La sentenza d’appello del processo Eternit
L'imprenditore Stephan Schmidheiny è stato condannato a 18 anni di reclusione per disastro doloso dai giudici di Torino
Lunedì 3 giugno a Torino si è concluso il processo d’appello per il caso Eternit, l’azienda produttrice di un tipo di fibrocemento per l’edilizia contenente amianto, sostanza le cui fibre possono causare il cancro. I giudici hanno condannato a 18 anni di reclusione per disastro doloso l’imprenditore Stephan Schmidheiny. In primo grado era stato condannato a 16 anni. Nella sentenza di appello sono previsti anche risarcimenti per la Regione Piemonte e il comune di Casale Monferrato, in cui era attivo uno dei più grandi stabilimenti della Eternit.
È stato condannato a 18 anni di reclusione per disastro doloso l’imprenditore elvetico Stephan Schmidheiny, imputato a Torino nel processo Eternit sulle vittime dell’amianto. In primo grado era stato condannato a 16 anni. La Corte ha anche disposto provvisonali per 20 milioni di euro alla Regione Piemonte e di oltre 30,9 milioni per il comune di Casale Monferrato.
«In parziale riforma» della sentenza di primo grado, dunque due anni in più rispetto alla pena inflitta in primo grado, sono stati inflitti al magnate svizzero di 66 anni, unico imputato rimasto al processo Eternit dopo la morte, avvenuta il 21 maggio scorso, del barone belga Louis De Cartier De Marchienne, a 92 anni. In ogni caso, non avrebbe commesso il fatto prima del 1966. Il giudice Alberto Oggè ha anche stabilito la revoca nei suoi confronti delle sanzioni accessorie e civili, e di quelle civili per la Etex. Entrambi, Schmidheiny e De Cartier De Marchienne, erano stati condannati a 16 anni, il 13 febbraio 2012, per disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antinfortunistiche. Il pg Raffaele Guariniello aveva chiesto 20 anni di pena.
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foto: laPresse