Lo scandalo Bloomberg
I giornalisti dell'agenzia economica potevano accedere a informazioni riservate sugli abbonati, controllando i computer con cui l'azienda fornisce servizi finanziari
Venerdì scorso il New York Post, un quotidiano di New York scandalistico e solitamente poco affidabile, ha raccontato che un mese fa i dirigenti della banca americana Goldman Sachs si sono lamentati con Bloomberg, grande società che fornisce servizi e informazioni finanziarie ai suoi abbonati, accusandone i giornalisti di spiare informazioni riservate della banca per scrivere le loro storie. I giornalisti avrebbero ottenuto le informazioni monitorando i “Bloomberg Terminal”, i computer che vengono forniti ai clienti dall’azienda per accedere ai servizi forniti, come l’analisi e il monitoraggio in tempo reale dei dati finanziari, la compravendita di titoli e altre operazioni finanziarie, i flussi di notizie. L’inchiesta del New York Post ha portato a ulteriori indagini per capire se la denuncia era vera, quanto la pratica fosse diffusa e a quali informazioni avessero accesso i giornalisti.
I sospetti di Goldman Sachs erano nati dopo che un giornalista di Bloomberg aveva chiesto a un dirigente della banca se un partner della società se ne fosse andato di recente, notando che ultimamente non aveva fatto login nel terminal. Bloomberg ha riconosciuto l’uso improprio delle informazioni fatte dal giornalista, si è scusato con la banca e ha disattivato l’accesso dei giornalisti alla funzione che permette di monitorare i dati dei clienti. Sabato il New York Post ha raccontato in un altro articolo che all’inizio dell’anno anche JP Morgan Chase, la più grande banca americana, sospettava che i giornalisti di Bloomberg utilizzassero i terminal per controllare i suoi impiegati: nell’estate del 2012 alcuni giornalisti avevano infatti chiamato la banca chiedendo se alcuni funzionari di Londra erano stati licenziati, dato che non si loggavano nei terminal da giorni.
I terminal sono il prodotto principale di Bloomberg, società fondata dall’attuale sindaco di New York Michael Bloomberg, che non si occupa più direttamente dell’agenzia dalla sua entrata in politica: ogni terminal costa 20 mila euro e nel 2012 l’85 per cento dei 7,9 miliardi di entrate dell’azienda era dovuto alla vendita dei terminal. Sono utilizzati da 315 mila clienti di Bloomberg in tutto il mondo, tra cui banche, agenzie di informazioni, il Congresso degli Stati Uniti e il Vaticano.
La notizia che i giornalisti di Bloomberg hanno avuto accesso a informazioni riservate delle banche attraverso i terminal è stata confermata da fonti anonime interne all’agenzia e ha provocato molte preoccupazioni nel mondo finanziario, in cui la segretezza può essere particolarmente importante per la conclusione di un buon affare. Ha inoltre messo a rischio la credibilità di Bloomberg, sia come fornitrice di servizi finanziari che come agenzia di stampa.
Sabato Buzzfeed ha scoperto che l’azienda era al corrente della pratica almeno dal settembre 2011, quando Erik Schatzker, un conduttore di Bloomberg Television, raccontò al programma televisivo Market Makers di aver usato più volte informazioni ottenute attraverso i terminal per indagare su una storia. Una fonte interna di Bloomberg ha detto a Buzzfeed che le parole di Schatzker mandarono nel panico l’agenzia, ma dopo una breve inchiesta che confermava la diffusione della pratica tra centinaia di giornalisti, l’azienda non fece nulla. I dirigenti dissero ai giornalisti che avrebbero disattivato la funzione che permetteva l’accesso a informazioni riservate, ma molto probabilmente non andò così, visto il recente problema con Goldman Sachs.
Buzzfeed ha anche spiegato che le persone che usano un terminal di Bloomberg sanno che molti dei loro dati sono “disponibili”, e che questo è anzi uno dei motivi che ha incentivato l’uso del servizio. È risaputo, per esempio, che ogni cliente di Bloomberg ha una pagina di profilo e un indirizzo email assegnato dalla società, che permette agli altri utenti di inviargli messaggi. I clienti e gli impiegati di Bloomberg possono vedere quante volte il profilo di un dato utente è stato cercato, ma non possono sapere chi l’ha fatto. Dei pallini verdi, gialli e rossi indicano se qualcuno è rispettivamente loggato nel terminal e attivo, loggato ma inattivo o sloggato e inattivo. Sono anche visibili le statistiche sui login delle settimane precedenti e sui servizi più usati da ogni cliente, ma non quali articoli o titoli ha cercato.
Diversi ex giornalisti di Bloomberg hanno confermato al New York Times le rivelazioni del New York Post: centinaia di giornalisti di Bloomberg – in tutto sono 2.400 – avrebbero usato questa tecnica. Un’altra fonte anonima ha detto al New York Times che i responsabili della vigilanza bancaria della Federal Reserve stanno controllando se anche i loro impiegati sono stati spiati dai giornalisti di Bloomberg.
Il New York Times spiega che i giornalisti usavano la cosiddetta “funzione Z” – un comando che veniva impartito usando la lettera Z e il nome di una qualsiasi società – per visualizzare l’elenco degli impiegati di quella data società che avevano accesso al terminal. A quel punto un cliente di Bloomberg poteva cliccare sul nome di un utente, passando così a una nuova funzione detta UUID. Questo servizio forniva un certo numero di informazioni sul singolo utente, tra cui dati sui suoi contatti, informazioni su quando si era loggato l’ultima volta e sulle conversazioni tenute con il servizio clienti, e statistiche settimanali su quanto spesso era stato usato un dato servizio.
Il New York Times scrive che durante i corsi di formazione i giornalisti di Bloomberg ricevevano qualche dritta informale su come usare la funzione UUID, così da avvantaggiarsi nella copertura delle notizie rispetto alle altre agenzie di stampa. Ex giornalisti dell’agenzia hanno detto che questi dati disponibili sui terminal hanno permesso ad alcuni giornalisti di fare degli scoop usando le informazioni riservate. Un ex giornalista ha detto che «c’era sempre un dibattito in redazione su come usare i terminal per fare uno scoop». Un portavoce dell’azienda ha confermato che questa funzione non è più accessibile alla redazione.
Domenica sera Matthew Winkler, direttore di Bloomberg News, ha scritto un editoriale in cui si scusa con i clienti per il comportamento inappropriato dei giornalisti: «I nostri clienti hanno ragione, i nostri giornalisti non dovrebbero avere accesso ad alcun dato considerato privato. Mi dispiace che l’abbiano avuto. È un errore che non ha scuse». Winkler assicura che l’azienda aveva già proibito la pratica il mese scorso, dopo le lamentele di Goldman Sachs, e ha spiegato a quali dati i giornalisti avevano accesso:
«Per prima cosa, i giornalisti potevano vedere i login di un utente, e quando veniva creato un nuovo accesso. Secondo: potevano vedere le funzioni usate dai clienti, senza poter accedere alle informazioni su specifici titoli. Come dire: potevano vedere quante volte qualcuno usava Microsoft Word anziché Excel. E infine potevano vedere informazioni sulle ricerche nel servizio clienti. I giornalisti non hanno mai avuto accesso a informazioni sulle operazioni, sul monitoraggio, sui titoli e su altre operazioni finanziarie. Non avevano accesso ai messaggi che i clienti si mandavano tra loro. Non potevano vedere gli articoli che i clienti leggevano o i titoli che gli interessavano».
Winkler ha anche spiegato che i giornalisti avevano accesso a queste informazioni dagli anni Novanta, quando alcuni di loro accompagnavano i rappresentanti dai clienti per convincerli a comprare i terminal, che poi monitoravano per capire quali fossero gli articoli che più interessavano ai clienti così da fornire un servizio migliore. Winkler è l’autore di The Bloomberg Way: A Guide for Reporters and Editors, considerato il miglior manuale per giornalisti finanziari (anche riguardo professionalità ed etica).
Daniel L. Doctoroff, direttore esecutivo di Bloomberg, ha detto che l’uso improprio delle informazioni riservate da parte dei giornalisti è stato un errore e che non capiterà di nuovo. L’azienda ha anche detto che lo scorso mese ha migliorato la sicurezza dei dati dei clienti e ha designato Steve Ross, un alto funzionario, come direttore dell’ufficio per l’assistenza e i reclami.
Foto: rw2409