Apple aggira le tasse?
Una commissione d'inchiesta del Senato americano ha ricostruito le pratiche - tutte legali - con cui l'azienda quasi non paga imposte sui ricavi realizzati all'estero
Apple non ha pagato imposte su decine di miliardi di dollari che ha ricavato fuori dagli Stati Uniti negli ultimi quattro anni. Lo ha scoperto una commissione d’inchiesta del Senato degli Stati Uniti, che ha esaminato a lungo la struttura della società e che oggi, martedì 21 maggio, presenterà i risultati dell’indagine. Tim Cook, l’amministratore delegato di Apple, dovrebbe testimoniare in Senato. La commissione non ha riscontrato comunque niente di illegale nei comportamenti di Apple, e nemmeno niente di insolito relativamente alle pratiche di altre grandi società.
Secondo la commissione del Senato, Apple ha approfittato del funzionamento del sistema fiscale statunitense e di quello irlandese per pagare poco o niente in imposte su 74 miliardi di dollari negli ultimi quattro anni, attraverso un complesso sistema di società con sede all’estero. L’azienda non ha messo in discussione quanto riscontrato dal Senato ma ha precisato che paga negli Stati Uniti le tasse sui ricavi prodotti negli Stati Uniti – sei miliardi di dollari solo nel 2012, uno dei più grandi contribuenti americani – e paga all’estero le tasse su quanto prodotto all’estero.
L’inchiesta del Senato nei confronti di Apple si concentra sull’Irlanda, dove Apple ha alcune società tra cui quella a cui fanno capo Europa, Medioriente, India, Africa, Asia e Pacifico. La società con sede in Irlanda non ricade sotto la responsabilità dell’agenzia delle entrate statunitense, che ha competenza solo per le imprese con sede negli Stati Uniti. Ma non ricade nemmeno sotto la responsabilità del fisco irlandese, che ha competenza solo sulle società che sono gestite e dirette in Irlanda, mentre la dirigenza della società irlandese di Apple ha sede negli Stati Uniti.
Più che cambiamenti nei comportamenti di Apple, è probabile che la questione sia di ulteriore stimolo ai legislatori statunitensi a mettere mano a una riforma fiscale, un tema di cui nella politica americana si discute da molto tempo. In passato il Senato aveva rivolto accuse del genere anche a Microsoft e HP, mentre un caso simile aveva coinvolto Google, che risparmia molti soldi sulle imposte fuori dagli Stati Uniti grazie a un articolato sistema di società che passa attraverso l’Irlanda, i Paesi Bassi e le isole Bermuda. Anche Amazon e Starbucks negli ultimi anni hanno fatto discutere per le stesse ragioni. Lo stesso amministratore delegato di Apple, Tim Cook, scrive il Wall Street Journal, chiederà al Senato di cambiare l’attuale sistema, “che penalizza le aziende che portano i loro soldi negli Stati Uniti” e che “non è al passo con l’era digitale e i grandi cambiamenti dell’economia globale”.
foto: Justin Sullivan/Getty Images