Brasile e Perù contro Amazon
La società ha fatto richiesta per il dominio personalizzato ".amazon", che secondo i due paesi danneggerebbe la promozione di temi di interesse pubblico sull'Amazzonia
Nel giugno del 2012 l’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN), l’ente internazionale non profit che gestisce molte cose che riguardano il funzionamento di Internet, aveva diffuso l’elenco delle richieste dei primi domini personalizzati che si dovevano aggiungere ai 22 che già esistono (i vari .com, .gov, ecc..). La diffusione dei nuovi domini era stata prevista per marzo 2013. All’ICANN erano arrivate 1.930 richieste da aziende e società private di tutto il mondo, e la lista dei richiedenti era stata pubblicata online. Ogni domanda era costata ai proponenti 185mila dollari, una cifra considerevole a cui si dovranno aggiungere 25mila dollari all’anno per mantenere il dominio personalizzato. Inoltre, era stato stabilito un periodo di sette mesi durante il quale sarebbe stato possibile presentare ricorso rispetto alle assegnazioni.
Come era prevedibile, negli ultimi sette mesi l’ICANN ha ricevuto diverse domande che chiedevano di rimettere in discussione i domini assegnati. Tra queste, la disputa più rilevante è quella sul dominio .amazon tra la società americana Amazon da una parte e il Brasile e il Perù dall’altra.
Il termine “Amazon”, oltre a essere il nome della società più grande al mondo in termini di dimensione di vendita di merce via Internet, in inglese indica l’Amazzonia, la foresta pluviale situata per il 65 per cento circa in Brasile, ma che si estende anche in Perù, Colombia, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana Francese. Il doppio significato della parola ha fatto sì che la richiesta della società Amazon di ottenere un nuovo dominio .amazon venisse contestata proprio da Brasile e Perù: secondo i governi dei due paesi, concedere il dominio ad Amazon significherebbe impedire lo sfruttamento dello stesso dominio per alcuni temi di interesse pubblico, come la tutela dell’ambiente o la promozione dei diritti degli indigeni nella regione amazzonica. Il governo di Brasilia ha fatto sapere che la sua posizione è condivisa anche dagli altri membri del Trattato sulla Cooperazione Amazzonica, ovvero quegli stati che ospitano una parte della foresta pluviale.
In pratica, se il dominio personalizzato dovesse essere concesso a Amazon, nessun altro al di fuori della società, compresi i governi del Brasile e del Perù, lo potrebbero utilizzare, a meno che non sia la stessa società a concederne l’utilizzo, presumibilmente chiedendo cifre in denaro molto alte. È comunque improbabile che questo avvenga, soprattutto nel caso in cui chi detiene il dominio è una società privata, che lo utilizza soprattutto per ragioni pubblicitarie e di marchio.
Il caso di .amazon non è stato però l’unico di questo genere: decine di altre domande di ritiro di domini personalizzati – inizialmente concessi da ICANN – sono arrivate per contestare chi aveva richiesto quelli che utilizzano nomi di luoghi geografici o attrazioni culturali molto conosciute. L’Argentina, ad esempio, ha contestato la domanda della società di abbigliamento Patagonia, che aveva richiesto all’ICANN l’omonimo dominio. Il governo argentino ha fatto sapere che la Patagonia «è una regione importante per l’economia del paese perché ha il petrolio e ha molte risorse legate alla pesca, all’estrazione mineraria e all’agricoltura. È anche una regione con una comunità locale vivace, ed è una destinazione turistica molto importante».
Tra i governi che hanno contestato l’assegnazione di questi domini, c’è anche quello cinese. Il governo di Pechino ha dichiarato che il dominio .shangrila, richiesto all’ICANN dall’omonima catena di hotel, potrebbe colpire gli interessi di una regione dello Yunnan, che si chiama, per l’appunto, Shangri-la. La richiesta cinese sembra però meno credibile di quelle dei paesi sudamericani: la regione, infatti, è stata rinominata Shangri-la solo nel 2001, quando la catena di hotel che ne ha richiesto il dominio si era già costituita. Ad ogni modo, tutte le richieste contestate, ha comunicato l’ICANN, per il momento sono state congelate, e saranno ridiscusse nuovamente durante una riunione che si terrà a Durban nel mese di luglio.
foto: (Mario Tama/Getty Images)