L’agenzia delle entrate americana ha preso di mira i Tea Party?
Un ufficio di Cincinnati ha fatto controlli fiscali speciali su alcuni movimenti di destra, che ora accusano il governo di aver agito per motivi politici
Aggiornamento di mercoledì 15 maggio: Martedì 14 maggio Eric Holder, procuratore generale degli Stati Uniti (l’equivalente del ministro della Giustizia, per capirci), ha detto di aver avviato un’indagine federale per verificare se i dipendenti dell’IRS coinvolti nel caso abbiano violato la legge. Nel frattempo è uscito in forma integrale il rapporto del dipartimento del Tesoro di cui venerdì 10 maggio Associated Press aveva anticipato alcuni stralci, costringendo così la dirigenza dell’IRS a scusarsi preventivamente. Il presidente Obama ha dichiarato che «le cose che si apprendono dal rapporto sono inaccettabili e senza giustificazioni».
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Prima che venisse parzialmente travolta dalle intercettazioni dei giornalisti di Associated Press, la storia di cui parlavano di più le sezioni di politica delle testate statunitensi era un’altra vicenda complicata per l’amministrazione Obama, accusata in questo caso di fare controlli fiscali mirati su gruppi politici di opposizione.
Venerdì scorso Lois Lerner, il capo dell’ufficio che si occupa di esenzioni fiscali dell’Internal Revenue Service, l’agenzia delle entrate americana, ha ammesso che sono stati commessi degli «errori» nella gestione dei controlli fiscali nei confronti di alcune associazioni vicine ai Tea Party, associazioni e gruppi politici di destra vicini al partito repubblicano. Lerner ha dichiarato che circa un centinaio delle 300 associazioni selezionate per controlli più approfonditi sono state incluse nella lista per la sola presenza di parole come “tea party” o “patriot” nel loro nome, oppure perché nei documenti ufficiali il loro slogan dichiarato è “rendere l’America un posto migliore”, espressione spesso utilizzata da associazioni e movimenti di destra.
«Sono stati selezionati dei casi da controllare sulla base dei loro nomi, e questo è decisamente inappropriato. Non dovremmo gestire così queste cose», ha detto Lerner, sebbene abbia poi precisato che «è stata usata questa procedura come “scorciatoia”» per eseguire una ricerca più delimitata e che alla base non ci fossero delle valutazioni politiche.
La storia è iniziata con la divulgazione, da parte di Associated Press, di alcuni stralci di un’indagine dell’Ispettore Generale del Dipartimento del Tesoro, che mostrano come almeno tra il 2010 e il 2011 l’ufficio di Cincinnati dell’agenzia delle entrate statunitense ha fatto controlli su alcuni gruppi politici individuati attraverso alcune “parole chiave” tipiche dei movimenti di destra (senza fare lo stesso con analoghi gruppi di sinistra). Il 29 giugno 2011 ne venne informata anche Lois Lerner, che col passare dei mesi tentò di allargare i criteri di ricerca affinchè non venissero coinvolte solamente associazioni vicine ai Tea Party, fino a quando il 29 febbraio 2012 ordinò all’ufficio di Cincinnati di smettere di usare questi criteri di ricerca. I dirigenti dell’IRS, a partire dal capo Steve Miller, hanno sempre negato ogni coinvolgimento nella questione: venerdì 17 maggio Miller sarà ascoltato dal Committee of Ways and Means, una commissione del Congresso che si occupa di tasse e welfare.
Diversi dirigenti dell’IRS nei giorni successivi hanno dichiarato che si è trattato di un “pasticcio burocratico” da parte di alcuni impiegati dell’ufficio dell’agenzia di Cincinnati, che si occupa specificamente dell’approvazione delle richieste di esenzione fiscale. A monte della questione c’è una norma ambigua – la 501(c)(4) dell’Internal Revenue Code, una sezione dello statuto fiscale federale – che permette alle associazioni che promuovono il “benessere sociale” (social welfare) di non pagare le tasse.
I movimenti controllati dall’IRS
Il Washington Post riporta alcune testimonianze di persone che hanno avuto rapporti complicati con la divisione dell’IRS che si occupa di esenzioni fiscali. Becky Garritson, una casalinga di 44 anni a capo di un piccolo movimento locale, il Wetumpka Tea Party of Alabama, ha dichiarato che l’IRS le inviò un questionario richiedendo all’associazione di indicare i nomi dei donatori e l’ammontare dei contributi ricevuti, la lista di tutti i volontari, i nomi dei politici coi quali i membri avevano comunicato “direttamente o indirettamente”, la trascrizione dei discorsi pubblici tenuti dall’associazione, e varie altre informazioni. Garritson si rifiutò di fornirle – i Tea Party sono piuttosto insofferenti e intolleranti verso il governo centrale statunitense, che giudicano troppo potente e intrusivo – e il contenzioso con l’IRS si chiuse solo dopo che si rivolse all’American Center for Law and Justice, uno studio legale vicino ai repubblicani, che minacciò di fare causa all’IRS.
Larry Nordvig, presidente del Richmond Tea Party, che nel 2012 ottenne il riconoscimento delle esenzioni tre anni dopo averne fatto richiesta, ha dichiarato che il controllo fiscale dell’IRS ha avuto «una ricaduta spaventosa» sulla raccolta fondi dell’associazione, in quanto i donatori temevano che in seguito alle indagini venisse reso pubblico il loro nome.
L’importanza politica
La notizia ha fatto arrabbiare molti politici ed elettori repubblicani, che hanno approfittato dell’occasione per ricompattarsi su due dei temi che più li avvicinano: l’ostilità verso l’Internal Revenue Service – la sigla “Tea” di Tea Party, tra l’altro, vuol dire “Taxed Enough Already”, “Già Abbastanza Tassato” – e verso il presidente Obama, accusato di aver usato l’agenzia federale per scopi politici.
Lo stesso Obama ha aspettato fino a ieri per fare una dichiarazione a riguardo, sostenendo di avere appreso la questione dai giornali, di averla trovata «scandalosa», dicendosi «preoccupato che un piccolo gruppo di impiegati dell’IRS abbia reso un servizio al di sotto degli standard» e garantendo che simili comportamenti «non sono tollerabili».
La norma 501(c)(4)
Jeffrey Toobin del New Yorker si è chiesto se l’IRS, in fin dei conti, si sia comportato in maniera sbagliata. La risposta sta nell’ambiguità consentita dalla norma 501(c)(4) dell’Internal Revenue Code, parte dello statuto fiscale federale, che prevede esenzioni fiscali per le associazioni che perseguono esclusivamente il “benessere sociale” (social welfare) e che sono vincolate a non partecipare alle campagne politiche dei partiti, come per esempio dare il proprio appoggio a un candidato in particolare alle elezioni. La definizione non è precisissima, e proprio questo è il punto: a volte non è facile stabilire il confine fra un’associazione che promuove il “benessere sociale” da una che organizza campagne politiche riconducibili a un partito politico: per esempio molti dei gruppi dei Tea Party non si riconoscono interamente nel partito repubblicano ma sono finiti spesso per sostenere direttamente o indirettamente i suoi candidati.
Ancora, secondo l’attuale legislazione non c’è una chiara distinzione fra piccole associazioni locali poco organizzate e grandi gruppi che dispongono di donazioni per milioni di dollari. Esistono anche casi molto eclatanti, come quello di Americans for Prosperity, un’associazione co-fondata dal milionario conservatore David Koch, esplicitamente impegnata nella campagna elettorale a sostegno di Mitt Romney durante le elezioni presidenziali del 2012, o ancora quello di Priorities USA Action, organizzazione molto vicina a Obama. Toobin conclude scrivendo che lo scandalo non è quello che fa chi infrange la legge in questione, ma quello che la legge permette: «Il finanziamento della campagne è regolato da regole fumose, se non inesistenti. Questo permette a persone molto potenti di giocare con il sistema garantendosi l’impunità».
E adesso?
Il Committee of Ways and Means venerdì 17 maggio ascolterà – oltre a Steve Miller – anche J. Russell George, ispettore del Dipartimento del Tesoro, nonché l’uomo che ha condotto le indagini di cui ha scritto Associated Press. Nel frattempo lunedì Marco Rubio, senatore repubblicano vicino ai Tea Party, ha chiesto le dimissioni di Steve Miller affermando che «con questa dirigenza gli americani non possono nutrire nemmeno un briciolo di fiducia nell’IRS». Gli avvocati Cleta Mitchell e Jay Sekulow, che rappresentano molte delle associazioni che hanno subìto i controlli, hanno chiesto che entro venerdì 17 siano accolte le richieste di esenzione inoltrate dai loro assistiti, minacciando altrimenti di fare causa all’IRS.