gruppo di manifestanti.
Le proteste di questi giorni in Turchia sono iniziate in seguito a una grande manifestazione, organizzata il 28 maggio, contro un progetto per costruire un centro commerciale nel parco Gezi, nel centro di Istanbul. Le proteste si sono estese nei giorni successivi ad altre città della Turchia e sono diventate delle generiche ma forti proteste politiche contro il governo di Erdogan, in carica dal marzo del 2003.