Saviano e Assange
Lo scrittore è andato a trovare Julian Assange, che dal giugno 2012 vive nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra
Roberto Saviano è andato a Londra per incontrare Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks, che dal giugno 2012 vive all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador a causa di un mandato di arresto della magistratura britannica.
Knightsbridge, a Londra, è un quartiere elegante. Lì si trovano case tra le più costose del pianeta. Costeggia Hyde Park, tutto è ordinato, persino anonimo. Su Hans Crescent si trova una palazzina in mattoncini rossi con le finestre incorniciate di bianco. È l’Ambasciata dell’Ecuador e potrebbe passare inosservata se non fosse per un piccolo presidio, notte e giorno, di persone che espongono uno striscione: “Free Julian!”. Qui, dal giugno 2012, vive come rifugiato politico Julian Assange.
Quando arrivo all’ambasciata, mentre vengo perquisito e consegno passaporto e telefono, non so esattamente cosa aspettarmi. Come tutti quelli che subiscono una narrazione mediatica, anche Assange quando lo si incontra di persona provoca un senso di straniamento. Pensavi di trovare un uomo e invece te ne trovi davanti un altro, completamente diverso. Succede sempre così. Dalla conoscenza personale si evincono quelle sfumature e quei tratti che la narrazione ha cassato, assolutizzando in qualche tratto il tutto.
Davanti a me c’è un ragazzo molto bello – direi angelico – piedi scalzi e maglietta del Brasile con dietro scritto il suo nome. Dopo le presentazioni mi porta in una stanza, la sua. È una stanza incredibilmente piena. Un disordine che conosco e riconosco bene. Le stanze di chi vive senza mai poter uscire hanno un disordine tutto loro. Non è il disordine di chi entra ed esce, o di chi è troppo impegnato per poter mettere in ordine. Neppure di chi lì dentro