Dare un nome ai morti di Dacca
Il New York Times racconta che le procedure di identificazione dei morti nel crollo di aprile vanno a rilento, tra mancanza di mezzi e accuse al governo
Nel crollo del palazzo di otto piani di Dacca, in Bangladesh – il 24 aprile 2013 – sono morte oltre mille persone (1129 secondo gli ultimi dati ufficiali). Oltre trecento di queste non sono ancora state identificate e si sta cercando di risalire alla loro identità tramite i test del DNA, a partire da un’analisi di alcuni resti trovati sotto le macerie, soprattutto sulle ossa. Il lavoro è lungo e complesso e sta mettendo alla prova le strutture specializzate delle autorità del Bangladesh, uno dei paesi più poveri dell’Asia, mentre continuano le accuse al governo di voler nascondere l’entità reale del disastro.
Al National Forensic DNA Profiling Laboratory – un laboratorio governativo di Dacca – sono custodite circa trecento provette, che contengono pezzi di denti o schegge di ossa, ognuna con una propria etichetta. Giorno e notte, racconta il New York Times, alcune di queste provette vengono appoggiate su vassoi di metallo e fatte vibrare a un ritmo costante: questo processo, che dura circa due settimane, serve a decalcificare le ossa, al fine di poter raccogliere i dati sul DNA.
Oltre cinquecento persone hanno portato dei campioni di sangue, che servono ai dottori del laboratorio per risalire alle combinazioni genetiche. Spiega il New York Times che, oltre per riconoscere i propri familiari, identificare i morti serve anche per presentare al governo la domanda di risarcimento, in base a quanto è stato promesso dal primo ministro Sheikh Hasina e da alcune delle aziende che avevano la sede nel palazzo crollato.
Questo processo di identificazione potrebbe durare ancora diversi mesi e il laboratorio necessita di nuovi macchinari per la decalcificazione dei campioni ossei, e di altri tipi di programmi informatici molto costosi che servono per risalire all’identità delle persone attraverso il DNA. Bisogna anche considerare che sono stati commessi degli errori, durante i giorni successivi al crollo, nell’identificare i morti: Shaikh Yusuf Harun, vicecommissario del distretto di Dacca, ha detto che i corpi erano stati sistemati all’interno di una scuola e la gente passava tra loro per cercare di identificare i propri familiari. In alcuni casi, ci sono stati degli scambi di persona, che oggi rende ancora più complicato risalire alla verità.
Il vicecommissario ha raccontato inoltre che ci sono stati casi in cui alcune persone, dopo aver detto di aver riconosciuto i morti come propri familiari e chiesto il risarcimento iniziale – circa 250 dollari – hanno poi abbandonato i corpi vicino al cortile della scuola in cui venivano sistemati. Sheikh Hasina, il primo ministro, ha annunciato successivamente risarcimenti alle famiglie per più di 12 mila dollari, grazie all’uso di fondi pubblici e privati.
Al momento soltanto 150 famiglie hanno ottenuto una prima parte della quota promessa, pari a circa 1100 dollari. Si tratta di una cifra molto alta, difficile da ottenere per il governo: per questo, accusano i partiti dell’opposizione, si stanno complicando i procedimenti, se non altro per allungare i tempi, mentre altri continuano ad accusare il governo di aver nascosto dei cadaveri ritrovati nei giorni scorsi tra le macerie.