Cosa succede in Nigeria
Continuano gli scontri fra l'esercito e i militanti islamici in Nigeria e aumenta il numero dei morti, fra i quali ci sono molti civili
di Marta Lodico
Giovedì 9 maggio, nella regione nigeriana di Nassarawa, sulla linea di confine fra il nord musulmano e il sud cristiano del paese, un gruppo di agenti della polizia è stato attaccato con un’imboscata da alcuni miliziani Ombatse, una setta religiosa locale. Gli uomini armati hanno sparato ai poliziotti, che erano in tutto una sessantina, uccidendone almeno 23 e poi bruciando i loro corpi; 17 altri agenti sono dispersi. Gli Ombatse, la cui missione proclamata è di “purificare” la società e combattere vizi come l’alcolismo e l’adulterio, sono una fazione del gruppo etnico degli Eggon, composto sia da cristiani che da musulmani.
Non è ancora chiaro se i responsabili dell’agguato abbiano legami con gli estremisti islamici, ma in questo periodo stanno aumentando le critiche ai metodi dell’esercito nella repressione dei gruppi estremisti, che è all’origine di un aumento delle violenze contro i civili.
La Nigeria, il paese più popoloso dell’Africa – e che ha la sua maggiore ricchezza economica nel petrolio – è infatti quasi equamente divisa tra una parte settentrionale a maggioranza musulmana e una cristiana nel Sud del paese. Nel 2009, tra crescenti tensioni religiose, sono iniziati gli scontri fra milizie di estremisti islamisti e l’esercito nigeriano che, secondo le stime, hanno causato la morte di oltre 1500 persone fino allo scorso aprile.
Boko Haram, il principale movimento islamico della Nigeria – il cui nome in lingua locale significa “l’educazione occidentale è un peccato” – ha intensificato la sua violenta campagna per imporre nel paese la Shari’a (ovvero “Legge di Dio”) dopo l’uccisione da parte della polizia del suo fondatore, Mohammed Yusuf. Secondo alcuni analisti i militanti islamici riceverebbero armi di contrabbando dalla Libia.
Il 16 aprile scorso un gruppo di militanti armati ha attaccato una pattuglia militare a Baga, un villaggio di pescatori nel nordest della Nigeria dove, secondo le immagini satellitari analizzate da Human Rights Watch, oltre ai 185 morti, fra cui molti civili usati come scudi umani durante le sparatorie, più di 2000 abitazioni e negozi sono stati distrutti e bruciati. Venti ribelli e cinque poliziotti sono morti durante un altro attacco ad una caserma nello stato di Yobe e altri 37 nello stato di Taraba, nella Nigeria orientale. Anche a Bama, sempre in una regione del nordest nigeriano, il 7 maggio scorso i militanti hanno assalito la stazione di polizia e la caserma militare, causando 55 morti (fra cui tre bambini e una donna) e liberando 105 prigionieri.
Mallam Ibrahim Modu, un abitante di Baga, ha raccontato che sei dei suoi vicini sono stati uccisi durante gli attacchi e che anche se non è sicuro chi sia stato ad ucciderli, ricorda perfettamente che alcuni soldati sono entrati in casa sua e, dopo avergli ordinato di uscire, hanno dato fuoco all’abitazione. Anche se i violenti metodi usati dai soldati – ripetutamente negati dagli esponenti dell’esercito stesso – hanno ridotto gli attacchi da parte dei militanti islamici, stanno anche provocando un aumento delle ribellioni da parte dei civili in varie zone del paese.
Un articolo del New York Times spiega come la ricerca dei membri di Boko Haram da parte dell’esercito stia causando sempre più morti fra i civili. Secondo alcuni testimoni, ogni giorno arrivano all’obitorio dell’ospedale di Maiduguri, città a nord della Nigeria, fino a sessanta cadaveri di giovani che, dopo essere stati arrestati e portati nella caserma di Giwa perché ritenuti sulla base di fragili prove membri o sostenitori di Boko Haram, vengono maltrattati, torturati, soffocati o fucilati. I loro corpi poi vengono portati dai soldati all’ospedale dove spesso sono abbandonati a terra, fuori dall’obitorio, per mancanza di spazio.
Sagir Musa, portavoce dell’esercito, ha ammesso che ci sono stati numerosi arresti, dichiarando che si tratta di un’azione per il ripristino dell’ordine attraverso al cattura dei militanti di Boko Haram, ma ha respinto ogni accusa di omicidio diffuso e tortura fra i detenuti. «Noi non torturiamo le persone. Assolutamente. Non abbiamo nemmeno i mezzi per poterlo fare».
Nonostante le forze militari nigeriane neghino, le violenze da parte dei soldati sono evidenti e stanno aggravando ulteriormente la situazione. I militari sembrano fuori dal controllo delle autorità e il Presidente della Nigeria, Jonathan Goodluck, per poter riacquistare la fiducia deve tornare ad assicurare la protezione ai nigeriani. Goodluck, che è a capo del governo da maggio 2010, è stato infatti accusato di indifferenza riguardo l’abuso di forza da parte dei soldati e la sua proposta di un’amnistia per i militanti, come tentativo di pace e dialogo, è stata minacciata dai recenti episodi su cui il Senato nigeriano ha aperto un’indagine.