Il primo matrimonio civile in un paese arabo
Lei sciita, lui sunnita, entrambi musulmani libanesi: la storia è iniziata molti mesi fa, è stata piuttosto turbolenta ma è finita bene
La scorsa settimana, in Libano, è stato registrato il primo contratto di matrimonio civile della storia del mondo arabo. Kholoud Sukkarieh, musulmana sunnita, e Nidal Darwish, musulmano sciita, stavano portando avanti una dura battaglia legale dal novembre 2012, quando si erano sposati in Libano, loro paese di origine, senza però riuscire a completare le procedure di registrazione del matrimonio. Dopo moltissimi impedimenti burocratici e attacchi provenienti dal mondo religioso libanese, nella vicenda è intervenuto il ministro degli Interni del Libano, che ha firmato le carte del matrimonio e ha ufficializzato l’esito della cerimonia anche di fronte allo Stato.
Il Libano è un piccolo stato di poco più di 4 milioni di abitanti ed è il più multiconfessionale tra tutti i paesi del Medio Oriente: sono presenti ben 18 gruppi religiosi diversi. Come in molti altri stati arabi, in Libano i matrimoni misti – compresi i matrimoni tra musulmani di differenti rami dell’Islam, come nel caso di sunniti e sciiti – sono fortemente scoraggiati, per convenzioni sociali e credenze religiose. In Libano, inoltre, non è prevista l’istituzione del matrimonio civile. L’unica legislazione in materia si rifà a un decreto emanato nel 1936 durante il periodo di “mandato francese”, ovvero quel regime giuridico internazionale concesso alla Francia dalla Società delle Nazioni alla fine della Prima Guerra Mondiale. Secondo questo decreto, le comunità religiose del paese sono titolari dello status amministrativo e giuridico delle singole persone, e quindi anche dell’istituzione del matrimonio.
Fino a qualche mese fa la situazione di Sukkarieh e Darwish sembrava assolutamente incompatibile con il quadro giuridico libanese: non solo facevano parte di due rami diversi dell’Islam, lei sunnita e lui sciita, ma non esisteva nemmeno la possibilità di andare contro le comunità religiose e contrarre un matrimonio civile. Come raccontò molti mesi dopo Sukkarieh, «stavamo andando a sposarci a Cipro, quando incontrammo un avvocato che ci disse di avere trovato un modo per consentire di sposarci in Libano». L’avvocato era Talal Hussein, e riuscì a trovare un passaggio in quel decreto del 1936 che poteva essere soggetto a interpretazione: “Per coloro che non appartengono amministrativamente a una comunità religiosa, si applica la legge civile alle questioni che riguardano il loro status personale”.
Sukkarieh e Darwish avevano già eliminato la voce della loro appartenenza religiosa dai registri familiari, sulla base di un decreto del 2007 che dava questo diritto ai cittadini libanesi. Quindi, sostenne l’avvocato, non appartenendo amministrativamente ad alcuna comunità religiosa, i due erano qualificati per contrarre un matrimonio civile. Prima di riuscire a trovare un notaio che li sposasse, passò altro tempo. Quando a fine novembre Sukkarieh e Darwish riuscirono nel loro intento, si ritrovarono con un altro problema; quello della registrazione del contratto di matrimonio. Come spiegò uno dei consiglieri legali della coppia, Abdallah Salam, “era un matrimonio mai visto fino a quel momento. Per questo i dipendenti dell’amministrazione pubblica, confusi, si rivolsero al ministro dell’Interno per la sua approvazione”. La scorsa settimana il ministro ha messo fine alla loro vicenda, firmando i documenti e registrando ufficialmente il primo matrimonio civile del paese.
La vicenda di Sukkarieh e Darwish è stata molto discussa in Libano e in altri paesi arabi: i due furono oggetto di moltissimi attacchi soprattutto provenienti da esponenti religiosi libanesi. Il più duro fu certamente quello di Mohammed Rashid Qabbani, il Gran Mufti del Libano, la più alta carica religiosa dei paesi musulmani sunniti. Nel gennaio 2013 Qabbani lanciò una fatwa – termine tecnico che nella religione islamica indica una specie di giudizio o interpretazione su una determinata questione – contro i matrimoni civili e chiese una severa punizione per chi li avesse approvati. Anche il Consiglio Superiore Islamico Sciita si espresse contro la legalizzazione dei matrimoni civili.
Secondo molti attivisti libanesi per i diritti civili, il caso di Sukkarieh e Darwish potrebbe stabilire un importante precedente per tutti i cittadini libanesi che abbiano eliminato il riferimento alla religione dal loro registro famigliare e che vogliano contrarre un matrimonio non religioso. Oggi Sukkarieh è incinta di quattro mesi: dice di sentirsi orgogliosa che il suo bambino sia il frutto di un matrimonio civile e di sperare che un giorno potrà crescere in “uno stato laico, dove le persone si sentano di appartenere alla nazione – e non a un gruppo religioso”.
foto: Kholoud Sukkarieh e Nidal Darwish (JOSEPH EID/AFP/Getty Images)