Cambiare la Costituzione
È quello che suggerisce agli italiani il giornalista di Libération Eric Jozsef: «Arroccarsi in sua difesa è folle»
Nel dibattito sulle riforme della Costituzione, che in Italia è divenuto per cause di forza berlusconiana un rigido scontro tra sinistra conservatrice e destra sovversiva, il settimanale Internazionale pubblica un intervento di Eric Jozsef, corrispondente del quotidiano della sinistra francese Libération, e osservatore delle cose italiane negli ultimi vent’anni in cui ha vissuto a Roma.
A che serve una costituzione? In un periodo in cui in Italia si discute di riforme istituzionali, oltre che di cambiare la legge elettorale, la domanda non è per niente retorica.
Nel paese è ancora forte l’idea che la carta costituzionale italiana sia la più bella del mondo e che quindi debba essere difesa sempre e in ogni sua parte. Però, al di là dell’affermazione dei valori e dei princìpi in cui si riconosce la comunità nazionale, bisogna considerare che una costituzione ha fondamentalmente lo scopo di definire le regole che permettono l’esercizio del potere politico (legittimato dal voto popolare) e di garantire l’equilibro tra i poteri. Da questo punto di vista appare evidente che oggi le istituzioni italiane sono inadeguate.
Il bicameralismo perfetto, il predominio di fatto del potere legislativo (compensato da un uso abnorme dello strumento del decreto legge da parte dei governi) o anche lo scontro continuo tra potere politico e potere giudiziario mostrano tutti i limiti di un testo nato nell’immediato dopoguerra con l’imperativo – pensando al fascismo – di evitare di dare troppa forza all’esecutivo.
Ma in un mondo globalizzato che vive in modo accelerato, arroccarsi in difesa di una costituzione adatta a una situazione storica di settant’anni fa è semplicemente folle. Significa non volersi dotare di un governo in grado di prendere provvedimenti rapidi e incisivi e di far sentire la voce dell’Italia all’estero.
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