Il centenario di Bollywood
La BBC ha raccolto 10 cose che non sapete su un preciso genere cinematografico indiano (e questa è la prima: non tutti i film indiani sono Bollywood)
Col termine Bollywood – creato combinando il nome di Bombay (l’attuale Mumbai) col simbolo del cinema per eccellenza, Hollywood – viene comunemente indicata l’industria cinematografica indiana, soprattutto in Occidente. In realtà, a voler essere precisi, Bollywood è solo una parte dell’immenso panorama del cinema indiano, un genere: il cinema d’intrattenimento puro, in lingua hindi, in cui si tengono fermi alcuni canoni tradizionali e si dà molto spazio alla componente visiva (imponenti costruzioni sceniche, grandi coreografie, uso continuo di musiche) piuttosto che al linguaggio cinematografico, al fine di arrivare a un pubblico numerosissimo e vario – ogni giorno in India più di 13 milioni di persone vanno al cinema – e i cui sistemi culturali e valoriali possono mutare da una casta all’altra.
In occasione del centenario dell’uscita del primo film interamente indiano e in hindi il sito della BBC ha raccolto 10 storie più o meno conosciute su quella che, oltre a essere una delle industrie cinematografiche più importanti del mondo, rappresenta uno dei punti di vista più interessanti per comprendere la complessità culturale dell’India.
1 – Tutto iniziò nel 1913
Il 3 maggio 1913 venne proiettato al Coronation Cinema di Bombay Raja Harishchandra, un film muto basato sulla vita leggendaria di re Harishchandra (descritta in diversi libri sacri dell’induismo) e diretto da Dadasaheb Phalke, considerato il primo film della storia del cinema indiano. Il cinema era già arrivato in India nel 1896 (un anno dopo l’invenzione del cinematografo), ma i film realizzati prima del 1913 erano stati prodotti dagli occupanti britannici. Al regista Dadasaheb Phalke (che dopo Raja Harishchandra avrebbe poi realizzato 95 film) è intitolato il premio più importante del cinema indiano. Nel 2009 il regista Paresh Mokashi ha realizzato Harishchandrachi Factory, un film in lingua marathi che ha avuto molto successo, è stato candidato agli Oscar 2010 e raccontava proprio la lavorazione di Raja Harishchandra.
2 – Un bacio lungo 4 minuti
Il primo bacio censurato della storia del cinema indiano risale al 1933, nel film Karma, tra Devika Rani, la diva più nota del cinema Hindi dei primi anni, e Himanshu Rai, attore e marito della diva. Originariamente la scena durava 4 minuti e destò molto scandalo perché mostrava l’attrice distesa sul corpo del marito. Ancora oggi (anche se molto sta cambiando) il bacio è considerato un gesto osceno, ma solo nei film di Bollywood, dove le scene di baci sono accennate ma mai mostrate esplicitamente.
3 – La maggior parte degli indiani non guarda i film di Bollywood
I film che rientrano nella categoria di Bollywood sono quelli girati in lingua hindi, una minima parte di quelli prodotti in India: ogni anno infatti vengono prodotti centinaia di film nelle 22 lingue regionali ufficiali riconosciute dalla Costituzione Indiana (tra cui le lingue tamil, telugu e bengali). Il regista Karan Johar ha recentemente dichiarato che rispetto alla popolazione totale dell’India (stimata in circa 1,2 miliardi di persone) i film dovrebbero raggiungere almeno 300 milioni di persone, “ma al momento la nostra portata è limitata a 45 milioni di spettatori”. Con più di mille film prodotti all’anno l’industria cinematografica indiana è la più prolifica del mondo: ogni anno vengono acquistati 2,7 miliardi di biglietti per il cinema ma i prezzi medi dei biglietti sono tra i più bassi del mondo, così i ricavi sono solo una frazione di quelli di Hollywood.
4 – Le star occidentali
Ogni anno moltissimi attori occidentali partecipano a produzioni di Bollywood. La prima attrice occidentale a raggiungere lo status di “diva” in India è stata probabilmente Mary Evans, conosciuta come Nadia (o “The Hunterwali”, la donna con la frusta, dall’omonimo film del 1935). Nadia arrivò in India nel 1935 e diventò la prima stunt woman del cinema indiano: come ricorda lo storico del cinema Jaiprakash Choksi, “Nadia avrebbe potuto cavalcare un cavallo indossando una maschera, salire su un treno in corsa, frustare 25-30 uomini da sola e picchiarli a mani nude, se necessario”. Anche un’attrice italiana divenne molto famosa nei primi anni del cinema indiano: Signorina Manelli, che interpretò la parte della “vamp” nel film Pati Bhakti, del 1922.
5 – La collaborazione tra Bollywood e la Germania
Nei primi anni della storia del cinema indiano l’Occidente fu cruciale nella fornitura di attrezzature e di conoscenze tecniche per il cinema: negli anni Venti il regista teatrale Himanshu Rai firmò un accordo di co-produzione con la società bavarese Emalka e insieme realizzarono diversi film di successo, per cercare di scardinare il monopolio di Hollywood nel mercato del cinema indiano. Himanshu Rai collaborò col regista tedesco Franz Osten, con cui girò 14 film, ma nel 1936 Osten aderì al Partito Nazista e a causa di ciò venne imprigionato dal governo coloniale britannico nell’autunno del 1939. Il suo ultimo film, Kangan, venne terminato dai suoi assistenti.
6 – Le montagne della Svizzera
Nei film di Bollywood molto spesso la logica narrativa non ha una linearità tradizionale e manca spesso una coerenza geografica, il che rende certe scene poco plausibili all’occhio dello spettatore occidentale. Negli anni Sessanta Bollywood scoprì i paesaggi della Svizzera, che sarebbero poi tornati molto spesso negli scenari dei suoi film, poiché ritenuti adatti all’immaginario indiano, con l’acqua purificatrice dei laghi e le montagne imbiancate, sede ideale degli dei. Per questo la Svizzera è da anni uno dei set preferiti dalle megaproduzioni indiane: secondo il critico cinematografico dell’Indian Express, Shubhra Gupta, c’è stato un momento in cui nessuna storia d’amore di Bollywood era considerata completa senza una coppia su una pista da sci svizzera, con “lei vestita in chiffon e lui in tuta da neve”. Oggi però Bollywood si è spinta decisamente oltre la Svizzera (arrivando anche in Italia).
7 – I supereroi
Bollywood non è solo storie d’amore e balletti: il pubblico dei film, infatti, è composto in gran parte da uomini di età compresa tra i 15 e i 25 anni. Quindi vanno forte i film di supereroi, soprattutto se tratti da fumetti. Uno degli esempi più recenti è la saga di fantascienza Krrish, diretta da Rakesh Roshan e interpretata dal popolare attore Hrithik Roshan. Già nel 1987, però, un film di fantascienza aveva ottenuto un grandissimo successo: era Mr India, con Anil Kapoor.
8 – Il predominio delle star maschili
Anche Bollywood come Hollywood ha uno star system, formato prevalentemente da attori maschi quarantenni. Tra questi ci sono i cosiddetti “tre Khan”, i tre attori che hanno dominato le scene di Bollywood negli ultimi vent’anni: Shahrukh Khan, Salman Khan e Aamir Khan. Lo spettatore medio indiano non ha problemi a vedere “il suo Khan preferito” interagire con un’attrice molto più giovane di lui (che è sempre intercambiabile, a differenza dell’eroe maschile) e questo riflette un po’ lo spirito patriarcale della società indiana. Secondo il regista Zoya Akhtar “il cinema è l’unica forma di cultura popolare in grado di definire l’identità in India e per questo dovrebbe prendersi più responsabilità”, soprattutto per quanto riguarda la rappresentazione della donna e del suo ruolo nella società.
9 – La voce giusta
La forma-base delle canzoni nei film di Bollywood deriva da vari tipi di canzoni regionali ed è cambiata poco dagli anni Trenta a oggi, come afferma la storica del cinema Nasreen Rehman: “si potrebbe confrontare con l’opera lirica, ma mentre l’opera è tutta musicata i film indiani hanno in media tra le 5 e le 9 canzoni”. Il canto e la danza vengono utilizzati per rappresentare i vari stati d’animo in una storia d’amore e guidare la narrazione, e nel tempo sono diventati sempre più importanti all’interno dei film: per questo motivo diventa sempre più difficile trovare la “faccia giusta” che abbia anche la “voce giusta”, e quindi molti protagonisti vengono doppiati da famosi cantanti.
10 – Danzando intorno agli alberi
In passato nei film di Bollywood una scena ricorrente era il ballo intorno agli alberi durante una dichiarazione d’amore. Spesso accadeva perché gli attori non erano dei bravi ballerini, ma come spiega Nasreen Rehman “la danza rappresenta la sessualità” e le scene di ballo sono un modo per esprimere in modo implicito il lato erotico della storia. Nella maggior parte dei casi le scene di danza sono ispirati ai balli popolari e folkoristici delle varie regioni indiane, spesso di ambiente rurale. Col passare degli anni le coreografie sono diventate sempre più complesse e sofisticate, tanto da aver ispirato anche molti registi occidentali, tra cui Baz Luhrmann (il regista di Moulin Rouge e del Grande Gatsby).