La sentenza sul massacro di Carandiru
23 agenti della polizia militare brasiliana sono stati condannati a 156 anni per la strage del 1992 nel più grande carcere dell'America del Sud, a San Paolo
Domenica 21 aprile, 23 agenti della polizia militare brasiliana sono stati condannati a 156 anni di carcere ciascuno, per l’omicidio di 13 detenuti avvenuto il 2 ottobre del 1992, nel cosiddetto massacro di Carandiru a San Paolo del Brasile, uno dei peggiori mai avvenuti nella storia del paese. I 23 poliziotti sono stati riconosciuti colpevoli di aver sparato ai prigionieri mentre si trovavano nelle loro celle e nei corridoi dell’ala 9 della struttura, dove era scoppiata una rivolta che fu repressa violentemente da 330 agenti.
La Casa de Detenção de São Paulo, conosciuta come Carandiru dal nome del quartiere in cui si trovava, è stata demolita nel 2002, ma all’epoca era una delle carceri più grandi dell’America del Sud e accoglieva almeno 8mila detenuti. La rivolta del 1992 scoppiò a causa di una lite tra due prigionieri: la violenza si diffuse rapidamente, coinvolgendo alcune bande rivali. Per riprendere il controllo della prigione la Polizia militare (Polícia Militar do Estado de São Paulo) uccise 111 prigionieri, sostenendo poi di aver semplicemente agito per “legittima difesa”. Nessun agente fu però ferito e molti detenuti, come testimoniarono alcuni sopravvissuti, furono uccisi mentre si trovavano a terra inermi o cercavano di ripararsi nelle loro celle e si erano già arresi. Un altro testimone, Antonio Carlos Dias, ha detto che il numero di detenuti uccisi durante la repressione della rivolta era “molto più alto” rispetto a quello del bilancio ufficiale, perché i corpi mai rivendicati dalle famiglie vennero fatti sparire.
Quelle arrivate ieri sono le prime condanne riguardo il massacro di Carandiru il cui processo, a causa dell’alto numero di imputati (79) è stato diviso in quattro fasi. In questa prima parte, oltre ai 23 agenti giudicati colpevoli, altri tre sono stati assolti. I restanti 53 poliziotti saranno processati nei prossimi mesi e la maggior parte di loro è oggi in pensione. Finora era stato processato un solo ufficiale, il colonnello Ubiratan Guimaraes, che venne condannato nel 2001 a 632 anni di carcere, per uso eccessivo della forza. Nel 2006, però, la sentenza venne modificata in appello: nelle motivazioni veniva spiegato che Guimaraes stava solo eseguendo degli ordini. Sette mesi dopo, il colonnello venne ucciso nel suo appartamento di San Paolo da sei colpi di pistola al petto.
La sentenza di domenica è stata accolta con favore da molte associazioni per i diritti umani ed è stata invece definita come assurda dagli avvocati della difesa e frutto di “un processo politico”. Il massacro di Carandiru ha rappresentato per l’opinione pubblica brasiliana un evento molto sentito, sia per la sua efferatezza, sia perché aveva fatto conoscere a tutti quale era la condizione in cui si trovavano le carceri del paese e i detenuti.
I fatti successi quel giorno nella prigione di Carandiru vennero raccontati anche in un libro e in un film. Estação Carandiru (Stazione Carandiru) è un romanzo biografico scritto nel 1999 dal medico brasiliano Drauzio Varella e spiega in parte quello che lui stesso vide nel carcere di San Paolo, dal giorno del suo arrivo nel 1989 fino al giorno della strage. Oltre al racconto dei fatti, nel libro (che è stato uno dei più venduti di sempre in Brasile) sono presenti anche episodi e personaggi inventati.
Dal libro scritto da Varella è stato successivamente tratto il film Carandiru, diretto da Héctor Babenco. Il film, che nel 2003 ha partecipato al Festival di Cannes, è stato girato proprio nella prigione dove avvenne il massacro, prima che venisse demolita. Racconta la storia di Varella, la vita nella prigione e i fatti del 2 ottobre 1992, con la rivolta, la lotta tra bande, l’arrivo della polizia, le sparatorie, l’uccisione dei detenuti.
Foto: MAURICIO LIMA/AFP/Getty Images