Musica senza classificazioni
Due canzoni dal disco di esordio di Tommaso Di Giulio, Per fortuna dormo poco
di Azzurra Tesei - Caffeina
Rock, pop, blues, jazz, funk: fin qui niente di strano, o di nuovo. Ma che dire del ”rock cinematografico”, “rock tragicomico”, o addirittura “rockantautorato”? Il punto è questo: siamo abituati a classificare. Si tratta di attività radicata a tal punto, da essere quasi spontanea per noi uomini inguaribili catalogatori di conoscenze. Ma di fronte al trift, anche la persona più tenace, razionale e logica si troverebbe spiazzata. È proprio questo curioso e divertente senso del disorientamento musicale che ci spinge ad ascoltare il primo disco di Tommaso Di Giulio: Per fortuna dormo poco. Di Giulio spiega che
«ll trift è la mia valvola di sfogo per sopportare di buon grado le definizioni e i tentativi di imbrigliamento a cui chiunque faccia canzoni è costretto a sottoporsi. Amo la musica in ogni sua sfaccettatura e spesso senza calcolarlo prima, mi ritrovo a scrivere pezzi molto eterogenei tra loro che risentono di tante influenze. Confesso che è più difficile farsi strada quando non si è immediatamente “classificabile” o riconducibile a quello o quell’altro artista, ma suonare il “non-genere”, il trift, è troppo liberatorio per rinunciarvi»
Tommaso Di Giulio – classe 1986, romano – ammette con orgoglio di lasciarsi ispirare da i Talking Heads, Franco Battiato, David Bowie e De André, maestri della libertà di espressione e della capacità di reggere il palcoscenico. È un piacere ascoltarlo, ma vista e udito sono il giusto connubio. Mosso da una forte istanza cinematografica afferma che,
«è proprio durante i concerti che mi sento veramente a mio agio. Dal vivo si è presenti a se stessi. Volendo parafrasare maldestramente le teorie zen potrei dire che mentre sono sul palco, entro in quello stato di “non mente” in cui a contare è solo il presente. Poche cose mi fanno sentire così vivo. A tutti gli effetti si tratta di un rituale, di un incontro, di uno scambio, come una rappresentazione teatrale. C’è però forse più cinema nelle mie canzoni che teatro. Sono un cinefilo cronico ma amo in generale le forme di spettacolo totale. Il teatro-canzone, sia quello di Brel che quello di Gaber, ne è un esempio».
Di Giulio è rientrato tra i quattro finalisti di Musicultura e del sold out al Teatro Palladium il 19 marzo scorso, e ora partecipa a un progetto musicale importante e impegnato, come quello per la campagna ufficiale di Nicola Zingaretti. Nei confronti dell’odierna situazione politica e dell’Italia, descritta come il paese che tiene i giovani sempre a dieta, sostiene:
«Ero più positivo quando risposi all’appello di Zingaretti. Ora confesso di essere davvero amareggiato. C’è troppa gente che gioca a Monopoli o a Risiko con la vita delle persone. Di amici “troppo stanchi ed arrabbiati” ne ho a bizzeffe, che non hanno retto più e sono emigrati altrove.”Povera patria” davvero, come direbbe Francuzzo».
In un verso di Per fortuna dormo poco, uno dei dodici brani che dà il nome all’album d’esordio, Di Giulio canta Sogno meglio da sveglio: ciò che vorrebbe per il futuro è riuscire a vivere dignitosamente in Italia svolgendo l’unico lavoro che è in grado di fare davvero, cioè scrivere e suonare dal vivo canzoni che sanno divertire, commuovere e fare del bene. Dopo una tournée che ha già toccato Roma, Milano, Firenze e Perugia, il 3 maggio prossimo è atteso a Rieti.
Le mie scuse più sincere
Farò colpo