Domenica si vota in Bulgaria
Sono elezioni anticipate: il governo del più povero paese europeo si è dimesso dopo grandi proteste, a cui è seguito una specie di "scandalo Watergate"
Domenica 12 maggio si terranno le elezioni politiche in Bulgaria per eleggere i 240 deputati del parlamento unicamerale bulgaro. Il voto, che inizialmente era previsto nel mese di luglio 2013, è stato anticipato dal presidente Rosen Pievneliev dopo le dimissioni del primo ministro conservatore Boyko Borisov, lo scorso 20 febbraio, a seguito di grandi manifestazioni di protesta. Da allora, nonostante l’annuncio delle elezioni anticipate, la situazione politica della Bulgaria è rimasta molto agitata: ad aprile è scoppiato uno grande scandalo legato ad alcune intercettazioni illegali che sembrano essere state ordinate dall’ex ministro degli Interni del governo Borisov, e gli organizzatori delle proteste di febbraio hanno indetto nuove manifestazioni per domenica prossima, il giorno delle elezioni.
La crisi del governo Borisov
Le prime grandi proteste nel paese erano iniziate a causa delle altissime bollette dell’elettricità che sono arrivate ai cittadini bulgari dall’inizio del febbraio 2013, dopo che lo scorso luglio il costo dell’elettricità era aumentato del 13 per cento. Le proteste, che erano iniziate principalmente a Sofia, la capitale della Bulgaria, si erano allargate rapidamente in molte altre città, diventando le più grandi della storia del paese degli ultimi 15 anni. I manifestanti avevano iniziato a protestare anche contro la corruzione, il fallimento delle misure di austerità adottate dal governo e le pessime condizioni di vita della popolazione. La Bulgaria, infatti, è il paese più povero di tutta l’Unione Europea: il tasso di disoccupazione è dell’11,9 per cento, mentre gli stipendi medi sono bloccati a poco più di 400 euro al mese. Dall’inizio dell’anno, riporta Reuters, ci sono stati sette casi di persone che si sono date fuoco a causa delle misere condizioni di vita in cui erano costrette a vivere.
Borisov aveva tentato di calmare le proteste annunciando il 19 febbraio di volere cancellare la licenza per la distribuzione dell’elettricità alla società ceca CEZ, che forniva buona parte dell’elettricità al paese e che era accusata dai manifestanti di avere gonfiato il costo delle bollette. La mossa di Borisov, oltre a essere considerata molto tardiva rispetto alla grave situazione del paese, era stata criticata da più parti perché in contrasto con alcune norme dell’Unione Europea sulla distribuzione delle licenze per la fornitura dei servizi pubblici.
Dopo la fine del governo di Borisov, il 13 marzo il presidente Rossen Plevneliev aveva nominato un governo tecnico di transizione guidato da Marin Raykov, che ha ricoperto anche la carica di ministro degli Esteri. Dopo avere verificato il rifiuto dei due principali schieramenti – il partito conservatore di Borisov e il partito socialista all’opposizione – il presidente aveva sciolto anche l’Assemblea Nazionale e indetto le elezioni per il 12 maggio.
Il Watergate bulgaro
Il 26 aprile il procuratore capo di Sofia, Nikolay Kokinov, si è dimesso dal suo incarico dopo che era stata diffusa una conversazione telefonica tra lui, l’ex ministro dell’Agricoltura, Miroslav Naydenov, e l’ex primo ministro Boyko Borisov. I tre uomini discutevano di diverse cose, tra cui un caso di corruzione contro lo stesso Nayedenov, le modalità di ricezione dei fondi dell’Unione Europea, la relazione con la stampa e la nomina del procuratore capo all’inizio di quell’anno: la conversazione intercettata, sostiene l’Economist, è stata definita da molti “volgare e cinica”, ma soprattutto ha confermato l’esistenza di intercettazioni telefoniche, non autorizzate, ordinate dal ministro degli Interni bulgaro, Tzvetan Tzvetanov, ai danni di personaggi politici importanti, uomini d’affari e giornalisti, oltre che dei ministri del suo stesso governo e del presidente del paese.
Tzvetanov, che era il braccio destro di Borisov, aveva negato qualsiasi accusa. Borisov aveva detto che il vero organizzatore di quella campagna denigratoria nei confronti del suo governo era il leader del più grande partito di opposizione, il socialista Sergey Stanishev. In realtà la Bulgaria ha una lunga tradizione di intercettazioni non autorizzate, come si legge nel rapporto annuale del 2012 pubblicato dal dipartimento di Stato americano sui diritti umani in Bulgaria.
I principali partiti
Il partito dell’ex primo ministro Boyko Borisov, Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria, è il principale partito conservatore del paese. Alle ultime elezioni del 2009 non era riuscito a raggiungere un numero sufficiente di voti per formare un governo da solo, e si era alleato con alcune formazioni di destra più piccole e con il partito ultranazionalista ATAKA. Prima delle ultime proteste, Borisov era considerato un personaggio politico talmente “invincibile” che i bulgari lo chiamavano “Batman”: si era guadagnato questo soprannome anche per essere stato la guardia del corpo dell’ex dittatore bulgaro Todor Zhivkov – faceva il poliziotto – e per essere cintura nera di karate.
Il più grande partito di opposizione è il Partito Socialista Bulgaro (PSB), guidato dall’ex primo ministro 47enne Sergei Stanishev, che è anche il presidente del Partito socialista europeo. Il PSB, nato dopo la fine del regime bulgaro filo-sovietico ed erede del Partito comunista, è la forza più importante di una coalizione di cui fanno parte altri sette piccoli partiti. Una delle priorità individuate da Stanishev in campagna elettorale è stata ricostruire la legalità democratica nel paese, soprattutto alla luce dello scandalo “Watergate”.
Gli altri principali partiti sono il Movimento per i diritti e le libertà, che rappresenta la minoranza turca in Bulgaria; ATAKA, partito ultranazionalista che nella precedente legislatura aveva sostenuto il governo di Borisov; e Bulgaria per i Cittadini, movimento di centrodestra fondato nel 2012 dall’ex commissaria europea Neglena Kuneva.
Sondaggi pre-elettorali
Secondo alcuni sondaggi pre-elettorali, il partito di centrodestra di Borisov sarebbe avanti con il 25 per cento dei voti, mentre i socialisti di Stanishley si fermerebbero al 19 per cento. Gli indecisi, comunque, sarebbero ancora moltissimi: per questa ragione, e anche per l’improbabilità che uno dei partiti raggiunga una larga maggioranza, in molti credono che sarà difficile per qualsiasi vincitore riuscire a formare una maggioranza parlamentare sufficiente per governare.
foto: L’ex primo ministro bulgaro Boyko Borisov (DIMITAR DILKOFF/AFP/Getty Images)