«Il libro dei sogni di Letta»
Con un editoriale piuttosto pessimista, il Financial Times spiega perché le cose che ha promesso il neo presidente del Consiglio difficilmente si realizzeranno
Lunedì 6 maggio il Financial Times ha pubblicato un editoriale piuttosto scettico sulle promesse del governo Letta di ridurre la pressione fiscale, rivedendo almeno in parte le misure di austerità adottate in Italia. È il primo articolo di un importante giornale straniero a occuparsi con particolare attenzione del programma presentato dal presidente del Consiglio, Enrico Letta, la settimana scorsa al Parlamento per ottenere la fiducia. Secondo il Financial Times, alle promesse fatte finora non corrisponde un’effettiva possibilità di rivedere le politiche di austerità, soprattutto considerata la scarsa disponibilità di altri paesi europei a una simile ipotesi, a partire dalla Germania.
L’editoriale ricorda che Letta ha confermato l’impegno a mantenere il limite del deficit entro il 2,9 per cento del PIL, come stabilito con le autorità europee per il 2013, e un simile obiettivo può essere difficilmente coniugato con una riduzione della pressione fiscale. Grazie agli interventi della Banca Centrale Europea (BCE) i tassi di interesse per i titoli di stato a 10 anni sono al di sotto del 4 per cento, e questo dà qualche margine di manovra in più all’Italia. Ma gli spazi sono comunque molto stretti, considerato che il paese ha un debito del 131 per cento rispetto al reddito nazionale, uno dei più alti nel mondo sviluppato.
L’analisi della situazione politica spinge il Financial Times a essere ulteriormente pessimista. Il PdL di Silvio Berlusconi chiede la rimozione dell’IMU a tutti i costi, e non solo la sua sospensione per quanto riguarda la rata di giugno, come già annunciato. Anche se non è comprensibilmente ben vista dalla popolazione, l’imposta sulla casa è una «valida soluzione per tassare i patrimoni accumulati senza influire sul mercato del lavoro», scrive il Financial Times. Per questo motivo Letta dovrebbe alleggerire il carico fiscale sul lavoro, cosa che incentiverebbe la competitività.
Le minori entrate dovute a questo alleggerimento potrebbero essere compensate con una nuova revisione della spesa. Il Financial Times dice che c’è ancora “molto grasso da tagliare”, a partire da uno dei tre livelli delle amministrazioni locali (il giornale non ne cita esplicitamente uno, ma è probabile che si riferisca all’annoso problema delle province e della loro abolizione). Una simile operazione potrebbe avere come conseguenza un aumento del debito fiscale, ma su questo Bruxelles potrebbe rivelarsi un po’ più tollerante, specie se come contropartita si potessero avere nuovi investimenti sulla produzione, sulla scuola e sulla ricerca.
Le autorità europee, conclude il Financial Times, potrebbero chiudere un occhio a patto di avere in cambio riforme strutturali in Italia, da tempo rimandate o solo abbozzate. Ma su questo tema il governo di Letta potrebbe incontrare enormi problemi di stabilità della propria maggioranza. Parte del Partito Democratico sarebbe certamente contraria a un approccio diverso per quanto riguarda il mercato del lavoro. Il PdL si metterebbe invece di mezzo su riforme che interessino le professioni, come già avvenuto in passato con i farmacisti e i tassisti.
La conclusione del Financial Times è laconica: «Il libro dei sogni di Letta difficilmente diventerà realtà».