La condanna di Ríos Montt
La storia dell'86enne ex dittatore del Guatemala, che inventò la strategia "fagioli e fucili" e che ieri è stato condannato per genocidio
Il generale Efraín Ríos Montt, 86 anni, ex dittatore del Guatemala, è stato condannato ieri a 80 anni di carcere con l’accusa di genocidio e crimini contro l’umanità. È la prima volta nella storia in cui un capo di stato è stato condannato per genocidio da un tribunale del suo stesso paese.
Ríos Montt guidò il paese dal marzo del 1982 all’agosto del 1983, quando venne deposto da un colpo di stato del suo ministro della difesa. Furono alcuni dei mesi più sanguinosi della lunga guerra civile del Guatemala, cominciata nel 1960 e terminata nel 1996. Durante la guerra, i governi militari che si succedettero nel paese si opposero alla guerriglia di vari gruppi marxisti riuniti nella Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca (UNRG).
Durante i mesi della sua dittatura, le operazioni dell’esercito guatemalteco furono particolarmente feroci nei confronti dei Maya Ixil, una delle numerose tribù indigene che abitano tuttora il Guatemala. In particolare, l’accusa di genocidio riguarda il massacro di 1.771 indios, di cui oltre la metà bambini. Il giudice Jazmin Barrios ha sostenuto che Ríos Montt era «logicamente» a conoscenza delle operazioni condotte dall’esercito e che non fece nulla per impedirle.
La carriera di Ríos Montt cominciò in seguito al colpo di stato militare del 1954 (il primo di una serie piuttosto lunga). Nel 1974 partecipò alle elezioni presidenziali, correndo contro un altro generale. Perse per pochi voti e accusò il regime di aver truccato le elezioni. Accusò anche il clero cattolico, sostenendo che era composto da “simpatizzanti della sinistra” – si era negli anni della teologia della liberazione – e per questo motivo, pochi anni dopo, si convertì alla Chiesa Evangelica Pentecostale della Parola, una setta americana protestante e molto conservatrice guidata dal reverendo Pat Robertson, uno dei telepredicatori più famosi degli Stati Uniti.
Nel 1982, dopo un’altra elezione vinta da un generale (e denunciata per brogli da tutti i partiti di opposizione), Ríos Montt organizzò con alcuni giovani ufficiali un colpo di stato e insediò una nuova giunta militare composta da lui stesso e da altri due ufficiali, che licenziò poco dopo. I 17 mesi del suo governo sono ricordati come uno dei periodi più sanguinosi della storia recente del Guatemala.
Poco dopo il colpo di stato, nel paese venne proclamato lo stato d’assedio, le libertà personali e politiche vennero sospese e vennero istituiti tribunali segreti e milizie paramilitari. Nelle città, molti studenti e lavoratori vennero identificati come nemici del regime, fatti sparire e giustiziati.
La sua retorica di governo era impastata di citazioni bibliche e di visioni apocalittiche. La sua politica fu apertamente appoggiata dal governo degli Stati Uniti: il presidente Ronald Reagan visitò il paese e definì Ríos Montt un leader di «grande integrità». Anche Israele appoggiò il regime, vendendo armi e addestrando alcune unità dell’esercito.
Nelle campagne l’esercito intensificò le sue operazioni contro la guerriglia e iniziò a portare avanti la tattica cosiddetta “Frijoles y fusiles” (fagioli e fucili). I villaggi e le comunità che appoggiavano il governo ricevevano aiuti sotto forma di cibo, mentre chiunque era sospettato di appoggiare la guerriglia marxista (che continuava dal 1960) veniva deportato o ucciso. Grazie a questa tattica, Ríos Montt poté proclamare la vittoria contro la guerriglia nel 1982 (un annunciò che si rivelò prematuro: dopo la sua deposizione la guerriglia riprese e si giunse alla pace soltanto nel 1996).
Le popolazioni di indios Maya furono quelle a soffrire di più per la strategia portata avanti dai militari. Nei documenti dell’esercito dell’epoca si legge che tutti i Maya Ixil erano considerati fiancheggiatori della guerriglia. Nel loro caso non vennero fatte distinzioni tra chi appoggiava la guerriglia e chi il governo. L’esercito portò avanti una politica di trasferimento forzato dalle aree dove risiedevano e, spesso, di sterminio.
Secondo alcuni calcoli di Amnesty International soltanto nei primi mesi del suo governo oltre 10 mila indios vennero ucciso e più di 100 mila costretti a lasciare le loro case. I dati di altre ONG riportano che durante il suo governo il tasso di mortalità dei Maya Ixil fu del 5,5% contro uno 0,7% per il resto della popolazione.
Durante il suo breve mandato vennero organizzati quattro colpi di stato contro di lui. L’ultimo, nell’agosto del 1983, organizzato dal suo stesso ministro della difesa, ebbe successo. Ríos Montt venne deposto, ma non imprigionato. Si calcola che all’epoca del colpo di stato circa mezzo milione di indios erano stati costretti a trasferirsi dalle loro terre – molti in “campi di rieducazione” o nei latifondi dei grandi proprietari terrieri.
Nel 1989 Ríos Montt fondò un partito, il Fronte Repubblicano del Guatemala. Si candidò varie volte alla presidenza, senza mai riuscire a vincere, ma venne eletto diverse volte in parlamento, godendo quindi dell’immunità dai procedimenti giudiziari legata alla carica. Il suo ultimo mandato è scaduto il 26 gennaio 2012, permettendo l’inizio del processo contro di lui per crimini contro l’umanità e genocidio.
Ieri, dopo la condanna, Ríos Montt è stato portato direttamente in prigione, dove ha detto di essere «pronto ad andare». Non è ancora chiaro se resterà in prigione. I suoi avvocati hanno annunciato che faranno appello contro la sentenza, mentre diverse eccezioni sollevate nel corso del processo contro il tribunale devono ancora essere valutate.