Un’altra notte di rivolte a Stoccolma
Le foto della quinta notte di scontri e incendi: la polizia ha chiesto rinforzi, il governo ha detto che studierà nuovi programmi sull'integrazione degli immigrati
Per la quinta notte consecutiva ci sono state proteste e scontri in diversi quartieri periferici di Stoccolma, in Svezia. Nel quartiere di Rinkeby sono state bruciate sei auto, altre tre a Norsborg, nel sud; un principio di incendio si è verificato anche in una stazione di polizia, a Älvsjö, e in due diverse scuole, a Tensta e a Kista, vicino a Husby, il quartiere a nord della capitale dove la sera di domenica 19 maggio è iniziata quella che lo stesso premier Fredrik Reinfeldt ha definito una “rivolta”. Da lì gli episodi di violenza si sono diffusi e nella notte di ieri sono state incendiate due auto anche a Malmö, città nel sud della Svezia.
La scorsa notte gli scontri con la polizia con lanci di sassi e pietre sono avvenuti nel quartiere di Södertälje. Gli agenti hanno però fatto sapere che non ci sono stati feriti e che i giovani coinvolti erano circa 300. Il portavoce della polizia, Kjell Lindgren, ha detto che i rivoltosi non sono identificabili con un gruppo definito: fra loro ci sono ragazzi giovanissimi, anche di 12 e 13 anni, trentenni, stranieri e svedesi. Nelle ultime 12 ore sono state arrestate otto persone a Älvsjö e quattro a Norsborg.
Anche se la notte è stata più tranquilla rispetto alla precedente (quando si sono verificati almeno 90 incendi in 15 diversi quartieri di Stoccolma) la polizia ha annunciato che chiederà rinforzi da altre parti della Svezia, per far fronte a una situazione che non sembra volersi fermare. Inoltre, in diversi quartieri della capitale gruppi di cittadini si sono organizzati autonomamente per pattugliare le strade. Alcuni residenti sostengono anche che la risposta delle forze dell’ordine a quello che è considerato il più grande episodio di disordine civile del paese negli ultimi anni è stata disorganizzata e poco efficace.
Le violenze sono iniziate dopo che il 13 maggio un uomo di 69 anni, armato con un coltello, è stato ucciso dalla polizia. Molte persone che avevano assistito all’episodio, e i militanti di Megafonen, un gruppo giovanile impegnato nella difesa delle minoranze nei quartieri periferici di Stoccolma, avevano denunciato l’eccessiva violenza degli agenti in questo come in altri episodi e chiesto un’indagine indipendente. La polizia aveva deciso invece di avviare un’indagine interna sulla sparatoria per chiarirne le dinamiche. Megafonen, attraverso uno dei suoi portavoce, aveva denunciato non solo la «brutalità» delle forze dell’ordine, ma anche «il loro razzismo strutturale» nei confronti degli abitanti di Husby: «La gente ha iniziato a reagire alla crescente marginalizzazione e segregazione di classe e di razza degli ultimi 20 anni», ha detto.
Husby assomiglia a molte aree periferiche delle città svedesi: è nata all’inizio degli anni Settanta e su 11 mila residenti, l’80 per cento proviene da altri paesi o è nato in Svezia da genitori immigrati. A Husby c’è un alto numero di persone assistite dallo Stato, molti ragazzi che hanno abbandonato la scuola e un elevato tasso di disoccupazione. Secondo le cifre dell’agenzia per l’occupazione svedese riferite al 2010, il 20 per cento dei giovani di Husby non svolgeva alcuna attività e un ragazzo tra i 16 e i 19 anni su cinque era senza lavoro o non andava a scuola.
Gli immigrati arrivano principalmente da Turchia, Libano, Somalia, ma negli ultimi anni anche da Iraq, Afghanistan e Siria. La loro integrazione all’interno della società risulta molto difficile, nonostante i numerosi programmi statali: corsi di lingua e di storia gratuiti, assistenza e opportunità di lavoro equiparate a quelle degli svedesi. Tra gli immigrati il tasso di disoccupazione è di dieci punti maggiore rispetto quello di chi nasce all’interno dei confini svedesi (16 per cento contro 6 per cento) e il livello di scolarizzazione molto basso. Quello che sembra non funzionare più sono i parametri delle politiche di integrazione. In Svezia, grazie a una politica molto liberale, gli immigrati di prima generazione rappresentano circa il 10 per cento della popolazione mentre è difficile quantificare quante siano le persone nate in Svezia da genitori non svedesi. Anche in Svezia non vanno poi sottovalutate le conseguenze della crisi economica mondiale e la crisi dell’occupazione.
Va segnalato infine che nelle ultime elezioni politiche svedesi è entrato al governo un partito di estrema destra, “Democratici svedesi”, che ha condotto una forte politica di denuncia nei confronti dell’immigrazione istigando l’odio per “i diversi”. Il primo ministro Fredrik Reinfeldt, conservatore, e Erik Ullenhag, ministro dell’Integrazione, hanno annunciato l’apertura di un’inchiesta per capire l’origine delle rivolte e hanno fatto sapere di voler studiare nuovi programmi per favorire l’integrazione dei giovani immigrati.