Che cos’è la cassa integrazione
Perché se n'è parlato parecchio in questi giorni e perché il governo la vuole riformare (ancora non si sa come), spiegato semplice
In queste ultime settimane si è parlato più del solito della Cassa integrazione guadagni (CIG), uno dei principali ammortizzatori sociali che esiste in Italia. Uno dei primi obiettivi del governo guidato da Enrico Letta è stato trovare le risorse per finanziare quella cosiddetta “in deroga” fino alla fine dell’anno (un obiettivo in qualche modo raggiunto). Ma se ne è parlato parecchio anche perché il governo ha detto di volerla cambiare.
La CIG ordinaria e straordinaria
La CIG è in sostanza un sussidio che, in particolari condizioni, viene erogato ai lavoratori di cui un’azienda chiede di fare a meno per un periodo di tempo limitato. Questo sussidio può essere parziale, quando i lavoratori subiscono una riduzione dell’orario di lavoro, oppure totale, la cosiddetta “cassa integrazione a zero ore”. Ad esempio, se i lavoratori di un’azienda vengono messi in cassa integrazione per quattro ore al giorno, su un orario lavorativo di 8 ore al giorno e di 40 ore la settimana, l’azienda continuerà a pagargli metà dello stipendio, mentre la cassa integrazione pagherà circa l’80% dello stipendio per le ore restanti.
Esistono sostanzialmente due tipi di CIG, più un terzo tipo che serve quando i primi due non possono essere utilizzati. La Cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO) si applica in caso di crisi temporanee di settore, eventi straordinari o comunque non legati alla volontà del datore di lavoro o dei lavoratori che costringono a una riduzione delle ore di lavoro. Ad aprile, circa un terzo delle 100 milioni di ore di CIG erano costituite da CIGO.
La Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) viene erogata in caso di crisi dell’azienda che non viene riconosciuta come crisi di settore o in un periodo di ristrutturazione dell’azienda (per esempio interventi che richiedono ad alcune linee di produzione di un’azienda di restare chiuse per un certo periodo). Ne possono fare richiesta soltanto le aziende che hanno più di 15 dipendenti. Nonostante sia formalmente “straordinaria”, la CIGS costituisce oggi circa il 60 per cento di tutte le ore di CIG.
Le procedure che portano all’erogazione per la CIGS non sono semplici: è richiesto che gli imprenditori si incontrino con i sindacati e che venga formulato un piano di rientro per i lavoratori cassaintegrati. Quanti e quali lavoratori dovranno essere sussidiati, e per quante ore, è spesso oggetto di lunghe contrattazioni (è quello che accade quando si dice che per la crisi di una certa azienda è stato aperto un “tavolo”).
Chi paga e per quanto
Le risorse per CIGO e CIGS vengono fornite dall’INPS e sono a loro volta finanziate da un contributo pagato da tutti i lavoratori e le imprese (in tutto, sulla busta paga, questi contributi costano circa il 3 per cento dello stipendio). Quando scatta la CIG (in qualsiasi forma) i lavoratori ottengono il diritto a un salario erogato fino a circa un migliaio di euro e comunque mai superiore all’80 per cento del salario precedente. La durata è variabile a seconda del motivo che ha portato alla richiesta, ma in genere il limite è di 36 mesi in un quinquennio.
La Cassa Integrazione in deroga
La CIG in deroga è la terza tipologia di cassa integrazione ed è quella di cui si è parlato molto in questi giorni perché il governo doveva trovare le risorse per finanziarla. A differenza di CIGO e CIGS, la CIG in deroga viene pagata con le risorse dello Stato o, come si dice in gergo, è “a carico della fiscalità generale”. La cassa integrazione in deroga esiste, nella forma attuale, dal 2009, ed è stata creata per gestire i casi straordinari arrivati con la crisi economica.
La CIG in deroga può essere richiesta da tutti i tipi di aziende, indipendentemente dal numero di dipendenti, e può integrare il salario di tutti i tipi di lavoratori, compresi gli apprendisti e i lavoratori a domicilio che non possono godere della CIGS. In sostanza lo scopo della CIG in deroga è permettere di avere accesso alle integrazioni salariali della CIG anche alle imprese più piccole e alle imprese più grandi che però hanno già superato i limiti di durata della CIGO e della CIGS. Un’altra differenza è che la CIG in deroga è decisa in tutti i casi dalla regione dove si trova lo stabilimento, anche se è pagata con i soldi dello Stato: l’ente locale ha la discrezionalità assoluta nel decidere se concederla o meno e su quanto farla durare.
Le critiche
La CIG nelle sue varie forme viene spesso accusata di tutelare più il posto di lavoro rispetto al lavoratore. Il concetto che sta alla base della CIG è quello di fornire una copertura ai dipendenti di una ditta in attesa di un miglioramento della situazione che permetta di reintegrarli. In questo senso protegge il posto di lavoro in quella determinata azienda, più che il lavoratore.
Ma non tutte le aziende che ricevono le varie forme di CIG sono destinate a riprendersi: i critici accusano quindi la CIG di mantenere in vita artificialmente dei posti di lavoro, anziché creare degli opportuni incentivi affinché i lavoratori ne cerchino di nuovi, oppure si riqualifichino per un’altra occupazione. La CIG in deroga ha ricevuto altre critiche, mirate al suo specifico funzionamento. Pietro Ichino, ad esempio, l’ha criticata diverse volte per l’arbitrarietà con la quale viene assegnata. La concessione o meno della CIG in deroga a un’azienda che ne fa richiesta dipende dalle risorse che vengono stanziate dallo Stato (come ad esempio è accaduto venerdì) e dalle decisioni della Regione a cui viene inviata la richiesta.
La Regione, in genere l’assessore che ha la delega al lavoro, ha la discrezionalità assoluta nel decidere se concedere o no la CIG in deroga: per questo motivo, il sistema è stato criticato perché può permettere che si verifichino abusi o ingiustizie. La cassa integrazione ha anche un altro effetto distorsivo: i lavoratori che ne usufruiscono non risultano tra i disoccupati e non incidono quindi sul tasso di disoccupazione.
Le ipotesi di riforma
Il governo Letta ha più volte annunciato di essere intenzionato a riformare la CIG. Pochi giorni fa il ministro del lavoro Enrico Giovannini, ha dichiarato che non è possibile rifinanziare la CIG senza pensare di «revisionarla». Una strada di riforma l’aveva intrapresa già il governo Monti quando aveva creato l’ASPI (che avevamo spiegato qui), entrata in vigore il primo gennaio di quest’anno: un’assicurazione contro la disoccupazione, disegnata per fornire un’indennità per un certo periodo a chi perde il lavoro non per sua volontà. A partire dal 2016 l’ASPI avrebbe dovuto gradualmente cominciare a sostituire la CIG. Al momento non è ancora chiaro se il governo Letta intenda seguire la stessa strada e, se sì, come la metterà in pratica.