Le elezioni in Bhutan
Si è votato ieri per il primo turno: il paese himalayano ha una strana legge elettorale ed è la seconda volta in assoluto che si tengono elezioni democratiche
di Matteo Miele – @matteomiele
In Bhutan, piccolo regno himalayano tra Cina e India, si è votato il 31 maggio per il primo turno delle elezioni dell’Assemblea Nazionale, la camera bassa del Parlamento bhutanese. È la seconda volta in assoluto che si vota nel paese asiatico in elezioni democratiche, da quando la monarchia assoluta ha ceduto parte dei propri poteri.
Le elezioni per la camera alta, il Consiglio Nazionale, si erano tenute in aprile. Il Consiglio Nazionale è composto da venti consiglieri eletti nei venti distretti (dzongkhag) in cui è diviso il Bhutan e da altri cinque nominati dal re. I membri del Consiglio Nazionale, però, a differenza di quelli dell’Assemblea, non possono far parte di un partito politico.
Nelle elezioni del 31 maggio, invece, quattro partiti si contendevano i 47 seggi degli altrettanti collegi, ma soltanto due partiti, i più votati a livello nazionale (e non di collegio), accederanno al secondo turno, che si terrà il prossimo 13 luglio, riproponendo, in questo modo, un’Assemblea Nazionale rigidamente bipartitica. La legge elettorale bhutanese, infatti, prevede che vincere in uno o più collegi al primo turno, ma non
arrivare tra i primi due a livello nazionale, non permetta di arrivare al secondo turno e dunque di avere rappresentanza. È la prima volta che si vota con questo sistema del doppio turno: nel 2008 c’erano solo due partiti.
Hanno vinto il primo confronto elettorale i due partiti politici che erano già presenti nella scorsa legislatura, ovvero il DPT (Druk Phuensum Tshogpa), il partito dell’attuale primo ministro Jigmi Y Thinley – 60 anni e laureato presso la Pennsylvania State University – e il PDP (People’s Democratic Party). Il DPT, alle scorse elezioni di cinque anni fa, era riuscito a conquistare ben 45 seggi, lasciandone solo due all’opposizione del PDP, che in queste elezioni è stato di nuovo il secondo partito più votato.
Secondo i risultati pubblicati dal quotidiano di informazione Kuensel, non ancora definitivi, il DPT ha ottenuto oltre 93 mila voti, il 44,5 per cento, mentre il PDP 68 mila voti, il 32,5 per cento.
Tra gli altri partiti, molte aspettative si concentravano sul Druk Nyamrup Tshogpa, che era riuscito a candidare importanti personalità del paese: come ad esempio Singye Namgyel, ex direttore dello Sherubtse College, il più antico e importante college del Bhutan, e Sangay Zam, che fino a quest’anno aveva rappresentato il distretto di Thimphu (la capitale) nel Consiglio Nazionale e che aveva deciso, lo scorso marzo, di correre per un seggio dell’Assemblea nel collegio Thimphu-Nord. Il Druk Nyamrup Tshogpa è però arrivato soltanto terzo (intorno al 17 per cento dei voti), seguito dall’ultimo partito in ordine di preferenze, il Druk Chirwang Tshogpa (con poco meno del 6 per cento). Gli elettori chiamati a votare erano poco più di 380.000. Esclusi dal voto i religiosi, sulla base del principio di separazione tra politica e religione.
Il Bhutan venne fondato nel XVII secolo da un monaco tibetano, lo Shabdrung, ed è diventato una monarchia nel 1907 con Sir Ugyen Wangchuck, primo re del paese. L’attuale monarca, Jigme Khesar Namgyel Wangchuck, regna dal 2006, nel pieno della transizione verso la democrazia portata avanti dal padre – il quarto re del Bhutan, Jigme Singye Wangchuck – e concretizzatasi nel 2008 con la Costituzione. Da allora il paese ha abbracciato definitivamente i principi democratici.
Rimasto nel corso della sua storia plurisecolare sempre indipendente e, durante la Guerra fredda, rigorosamente non allineato, il paese, membro delle Nazioni Unite dal 1971, riveste tuttora un’importante funzione di stato-cuscinetto tra i due giganti dell’Asia, la Cina e l’India, in una regione, quella himalayana, che è terra di confronto tra Pechino e Nuova Delhi.
Solo un mese e mezzo fa alcuni soldati cinesi erano entrati in Ladakh, altra regione che rientra nell’universo culturale tibetano, ma appartenente all’India, e vi erano rimasti per tre settimane. Con l’India il Bhutan condivide strettissime relazioni politiche ed economiche: fanno parte entrambi della SAARC (South Asian Association for Regional Cooperation) e molti indiani lavorano nel paese.
Con la Cina, invece, non ci sono relazioni diplomatiche, a differenza dell’altro stato himalayano, il Nepal, che è diventato da alcuni anni una repubblica con saldi legami con la Cina Popolare. Il Regno del Drago Tonante (questa la traduzione del suo nome nella lingua ufficiale del paese, lo dzongkha) rimane dunque un fedele alleato di Nuova Delhi, proprio in quell’Asia meridionale dove la Cina sta cercando da tempo di accerchiare geopoliticamente l’India.
Foto: ROBERTO SCHMIDT/AFP/Getty Images