In Islanda ha vinto il centrodestra
Tornando così al governo, dopo essere stato tra i responsabili della crisi del 2008: ma le misure impopolari del governo uscente e i sentimenti antieuropei sono stati decisivi
Il Partito dell’Indipendenza islandese, formazione di centrodestra guidata da Bjarni Benediktsson, ha ottenuto la maggioranza dei voti nelle elezioni parlamentari del 27 aprile. Il risultato è ormai certo, anche se mancano ancora alcuni seggi da scrutinare. Il Partito dell’Indipendenza ha ottenuto il 26 per cento dei voti, che equivale a 19 seggi sui 63 che compongono l’Althing, il parlamento unicamerale. Questo risultato dovrebbe quindi consentire a Bjarni Benediktsson – ex calciatore professionista di 43 anni – di diventare il nuovo primo ministro.
In alternativa, toccherà probabilmente a Sigmundur Davíð Gunnlaugsson, 38 anni, alleato di coalizione di centrodestra con il Partito Progressista, che ha ottenuto il 24 per cento dei voti e 18 seggi: i due partiti avranno quindi un’ampia maggioranza in Parlamento – 37 seggi – come era stato previsto dai sondaggi nell’ultima settimana. L’Alleanza Socialdemocratica, che ha vinto le precendeti elezioni parlamentari nel 2009, ha ottenuto il 13 per cento dei voti e avrà 9 seggi, mentre il Movimento Sinistra-Verdi, ex alleato di governo, ne avrà sette.
Come previsto da molti commentatori i due partiti di centrodestra torneranno al governo, nonostante siano stati considerati i principali responsabili politici delle cattive pratiche economiche – soprattutto nel settore bancario – che hanno portato alla disastrosa crisi del 2008 e alla successiva recessione: le tre maggiori banche del paese dichiararono il default su debiti per 85 miliardi di dollari. Oggi, il paese è ritornato a crescere, ma moltissimi islandesi faticano ancora a pagare i loro mutui.
Tra le ragioni della vittoria della coalizione di centrodestra, ci sono sicuramente le misure di austerità – molto contestate – approvate dal governo di centrosinistra, necessarie per rispettare i parametri stabiliti dalle istituzioni internazionali, in cambio di aiuti economici. Proprio su un allentamento dei tagli nel sistema sanitario e delle prestazioni sociali, ha puntato la campagna elettorale di Bjarni Benediktsson, che ha promesso investimenti, nuova occupazione e il taglio delle tasse.
I due partiti che hanno ottenuto la maggioranza dei voti hanno detto anche di essere contrari all’ingresso del paese nell’Unione Europea, a dimostrazione di quello che è il pensiero generale degli elettori: la loro vittoria potrebbe quindi rallentare il processo dei negoziati di adesione, che sono ancora in corso. Queste idee antieuropeiste sono sostenute dal fatto che l’Islanda – grazie agli accordi di libero scambio esistenti con l’Unione Europea e con l’adesione al trattato di Schengen – gode già dei benefici di cui ha bisogno per risollevarsi economicamente.
Foto: Bjarni Benediktsson (OLIVIER MORIN/AFP/Getty Images)